La terapia sviluppata dall'Università del Queensland, in Australia, "distrugge" il 75% delle placche amiloidi che compromettono la funzionalità dei neuroni
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Dall'Australia arriva una nuova speranza per la cura dell'Alzheimer. I ricercatori dell'Università del Queensland hanno scoperto una nuova terapia basata su ultrasuoni focalizzati in grado di "ripristinare" la memoria e "ripulire" il cervello dei pazienti. I test effettuati sui topi hanno dato ottimi risultati: i fasci ultrasonici sono riusciti a eliminare il 75% delle placche amiloidi, i depositi che si accumulano nell'encefalo compromettendo la funzionalità dei neuroni.
Addio farmaci - La tecnica a ultrasuoni sviluppata dai ricercatori australiani si basa sull'attivazione di alcune cellule immunitarie, dette della microglia. Una volta stimolate, queste unità cominciano a fagocitare le placche amiloidi, autentico flagello per i malati di Alzheimer. Il tutto senza l'ausilio di farmaci, in particolare di quelli neurolettici, fonte di gravi controindicazioni per la salute cardiovascolare.
Micro-bolle attivate dagli ultrasuoni - Durante i test, i ricercatori hanno iniettato nei roditori delle speciali micro-bolle contenenti gas e rivestite di grasso. Queste capsule, grandi la ventesima parte del diametro di un capello, vengono poi attivate dagli ultrasuoni. L'intento era quello di aprire una breccia temporanea, senza danneggiarla, nella barriera ematoencefalica che protegge il cervello dalle sostanze nocive ma che impedisce anche ai farmaci di penetrarvi.
I test - I topi sono stati sottoposti a brevissime esposizioni di ultrasuoni ripetute per sette settimane. Al termine degli esperimenti gli scienziati hanno potuto constatare gli effetti benefici del trattamento: le cavie che prima non riuscivano a orientarsi nel classico labirinto da laboratorio, dopo la "cura" a ultrasuoni sono stati in grado di trovare l'uscita o la ricompensa alimentare. Questo grazie alla "distruzione" dei tre quarti di placche amiloidi effettuata dalle cellule del sistema immunitario attivate dalla nuova terapia. Prima di sperimentarla anche sui pazienti, però, deve essere studiata e calibrata sulle dimensioni del cervello umano e sullo spessore delle ossa del cranio.
Presto nell'uomo - Secondo gli autori dello studio, Gerhard Leinenga e Jürgen Götz, la nuova tecnica "può dimostrarsi molto efficace, soprattutto se applicata negli stadi iniziali dell'Alzheimer, quando le placche non hanno danneggiato irrimediabilmente le sinapsi e quindi il recupero della memoria è ancora parzialmente reversibile".