TELEBESTIARIO di Francesco Specchia
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ll clangore padano, veleggia in tutti i tg e talk politici (dove vengono invitati ora l'uno ora l'altro, mai in coppia). I Dioscuri della nuova epica leghista sono scesi in guerra. Fra loro. C'era un patto, neanche troppo segreto, siglato lo scorso dicembre tra Matteo Salvini e Flavio Tosi, i due enfant prodige della rivoluzione verde, prima dell'irresistibile ascesa del primo alla segreteria e al successivo recupero dei militanti straziati dal bossismo.
Patto chiaro. Matteo avrebbe retto il partito e - probabilmente - fatto il sindaco a Milano; Flavio poteva "allargare il recinto" col suo progetto Ricostruiamo il Paese, una mega -lista civica che s'allungava oltre la Lega e candidarsi alla leadership d'un centrodestra tutto da rifare. E si spalleggiavano, i due: sorrisi panoramici, gemelli del gol a segno una volta a testa. Poi qualcosa è cambiato. E sarà stata l'impensabile performance alle Europee - il 6% partendo dal coma irreversibile - del segretario antieuro e la sua onnipresenza nelle tv e nelle piazze; e sarà stata l'accellerazione tosiana della riunione dei moderati da ogni dove (Tosi conta oggi 44 "fari2 da Bolzano a Caltanissetta); o sarà stato pure che Tosi, qualche giorno fa ha cenato a Milano, chef Stefano Bruno Galli, con i reduci laici e non leghisti della Lista Maroni e Salvini non era invitato; sarà stato tutto questo. Ma, insomma, tra i due compari il patto è andato in frantumi. Non si capisce bene chi l'abbia rotto, ma non importa. Salvini e Tosi si rincorrono sul progetto di sfondare nel bacino del centrodestra nazionale orfano del Berlusca. Ma, seppur cercando entrambi consensi oltre la defunta Padania, ognuno gioca a modo suo.
Salvini tocca temi di pancia, lepenisti e putiniani (contro l'euro e il blocco delle esportazioni russe); ostenta un sincero odio politico per Alfano, aspira ai votanti ex destrorsi "casualmente grillini"; frequenta Casa Pound e la Corea del Nord. E fa impennare la Lega - bisogna riconoscerlo -verso l'8%. Tosi è più morbido, rastrella consensi tra tutti i moderati Alfano compreso; pensa che rinunciare all'euro sia impossibile e non vede l'Europa come un cauchemar personale; in più, ha tra i sodali Corrado Passera, che un tempo rappresentava i poteri fortissimi. Tra gli entourage dei due, Tosi e Salvini, scorre veleno puro. I salvinani sostengono che "la linea del segretario è una sola, altri accordi non valgono" e che "Tosi è solo un buon amministratore, ma la politica è altro"; i tosiani affermano che "Salvini fa il gioco di Renzi: gli consegna i voti del centrodestra. E poi da solo, svuotata Forza Italia, dove va?" o che "Salvini è più in tv che all'Europarlamento, non saprebbe amministrare nemmeno un condominio". Opinioni incendiarie. Ma c'è del vero nel fatto che il "modello Tosi" (Lista civica personalistica associata alla Lista Lega Nord) è quello, vincente, adottato da Maroni per sbancare la Presidenza della Lombardia, dove la Lega prese il 12,9% e la Lista maroniana il 10,2%. Come c'è del vero nel fatto che l'esposizione di Salvini non è solo strategia (la domenica lo puoi vedere nei giardinetti milanesi con i figli, e capisci che parte tutto dal loro futuro), ma capacità empatica di militarizzare il consenso.
Certo, bisognerà vedere, quale delle due strategie prevarrà. Con o senza la Lega, dato che il 14 novembre a Verona al raduno in casa Tosi di una specie di Officina del centrodestra ci saranno Fitto e Meloni, e non Salvini. Il banco di prova, ora, sono le Regionali. Dove i tosiani vogliono accorparsi alla Lista Zaia, per evitare che l'improbabile profilo della candidata Pd Moretti prevalga sfruttando le lotte intestine. Il bello è che il destino del centrodestra, oggi, pare affidato a due padani...