A Tgcom24 la consulenza del dottor Fabio Guarnaccia, genetista di Humanitas Istituto Clinico Catanese
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Sebbene le neoplasie siano difficili da prevenire, gioca un ruolo importante sia l’adozione di stili di vita sani che tengano a distanza elementi cancerosi, sia anche, con riferimento ad alcuni tumori, la genetica. In particolare, le neoplasie del seno e dell’ovaio possono essere correlate alla “familiarità”. Il dott. Fabio Guarnaccia, genetista di Humanitas Istituto Clinico Catanese, fa il punto sulla prevenzione oncologica ed in particolare sull’importanza di sottoporsi ad alcuni test in presenza di specifici indicatori.
Che peso ha la prevenzione in campo oncologico e quanto è possibile farla?
La prevenzione in campo oncologico, e mi riferisco alle neoplasie a frequenza maggiore nella nostra popolazione, è fondamentale per poter giungere ad una diagnosi precoce con trattamenti medici più efficaci e trattamenti chirurgici meno invasivi. Nell’ambito del rischio oncologico ereditario, la prevenzione - con protocolli di screening personalizzati in base all’età, al sesso e alla tipologia di gene coinvolto - diventa un argomento ancora più importante nei familiari sani, in quanto ai fattori di rischio ambientali comuni si può sommare una predisposizione ereditaria che identifica il paziente ad alto rischio oncologico.
Nello specifico, in relazione al tumore della mammella o dell'ovaio quanto conta il fattore genetico ed ereditario?
Nell’ambito del tumore della mammella, il fattore genetico ed ereditario incide in una percentuale tra il 5% ed il 10%. Percentuale strettamente connessa all’età, alla diagnosi, alla storia familiare e alla tipologia istologica. Nell’ambito del tumore dell’ovaio, tale percentuale è >10%, indipendentemente dall’età, dalla diagnosi e dalla storia familiare. Esistono fattori ereditari ad alta e media penetranza, in quanto i geni correlati possono comportare un aumento di rischio differente. Oggi, l’utilità del test genetico diventa preziosa anche per gli oncologi per poter accedere a protocolli terapeutici mirati e personalizzati nei pazienti affetti da neoplasia con test genetico positivo.
Chi deve allarmarsi? Quali sono i segnali che possono identificare un soggetto a rischio?
I segnali che possono identificare un soggetto a rischio aumentato sono in particolare l’età giovane alla diagnosi e la numerosità dei casi familiari. Nell’ambito del tumore della mammella, una diagnosi inferiore ai 40 anni può rappresentare un elemento da approfondire nell’ambito della consulenza genetica oncologica. Inoltre, se in famiglia vi sono più casi oncologici nello stesso ramo familiare con età d’esordio inferiore ai 50 e ai 60 anni, in particolare nei familiari di I grado, va indicata una consulenza genetica oncologica. Altri campanelli d’allarme nella patologia mammaria sono rappresentati dalla bilateralità o multicentricità con caratteristiche biologiche di malattia differenti, oppure in caso di neoplasie con caratteristiche biologiche meno frequenti (triplo negativo). Per quanto riguarda le altre neoplasie, vanno indagati tutti i casi con diagnosi <50 anni e con tumori in sedi differenti nello stesso soggetto o nei familiari di I grado.
Il caso Angelina Jolie: quando c’è familiarità, la possibilità che il tumore non compaia in chi si sottopone a intervento aumenta?
Il caso di Angelina Jolie ha sicuramente rappresentato un elemento di novità nella nostra società perché ha avuto il merito di portare alla ribalta la tematica dell’ereditarietà oncologica che nel nostro Paese era argomento conosciuto soltanto dagli addetti ai lavori. La sua scelta di sottoporsi a trattamenti chirurgici preventivi è ampiamente suffragata dalle raccomandazioni internazionali in questo settore in quanto, nei soggetti sani mutati ad alto rischio, ad esempio, la mastectomia bilaterale preventiva è in grado di ridurre del 95% il rischio oncologico correlato alla presenza di una mutazione genetica predisponente. La scelta di riduzione chirurgica del rischio va suggerita alla paziente insieme alla possibilità di aderire a programmi di screening stretto per soggetti sani ad alto rischio. Nell’ambito ovarico, invece, le linee guida raccomandano l’intervento chirurgico preventivo (ovariectomia bilaterale) con riduzione di rischio dell’80-90% in quanto il tumore ovarico è un tumore più aggressivo, con fasce d’età differenziate in base al gene mutato, per preservare la fertilità e posticipare quanto possibile le complicanze correlate ad una menopausa anticipata.