Tempo di bilanci per l’Esposizione Universale tra code bibliche, padiglioni faraonici o minimalisti e tante, tantissime persone. E dire che era iniziato tutto sotto la pioggia e i Black Bloc. I No Expo? Scomparsi da mesi. Ma da lunedì torneranno a farsi vivi
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In principio fu Marilena Bresciani, da Como, che appena superati tornelli e giornalisti dichiarò: "Vado subito al padiglione del Giappone. Non credo riuscirò a vedere tutto oggi". Parole che ventunmilionicentoquarantatremilacentosette visitatori dopo (cifra aggiornata al 25 ottobre) suonano profetiche. L'Expo di Milano chiude i battenti tra gli applausi di mezzo mondo e i mugugni di chi ha sperato per anni nel suo fallimento. Alla cinque della sera di sabato 31 ottobre entrerà l'ultimo visitatore, poi calerà per sempre il sipario su Decumano e Cardo.
Cosa resterà di questa Expo? Resteranno gli oltre 21 milioni di presenze in sei mesi di apertura, una cifra pari a tutti gli abitanti di Lombardia, Lazio e Campania messi insieme. Cerchiamo di non dimenticarlo: i 58 padiglioni, l'Albero della Vita e tutto il resto sono belli, bellissimi, quasi fantastici ma senza nessuno al loro interno sarebbero cattedrali nel deserto oppure capannoni nella campagna lombarda.
E' stata la marea umana la vera protagonista dell'Esposizione Universale numero 34: 116mila persone al giorno di media, 274mila il giorno record, sabato 10 ottobre, Tra loro giovani, adulti, anziani, famiglie, comitive in pullmann, turisti, scolaresche...
Per tutta questa umanità varia ognuno dei 148 Paesi presenti ha liberamente svolto il tema del cibo sostenibile. Ognuno a modo suo in base a scelte di stile e investimenti. Impensabili padiglioni e cluster tutti della medesima dimensione e del medesimo livello di proposta.
Non sono mancati, ovviamente, i flop. Ma non mancheranno, ne siamo certi, né ad Astana 2017 (tema Future Energy) né nella tanto attesa Dubai 2020 (Connecting Minds – Creating the Future).
Coda, cartina tornasole - Uno solo il problema di ordine pubblico: le code. Chilometriche ma facoltative. Ore e ore per il Giappone (10 ore per entrare, 18 per volare fisicamente da Fiumicino a Tokyo), qualche minuto per Polonia e Nepal. Proprio i tempi d'attesa sono la cartina tornasole del nostro Paese: c'è chi si è immolato per dire "Ho visto il Giappone" e chi ha tirato dritto, usando quelle ore metà per Palazzo Italia e le altre per un'altra dozzina di padiglioni. C'è chi ha infilato nei passeggini bambolotti o ragazzini con un principio di peluria pur di scavalcare le code e chi è tornato più volte per vedersi tutta l'Esposizione pezzo per pezzo. Uno ha denunciato Expo alla magistratura, migliaia hanno scattato milioni di foto e selfie. Nel bene o nel male, questa è l'Italia.
No Expo, tocca di nuovo a voi - La campagna politica e sociale contro l'Esposizione sempre e comunque ha toccato il suo triste picco in quel tristissimo pomeriggio del primo maggio 2015 a Milano quando alcune decine di individui mascherati distrussero quanto c'era da distruggere in centro città. Storica l'intervista a uno di loro documentata proprio da Tgcom24. Poi più Expo ha preso vigore, più i contestatori si sono spenti. L'aggiornamento di alcuni siti di propaganda è fermo a giugno.
Ma stiamo sereni. Da lunedì i No Expo riprenderanno il loro tam tam perché inizierà il dibattito su cosà fare dell'area dell'Esposizione Universale una volta smantellate tutte le strutture. Più Expo perderà vigore, più i contestatori si accenderanno. “Io l'avevo detto” sarà la frase più comune davanti alle polemiche su eventuali inchieste su lottizzazioni e svendite dei terreni. Anche questa l'Italia, nel bene o nel male.