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Il medico consiglia come curare l'emicrania e l'uso delle terapie innovative

A Tgcom24 la consulenza del dottor Bruno Colombo, responsabile Centro Cefalee e Algie Facciali dell’IRCCS Ospedale San Raffaele

22 Lug 2021 - 09:42
 © Tgcom24

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In Italia si stima che 7 milioni di persone soffrono di emicrania, una forma di mal di testa comune che si caratterizza per ricorrenti attacchi di cefalea con dolore di tipo pulsante, ad elevata intensità, che possono durare dalle 4 alle 72 ore.  Si presenta generalmente, ma non esclusivamente, a un solo lato della testa (unilateralità), e può essere associata ad alcuni disturbi come nausea, vomito, sensibilità alla luce, ai suoni, agli odori e può aggravarsi con uno sforzo fisico. Le crisi possono avere una frequenza variabile, ma solitamente aumentano con il tempo e possono diventare croniche: circa il 3% di coloro che soffrono di emicrania passano da una forma episodica a una forma cronica.

Cause e incidenza. Le cause che provocano questo dolore alla testa non sono ancora del tutto chiare. È certo che più fattori giochino un ruolo determinante come: la predisposizione genetica, fattori ambientali o esterni, patologie sistemiche, fattori ormonali, disturbo del sonno, consumo di alcuni alimenti o bevande, stress, assunzione di alcuni farmaci. “Inoltre -  conferma il dottor Bruno Colombo, responsabile Centro Cefalee e Algie Facciali dell’IRCCS Ospedale San Raffaele - alcuni studi scientifici hanno evidenziato come l’emicrania sia una patologia con un substrato genetico multifattoriale: si verificano delle alterazioni biochimiche a carico del cervello che interferiscono con i meccanismi di trasmissione dei segnali nervosi. Queste anomalie rendono il cervello del soggetto emicranico più reattivo e sensibile a variazioni ambientali ed ormonali”.

I dati epidemiologici che derivano dalle varie nazioni del mondo indicano che la prevalenza dell'emicrania si stimi attorno al 12% nella popolazione generale. “L'incremento apparente è dovuto anche ad una maggiore accuratezza diagnostica e a una sensibilità più specifica al problema. Solitamente sono le donne (tre volte di più rispetto agli uomini) a soffrire più di emicrania, specie dall'età puberale e fino alla menopausa. Sono più esposti i soggetti che hanno già una familiarità e che arrivano tardi ad una diagnosi corretta. L'età più colpita è quella produttiva, dai 15 ai 55 anni”, dichiara lo specialista.

I sintomi. I sintomi possono suddividersi in due categorie: quelli che precedono l’attacco emicranico – detti prodromici -  come maggior appetito e svogliatezza – e quelli del vero e proprio attacco emicranico che, associati al dolore pulsante e intenso, possono variare di intensità e durata: nausea, vomito, fotofobia, fonofobia ed osmofobia. Inoltre nel 10% dei pazienti è poi presente una vera aura che si caratterizza per disturbi visivi o sensitivi, transitori, della durata di meno di un'ora, che precedono l'attacco emicranico. Spiega il dottor Colombo: “L'emicrania diventa una patologia quando crea una disabilità legata a una riduzione della qualità di vita in termini di socialità, lavoro e ruolo familiare. Per esempio un paziente che soffre di due-tre crisi al mese è già meritevole di una valutazione e di una cura per ridurre l'impatto sulla vita relazionale e lavorativa. Per definizione l'emicrania cronica si concretizza quando il soggetto presenta per più di tre mesi almeno 15 giorni di cefalea mese, dei quali almeno 8 caratterizzati da dolore con caratteristiche emicraniche”.

Come si cura. Chiarisce il dottore: “Le cure posso essere sintomatiche, ovvero vengono assunti farmaci in caso di attacco emicranico (come i triptani o gli antiinfiammatori non steroidei), oppure preventive, vengono proposte al paziente quando sussistono almeno 4 giorni di cefalea al mese con un impatto significativo sulla qualità di vita. Tra i farmaci per la profilassi si possono usare betabloccanti, calcioantagonisti, neuromodulanti e inibitori della ricaptazione della serotonina. La terapia va comunque sempre concordata con lo specialista e va attuata per più cicli, solitamente un minimo di tre mesi, per verificare l’effettiva efficacia. E’ importante sottolineare che chi soffre di emicrania cronica è più esposto all'abuso di farmaci, conseguente sviluppo di cefalee da «astinenza» da analgesico. Inoltre è più incline a depressione, stati d'ansia, disturbi del sonno, obesità”.

Terapie innovative. Gli anticorpi monoclonali (tre attualmente in commercio) sono una nuova classe di farmaci proposti per la profilassi dell’emicrania: queste molecole, quando entrano nell’organismo, sono in grado di bloccare o direttamente la proteina prevalentemente coinvolta nei meccanismi che provocano il dolore emicranico (il CGRP, Calcitonin Gene-Related Peptide) o il recettore per la stessa proteina presente anche a livello di strutture nervose cerebrali. Questi farmaci hanno quindi un doppio effetto: da una parte evitano l’insorgenza dell’infiammazione e dall'altra riducono la trasmissione del dolore. Spiega il neurologo: “Studi clinici hanno evidenziato una buona capacità nel ridurre frequenza e intensità delle crisi nei pazienti emicranici sia ad alta frequenza che cronici. La terapia con anticorpi monoclonali, prescritta dallo specialista del centro cefalee e indirizzata a pazienti che hanno fallito terapie precedenti, viene autosomministrata sottocute dal paziente stesso mediante un auto iniettore, mensilmente per almeno un ciclo di un anno. Ma già dopo tre mesi è possibile capire se il paziente è rispondente alla cura e potrà quindi proseguirla per l'intero periodo.

 I dati finora pubblicati evidenziano la sicurezza di questi farmaci e la pressoché assenza di effetti collaterali maggiori. Va ricordato che al momento l’erogabilità del farmaco, attraverso il Sistema Sanitario, è subordinata ad una serie di norme restrittive e criteri di selezione imposti dall’AIFA che il medico prescrittore deve rispettare dopo un’attenta valutazione del caso”.

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