L'indagine

In Italia sempre meno aborti, e in oltre il 45% dei casi si sceglie quello farmacologico

Tra le cause: il parallelo calo delle nascite e il crescente accesso alla contraccezione

06 Ott 2023 - 15:47
 © ansa

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I dati sull'aborto sono in flessione in Italia, dal 1983 a oggi. Lo evidenzia la relazione del ministro della Salute sull'attuazione della legge 194/78. In totale nel 2021 nel Paese sono state notificate 63.653 interruzioni volontarie di gravidanza (-4,2% rispetto al 2020). Continua ad aumentare, invece, il ricorso alla somministrazione farmacologica per questo tipo di interventi: questa opzione nel 2021 è stata utilizzata in oltre il 45% dei casi, ma ancora presenta grandi variabilità tra Regioni.

La riduzione complessiva del numero assoluto di aborti tra il 1983, anno in cui si è riscontrato il valore più alto (234.800 casi) e il 2021 è stata del 72,8%.

Il calo si registra anche tra le donne straniere, nonostante il tasso di abortività si mantenga oltre due volte quello delle italiane. Nel 2021 gli aborti chirurgici sono stati il 50,7% del totale delle interruzioni effettuate in Italia, in netta diminuzione rispetto al 64,4% del 2020.

Continua ad aumentare il ricorso all'aborto farmacologico, in seguito anche a una circolare del 12 agosto 2020 del ministero della Salute (aggiornamento delle Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine): nel 2021 è stato adoperato nel 45,3% dei casi, rispetto al 31,9% nel 2020, al 24,9% nel 2019 e al 3,3% del 2010.

Grandi variabilità tra le Regioni

  Il ricorso all'aborto farmacologico, si legge ancora nel rapporto, "varia molto fra le Regioni: si passa dal 19,6% delle Marche al 72,5% della Liguria e 72% di Basilicata e Calabria". Nel 2021 le donne sotto i 18 anni che hanno effettuato un'interruzione volontaria di gravidanza sono state 1.707, pari al 2,7% di tutti gli interventi. Questo corrisponde a un tasso di abortivià in questa fascia di età del 2,1, in aumento rispetto all'1,9 del 2020, anno in cui si è tuttavia registrato un calo più netto in corrispondenza delle misure per l'emergenza pandemica. Pur se inferiore a quello di Paesi europei con analoghi sistemi socio-sanitari, è comunque il primo aumento registrato dopo una costante diminuzione dal 2011 (quando era 4,5). 

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