A Tgcom24 Alessandro Lucianetti, direttore della Chirurgia 1 addominale e toracica dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo
Il tumore del colon è una crescita incontrollata delle cellule del grosso intestino. È il terzo per incidenza, dopo il tumore della mammella e quello del polmone. Le stime attuali sono di 43.700 nuovi casi ogni anno in Italia. I più colpiti sono i soggetti sopra i 60 anni, ma l’incidenza sta aumentando anche fra le persone sotto i 50 anni. La familiarità gioca un ruolo importante (figli di genitori con tumori del colon sviluppano la malattia con maggior probabilità), ed esistono anche malattie ereditarie. Anche lo stile di vita sembra incidere sulla possibilità di sviluppare un tumore del colon: una dieta ricca di grassi e proteine animali è fattore di rischio. Giocano un ruolo anche l’età, l’obesità e il tabacco.
Il tumore si può sviluppare in presenza di malattie infiammatorie croniche dell’intestino, quali la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa. La maggior parte dei tumori del colon nasce da un polipo, inizialmente benigno. Se identificato tempestivamente il polipo può essere asportato anche durante una colonscopia, evitando così la sua trasformazione in tumore maligno e quindi l’intervento chirurgico. Per questo è importante sottoporsi a controlli periodici.
Esistono programmi di screening?
"C’è un programma di screening nazionale per la diagnosi precoce. L’esame di riferimento è la ricerca di sangue occulto nelle feci, che viene proposta gratuitamente a scadenza biennale alle persone tra i 50 e i 70 anni di età. In caso di positività del test seguirà la colonscopia, grazie alla quale è possibile scoprire la presenza di tumori o polipi. La rettosigmoidoscopia permette di esplorare l’ultimo tratto del colon (sigma, retto e ano) ed è utilizzata in alcune regioni per lo screening in una certa fascia di età".
Quali sono i campanelli d’allarme che devono farci preoccupare?
"Purtroppo i sintomi del tumore del colon non sono sempre chiari. Devono essere tempestivamente comunicati al proprio medico di famiglia eventuali irregolarità nella funzione intestinale di varia natura (incontinenza, diarrea, stipsi prolungata), valori bassi di emoglobina, perdita di peso, presenza di sangue nelle feci, oltre a perdita di muco e dolori addominali".
Quali sono le terapie possibili per la cura del tumore del colon?
"È importante che sia un team multidisciplinare a valutare e indicare le opzioni terapeutiche più efficaci per ciascun paziente. Lo specialista in gastroenterologia ed endoscopia digestiva, il chirurgo, l’oncologo, il radioterapista, il radiologo e l’anatomopatologo devono decidere dopo aver analizzato ogni singolo caso. Quando è praticabile, la chirurgia resettiva per asportare il tratto di colon interessato rappresenta la migliore opzione terapeutica: le tecniche impiegate possono ricorrere alla tecnica aperta (laparotomica classica) o a quella mini-invasiva (laparoscoscopia o chirurgia robotica). Se il tumore è in fase avanzata è possibile ricorrere alla chirurgia palliativa o al bypass per garantire la funzionalità intestinale, con l’intento di riuscire a sottoporre il paziente a chemioterapia citoriduttiva che dovrebbe ridurre le dimensioni del tumore in previsione dell’intervento. Dopo l’asportazione del tumore gli oncologi valuteranno se sottoporre il paziente alla chemioterapia. Se la neoplasia ha prodotto metastasi, in genere al fegato o al polmone, va valutata la loro rimozione chirurgica, anche in questo caso dopo la chemioterapia".
Esiste un approccio chirurgico più efficace di altri?
"Oltre alla chirurgia classica (laparotomia), sempre più praticata è la laparoscopia, eseguita attraverso piccole incisioni nell’addome. La laparoscopia è in grado di offrire al paziente un recupero funzionale post intervento più rapido e meno doloroso, oltre ad evidenti vantaggi estetici. L’ultima frontiera tecnologica è rappresentata dall’avvento della chirurgia robotica. Per il paziente i vantaggi offerti dal robot sono gli stessi della chirurgia laparoscopica. In generale il robot accresce le potenzialità a livello di precisione, offrendo al chirurgo un dettaglio di visione aumentato grazie a un elevato ingrandimento ottico. In mani esperte, la piattaforma robotica rende agevoli anche le manovre più complicate. Va sottolineato comunque che non esiste una tecnica in assoluto migliore di altre, oncologicamente parlando. Dietro ciascuna tecnica ci sono sempre l’esperienza e le capacità del chirurgo che opera sulla base di precise regole anatomiche e funzionali dell’organismo del paziente".
Quali sono i passi successivi, dopo un’operazione di rimozione del tumore del colon?
"In seguito alla chirurgia, il paziente viene in genere affidato agli specialisti oncologi per proseguire nel percorso di cura. Lo studio del profilo molecolare del tumore, da un campione prelevato durante la colonscopia oppure durante l’intervento chirurgico, permette di analizzarne le alterazioni genetiche. L’oncologo valuterà così il trattamento radioterapico o chemioterapico, sulla base di farmaci sempre più specifici. La chemioterapia riveste un ruolo fondamentale sia nella malattia operabile sia in quella avanzata. Per il tumore del colon-retto oggi registriamo un aumento della vita media e una riduzione della mortalità (- 10% negli ultimi 5 anni). Questi progressi sono dovuti ai programmi di prevenzione, alla diagnosi precoce, al miglioramento delle tecniche chirurgiche e in generale alla costante evoluzione della terapia medica".