LA RUBRICA DI TGCOM24

Il medico consiglia ...la diagnosi prenatale in gravidanza

A Tgcom24 la consulenza del dottor Fabio Mauro, ginecologo e referente della diagnosi prenatale all’interno dell’Unità di Ostetricia e Ginecologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretta dal prof Massimo Candiani

08 Giu 2022 - 16:17
 © Tgcom24

© Tgcom24

La gravidanza è un momento delicato della vita di una donna e precede uno degli eventi più importanti della vita individuale e di coppia: la nascita di un figlio. È consigliabile avere sin da subito un/una specialista a cui rivolgersi che possa seguire la donna durante tutto il percorso, monitorando quindi la salute della mamma e del bambino fino al parto.

Si comincia dalle prime analisi del sangue e delle urine per verificare lo stato di salute della futura mamma e la presenza o meno di anticorpi per malattie che, contratte in gravidanza, potrebbero creare problemi al feto. Poi si procede con un programma di visite, esami ed ecografie fino al parto. Uno degli aspetti più delicati da affrontare in occasione della prima visita con lo specialista riguarda lo screening e la diagnosi delle anomalie cromosomiche e/o genetiche, oltre che il monitoraggio ecografico dello sviluppo fetale.

Oggi la diagnosi prenatale è evoluta rispetto a dieci anni fa, quindi più precisa, più sicura e meno invasiva, grazie all’avvento di test di screening di nuova generazione e soprattutto della possibilità di studiare il DNA fetale rileva la presenza di un’anomalia cromosomica con una sensibilità molto alta. "Le tecniche di diagnosi prenatale sono rappresentate da due tipologie diverse di test, di screening e diagnostici" spiega il dottor Fabio Mauro, ginecologo e referente della diagnosi prenatale all’interno dell’Unità di Ostetricia e Ginecologia, diretta dal prof Massimo Candiani, dell’IRCCS Ospedale San Raffaele "che comprendono indagini strumentali e di laboratorio finalizzate al monitoraggio del nascituro dalle prime fasi di sviluppo embrionale fino al parto".

Le anomalie

Le anomalie che vengono indagate in ambito prenatale possono essere sia cromosomiche sia genetiche oltre che strutturali. Spiega Mauro: "Le prime possono riguardare qualsiasi cromosoma e riguardano il numero di cromosomi e la loro struttura. Tra queste le più note sono la sindrome di Down, la sindrome di Edwards e sindrome di Patau. Mentre le anomalie genetiche, invece, riguardano i singoli geni e sono note anche come mutazioni geniche, tra queste, le più conosciute, per fare un esempio, sono l’anemia mediterranea, la distrofia muscolare, l’emofilia, la fibrosi cistica. Le malformazioni vengono invece escluse attraverso un accurato studio morfologico a epoche di gravidanza opportune che verranno stabilite nel percorso di cura dal ginecologo curante". Ad oggi si contano circa 5.000 malattie su base genetica conosciuta e, per molte di queste, esiste una possibilità diagnostica e a volte terapeutica.

DNA fetale

A partire dalla 10° settimana di gravidanza, nel sangue materno, è presente DNA libero di origine fetale (cffDNA, cell free fetal DNA), che può essere isolato e studiato per valutare la presenza dell’anomalia cromosomica nel feto con una sensibilità del 99%. Questo esame del sangue va abbinato a un’ecografia morfologica utile a controllare i marker ecografici di anomalie cromosomiche. Spiega lo specialista: "Tutti gli esami oggi disponibili sono facoltativi e, dopo il colloquio con il proprio ginecologo o presso un centro ospedaliero di diagnosi prenatale, è possibile stabilire quali eseguire e la tempistica corretta". Dagli studi eseguiti negli ultimi dieci anni è abbiamo visto che la combinazione tra traslucenza nucale e dna fetale è la modalità meno invasiva e con altissima sensibilità per capire se ci sono situazioni patologiche (anomalie cromosomiche, anomalie strutturali, sindromi genetiche).

Amniocentesi e Villocentesi

Essendo la traslucenza nucale e il dna fetale test di screening, in caso di positività vanno affiancati a ulteriori approfondimenti diagnostici. In particolare se il test del DNA fetale libero circolante dovesse indicare un rischio aumentato per trisomia 13, 18, 21, dopo un colloquio con il proprio ginecologo, si possono valutari esami più invasivi come la villocentesi o l’amniocentesi. Diversamente dai test di screening, questi esami consentono una diagnosi di certezza, in associazione a un’accurata ecografia, ma possono comportare complicanze rappresentate dal rischio di aborto attorno all’1%.

Un messaggio per le future mamme "Poiché alla felicità e alla gioia di aspettare un figlio si associano spesso l’ansia e la paura che tutto vada bene può essere utile fissare subito un colloquio informativo con ostetriche e ginecologi di un centro specializzato che possano informare correttamente la donna sul percorso ottimale per lei" spiega Fabio Mauro.

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri