TELEBESTIARIO di Francesco Specchia
Se Franca Leosini è una cotonata Miss Marple che fa scivolare il delitto nella notte di Raitre, Federica Sciarelli, sulla stessa rete, mi è sempre apparsa come la Gwyneth Paltrow della cronaca nera. Morbidamente tranchant, fascinosa, d’una bellezza ruvida quanto gli argomenti di cui si occupa, Sciarelli nel suo sempiterno Chi l’ha visto? è in grado di raccontare i fatti più atroci, gli eventi più luttuosi col distacco altolocato di chi si ritrovasse seduta ad un tavolo da bridge in un freddo meriggio d’inverno.
L’altra sera, per dire, Federica si è prodotta in un’azione giornalistica inosabile. Per denunciare un fenomeno che sta sfuggendo di mano, quello dei gruppi Facebook pieni zeppi di insulti al genere femminile, d’un tratto ha deciso, forzando la naturale verecondia -sua e della Rai- di leggere quei post orripilanti in video: «Inutile riempirsi di belle parole, parlare di femminicidio e poi lasciar correre queste vere e proprie istigazioni alla violenza contro le donne. Letti da me, vi parranno ancora più volgari...», ha detto la Fede. E poi ha inquadrato su uno sfondo rosso sangue, il diplay del pc sui commenti di una banda haters dai seri problemi mentali, Federica ha cominciato a leggere.
«Questa troia». «Rottinculo». «Lasciarla lì, portale via i vestiti e infilarle un bastone nel culo». «Ovvio, la lasciamo nuda in mezzo alla strada, così poi si diverte a tornare a casa». E così via, in un crescendo di devastante mortificazione del genere umano. Sciarelli leggeva i post con asettica fermezza. Si intuiva che, dentro, la affliggevano, le facevano schifo. Si capiva che quelle espressioni erano la rappresentazione d’un maschilismo demoniaco e ributtante, del pericolo dell’ignoranza, della bestialità; che erano la rappresentazione di tutto quel che, da giornalista, lei aveva sempre combattuto. Questo dentro. Mentre, da fuori, Federica mostrava la dignità di un’eroina di Balzac.
Ad essere onesti Sciarelli non è nuova a mosse del genere. Nel 2012, lesse in diretta la lista dei siti pornografici frequentati assiduamente dall’indagato Salvatore Parolisi, prima della sparizione della moglie Melania Rea. Come oggi, la denuncia fu un pugno nello stomaco degli spettatori e divenne virale; e lei sempre, lì, impassibile, doviziosa di particolari morbosi ma senza cadere nel volgare. Mi chiedo quando cominceremo a vincere l’ipocrisia, e usare lo stesso metodo per le banche, o la politica...