TELEBESTIARIO di Francesco Specchia
© tgcom24
Gabriele Rubini in arte Chez Rubio è il Thomas Milian del docureality d’Italia, er Monnezza dei palinsesti più profondi. Possiede autoironia, tempi televisivi e tatuaggi in quantità industriali; e sin dai tempi di Unti e bisunti (il programma sul cibo di strada) è stata la vera novità di una tv riempita di cuochi e fornelli all'imbarazzo. Poi ha dilatato a dismisura il suo personaggio pop da vigoroso fijo de 'na mignotta, e si è messo alla prova in campi inimmaginabili.
«Campi» nel senso letterale del termine. Dato che, nel suo nuovo format "È uno sporco lavoro" (Dmax, lunedì , prime time), Rubio e i suoi tatuaggi si trovano proiettati nelle distese dei pascoli dell’entroterra sardo, a casa del pastore Mimmo. Il quale, costringendolo ad indossare una terribile pelle di montone, lo spinge a lavori d’una durezza epica. Dopo aver messo messo le mani nel latte per cagliare la ricotta («Che bello sembra quando squarti uno e je metti le mani dentro»), Rubio raschia le stalle, passa momenti tormentati nella sala «affumicatrice» dei formaggi, vigila sugli ovini, munge le vacche, ascolta i canti notturni dei pastori erranti come se si trovasse in una pagina dell’Odissea.
Prima ancora, lo chef, spinto da una sfida con gli amici del baretto e da una filosofia spicciola adatta alla trama («ogni momento tirato a lucido della giornata dipende da un momento lurido della vita di qualcun’altro») si era presentato al porto di Cagliari. Dove l’aveva accolto «Gesuino il re del porto» , un pescatore di ricci che l’aveva introdotto nella difficile arte di scaricare macchine movimento terra assieme a 25 milioni di tonnnellate di fluorina da una nava messicana, qualunque cosa sia la fluorina. Una pausa pranzo possente però, non basta a Rubio per non pensare di essersi infilato - con tutto il rispetto - in una sarabanda di lavori di merda. Ma questa è la sceneggiatura: sporcarsi le mani nei lavori umili per lavarsi l’anima ed ascendere al regno dei cieli dell’ascolto.
Ignoro se l’esperimento possa funzionare. Lo chef, forse entrato troppo nel personaggio, gigioneggia e talora perde per strada il racconto del mestiere che interpreta. Il bagno d’umiltà nel letame della vacca non dà risultati immediati. Ma Rubio resta un carattere interessantissimo...