L'opera andrà in scena al Teatro Caio Melisso in prima mondiale nel quadro della 76esima stagione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto
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Nel quadro della 76esima stagione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, è andata in scena al Teatro Caio Melisso, la prima mondiale de "La porta divisoria", opera di Fiorenzo Carpi su libretto di Giorgio Strehler, tratto dal celebre racconto "La metamorfosi" di Franz Kafka, atto unico suddiviso in cinque quadri, rimasto incompiuto. La prestigiosa manifestazione umbra, ha affidato ad Alessandro Solbiati la composizione del quinto quadro, la riduzione per ensemble è stata invece affidata a Matteo Giuliani.
Rimasta per anni nell’Archivio Storico del Piccolo Teatro di Milano, "La porta divisoria" era stata commissionata a Carpi attorno alla metà degli anni cinquanta dall’allora direttore artistico Victor de Sabata, ed era comparsa nei cartelloni della Piccola Scala delle stagioni del 1956/57 e 1957/58, senza andare però mai in scena. A dirigere l’Ensemble del Teatro Lirico Sperimentale “A. Belli” di Spoleto, Marco Angius. La regia è di Giorgio Bongiovanni, con le scene di Andrea Stanisci, i costumi di Clelia de Angelis e le luci di Eva Bruno. Aiuto regia Biancamaria D’Amato.
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Maestro, come ha "scoperto" questa opera di Carpi?
Sono venuto a conoscenza dell'esistenza di quest’opera quando mi è stato chiesto di occuparmene dal Teatro Lirico Sperimentale. Sono rimasto molto colpito dalla sapienza e dalla precisione con cui la parte che sopravvive della Porta divisoria è stata redatta. Da un lato, la partitura è scritta secondo dei criteri che rispondono al libretto di Strehler, e sono quindi orientati verso una prospettiva teatrale; dall’altro, la scrittura musicale è anche spigolosa e complessa, risente del clima musicale degli anni ’50 e ’60, con l'inizio delle avanguardie e l’influenza della musica dodecafonica, per esempio. La vocalità è molto vicina a quella della recitazione, non parliamo infatti di un’opera lirica ma di un'opera di teatro musicale. La scrittura vocale è quindi molto diversificata, c’è il canto vero e proprio ma c’è anche la recitazione, il cosiddetto “Sprechgesang”, o “recitar cantando”.
L’opera evidenzia un aspetto di Fiorenzo Carpi non conosciuto al grande pubblico
La parabola musicale di Carpi è simile, per certi versi, a quella di Morricone. Si tratta di compositori molto famosi per una certa parte della loro produzione – nel caso di Carpi, la musica per teatro – che però hanno coltivato anche una produzione più legata all’avanguardia. È chiaro che Carpi cercava anche di caratterizzarsi, attraverso quest’opera, come un compositore di ricerca. Una delle principali peculiarità di questa versione spoletina della Porta divisoria è che l’opera verrà presentata in una forma compressa, ridotta per un piccolo ensemble di musicisti. La riduzione, curata da Matteo Giuliani, è adattata alle scene del Teatro Caio Melisso. Alessandro Solbiati ha composto ex novo il quinto dei cinque quadri – che non era mai stato abbozzato da Carpi – e completato il quarto, che si interrompeva nel momento cruciale in cui la porta si spalanca e Gregorio rivede per la prima volta i suoi familiari da quando si è trasformato in uno scarafaggio. In questo momento emblematico, Gregorio ritorna nel mondo, ma al contempo il mondo riconosce la sua mostruosità. Questa situazione ha delle conseguenze sia sul piano musicale sia su quello scenico, ed è possibile che l’interruzione in questo punto non sia casuale.
L’incompiutezza ci mette di fronte a un problema filologico: ci si domanda in quale misura abbia senso completare l’opera, e se sia meglio assecondare lo stile del compositore o distaccarsene. Io, ad esempio, avevo inizialmente proposto che il quarto quadro si concludesse con delle battute recitate, con il solo testo di Strehler, senza musica, a mostrare l’assenza lasciata da Carpi. La soluzione scelta da Solbiati è in parte coerente, riutilizza infatti la musica degli altri quadri e la riporta in maniera speculare alla fine del quarto.
Opera incompiuta che ha richiesto un lavoro filologico importante
L'incompiutezza della Porta divisoria non è un aspetto negativo, una mancanza, anche se non sapremo mai come Carpi avrebbe terminato l'opera. Il fascino di un’opera incompiuta sta proprio nella possibilità di scegliere soluzioni diverse. Esiste una lettera scritta da Carpi a Strehler in cui il compositore immagina il finale, ma immaginare non è realizzare. Sappiamo che il processo compositivo implica continue rielaborazioni. Quello che vediamo grazie alle bozze incomplete è un work in progress che risale al manoscritto agli anni ’50, e non sappiamo quando è stata realizzata la bozza di stampa, che ha delle differenze enormi rispetto all’originale. Su queste bozze si è basato Solbiati per completare l'opera: si è trattato di una sorta d'indagine, per capire cosa Carpi volesse realizzare. La trascrizione per un organico ridotto rispecchia anche una tendenza piuttosto comune di questi tempi, un tipo di esperimento affine alla musica contemporanea. Il lavoro filologico si svolge anche sul piano registico. Bongiovanni ha lavorato con Strehler ed è stato suo allievo, ha operato con estremo rigore cercando di ricostruire quella che sarebbe verosimilmente stata la sua visione. È infatti probabile che, se l’opera fosse stata completata e messa in scena, sarebbe stato Strehler stesso a curarne la regia.
Sul palcoscenico del Caio Melisso i cantanti vincitori o idonei dei Concorsi “Comunità Europea” per giovani cantanti lirici di Spoleto 2021 e 2022, oltre a quelli che la Direzione artistica ha selezionato tra i cantanti che si sono presentati alle audizioni e cantanti vincitori delle scorse edizioni. A preparare i cantanti nei mesi precedenti la messa in scena, il maestro preparatore e collaboratore Antonio Vicentini.