TELEBESTIARIO di Francesco Specchia
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Personalmente, da maturo depravato di mezz'età- laico e un po' laido, direbbe Tinto Brass-, non ho nulla da obiettare sui suoi film erotici, l'epoca in cui il suo potente derrière ruotava come un astro nelle fantasie dei maschi italiani. E rimpiango le sue scalinate a Sanremo cosparse di ormoni; così come i tempi in cui tritava successi come la poliziotta Linda al fianco di Nino Manfredi.
Eppure, se Claudia Koll, intervistata dalla brava Safiria Leccese nel sentiero a più corsie di La strada dei miracoli (Rete4, martedì prime time), afferma che di quel periodo avvertiva la "durezza del cuore"; e che nel 2000, dopo essere passata dalla Porta Santa "il Signore ha risvegliato in me la coscienza, facendomi vedere ciò che era bene e ciò che era male"; e che, insomma, la sua conversione è partita da una signora che aveva involontariamente ustionato la figlia; beh, chi sono io, per ignorarne la luminosa conversione? Confesso che, da laico, mi è difficile entusiasmarmi per un programma di miracoli. Non mi appassionano la "69esima miracolata ufficiale di Lourdes", i pellegrinaggi di Medjugorje dove la Madonna appare ogni giorno, spaccando il minuto, alle 18.40 e le lacrime sincere di Paolo Brosio o quelle sospettose della Madonnina di Civitavecchia (per la quale, vivaddio, c’è in studio un contraltare scientifico). Non mi appassionano le stimmate improvvise di un signore che crede agli Ufo. Non mi appassionano le interviste a Padre Gäenswein; o le vite dei Papi, anche se quelle di Wojtyla e Bergoglio sono emblema di morale o coraggio universali.
Non mi appassionano, insomma, i programmi che volano sulle ali angelicate dello spirito. Ma, nel contempo, invidio chi riesce ad appassionarvisi, nella possanza della fede. Perché se questo programma di spiritualità avvolgente e talora disarmante fa una media di 1.265.000 spettatori e 5,98% di share, battendo, giustamente, i talk politici, ci sono senz'altro dei motivi. Alcuni motivi sono tecnici: è un programma ben scritto, con dettagliati servizi, che non lascia nulla al caso, e che furbamente non trascura l'ottica dei laici (con ospiti tipo Mieli o Cecchi Paone, o Limiti). Altri motivi sono empatici: la gente ha un bisogno insopprimibile di religione. Per cui, applicherò, la regola di Oliver Cromwell davanti ai presbiteriani di Scozia, ma al contrario. 'Per le viscere di Dio' prenderò in considerazione l'idea di aver torto...