Secondo una ricerca dell'ospedale Bambino Gesù di Roma, un anticorpo monoclonale riduce il rischio di reazioni nel 60% dei piccoli pazienti. "Ma non è una cura e non è per tutti"
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I bambini con allergie alimentari potrebbero tornare a mangiare i cibi "proibiti" grazie a un nuovo farmaco. Da uno studio dell'unità di Allergologia dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma emerge che oltre il 60% dei piccoli pazienti trattati con l'anticorpo monoclonale omalizumab, ha potuto adottare, dopo dodici mesi, un'alimentazione completamente libera.
Il farmaco riduce il rischio di reazioni al contatto con l'alimento "incriminato" consentendo il recupero di una dieta meno severa e il miglioramento della qualità della vita. Ciò è possibile grazie all'anticorpo omalizumab perchè esso mantiene innocui gli anticorpi IgE normalmente responsabili delle reazioni.
Spesso affetti da malattie allergiche come dermatite atopica, rinite allergica e asma, i bambini suscettibili ad alcune categorie di alimenti generalmente innocui vedono scatenarsi una reazione che coinvolge via respiratoria, pelle e via digestiva, con possibile soffocamento e asma cardiovascolare, ipotensione e shock. Per loro la principale strategie erano fino a poco tempo fa evitare gli alimenti responsabili o la desensibilizzazione, mentre oggi è disponibile anche la via farmacologica.
Al Bambino Gesù l'anticorpo omazulimab è utilizzato già da dieci anni per la riduzione del rischio nei bambini con asma grave e allergia agli alimenti, e il nuovo studio ha confermato che gran parte dei piccoli allergici può tornare a mangiare cibi che prima gli erano preclusi. Le soglie di reazione all'alimento vengono moltiplicate (per il latte 250 volte, per l'uovo 170, per la nocciola 250, per l'arachide 55) e il numero delle reazioni anafilattiche viene drasticamente ridotto (dai 98 casi registrati nei 12 mesi precedenti il trattamento farmacologico alle 8 reazioni durante il periodo di cura con l'anticorpo monoclonale).
"Tutti i bambini del gruppo hanno potuto smettere di osservare l'etichettatura precauzionale degli alimenti", spiegano la dottoressa Stefania Arasi, allergologa, prima autrice dello studio e il professore Alessandro Fiocchi, responsabile di Allergologia del Bambino Gesù e coordinatore della ricerca.
"I genitori e i pazienti si rilassano, il loro indice di qualità della vita viene normalizzato non dovendo più essere condizionati in maniera incombente dal mangiare per errore qualcosa di sbagliato. La terza via per una vita migliore per i bambini allergici alimentari è aperta", hanno aggiunto.
“Questo farmaco può aumentare la soglia di tolleranza a un alimento: bambini che prima non riuscivano a entrare in un bar perché già solo l’inalazione dei vapori di latte provocava una reazione, adesso riescono a mangiare cornetto e cappuccino. Ma sia chiaro: questo farmaco non è una cura perché sembra funzionare soltanto finché si fa l’iniezione sottocute una o due volte al mese e non è per tutti, sia per il costo elevato, sia perché deve essere il medico allergologo a selezionare i bambini valutando anche l’influenza sulla qualità della vita dei bambini a casa, a scuola, in vacanza, e dei genitori. Ma, ove possibile, poter dire ai bambini che sono “normali” come gli altri, che possono andare in mensa, che non devono aver paura delle contaminazioni, è importante”, precisa ancora Arasi.