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Psicosi-Jolie: "Dottore mi tolga il seno"

Al Sant'Andrea di Roma le richieste di test genetici sono impennate dell'80%

28 Mag 2013 - 18:26
 © Getty

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All'Unità di diagnosi e terapia in senologia del Sant'Andrea a Roma dopo il caso Angelina Jolie, le richieste per eseguire i test genetici per verificare la presenza di eventuali mutazioni sono aumentate dell'80%. La responsabile Adriana Bonifacino dichiara: "L'effetto Jolie è stato uno tsunami, anche perché trova una popolazione impaurita e poco informata in fatto di prevenzione".

Importante valutare la storia familiare - Bonifacino spiega: "Il messaggio che è passato è “Ho paura del cancro e mi tolgo le mammelle Qui parliamo invece di un rischio concreto di una popolazione che si è sottoposta a un test avendo le caratteristiche familiari per sottoporsi a una consulenza genetica".

Poco chiaro alle donne italiane anche chi si deve sottoporre al test. Bonifacino continua: "Secondo i protocolli internazionali adottati nel nostro Paese, per sottoporre al test le persone sane è necessario che nel familiare affetto dalla malattia sia dimostrata la presenza della mutazione". In pratica, prima fa il test la donna malata poi eventualmente la parente sana che può aver ereditato il gene. Consulenza genetica e test si eseguono, pagando il ticket, nei centri ospedalieri italiani.

Il test per tutti è inutile - Bonifacino afferma: "E' inutile fare il test a tutta la popolazione. Innanzitutto solo sapendo quale è il gene malato e cosa cercare nel soggetto sano". Senza questa informazione la lettura del test è difficile e si rischia di mettere in ansia donne sane. "Inoltre - prosegue - il costo del test e non giustifica di fare a tappeto un test su persone non a rischio".

Asportazione estrema ratio - Chi ha la mutazione ha comunque davanti tre strade: "essere una sorvegliata speciale", cioè entrare nei protocolli di prevenzione che prevedono una risonanza magnetica all'anno a partire dai 25 anni, un'ecografia ogni 6 mesi e una mammografia annuale a partire dai 30 anni. La seconda opzione consiste nell'eseguire una mammectomia, cioè togliere solo la ghiandola mammaria e ricostruendo durante il medesimo intervento il seno. La terza via percorribile è la prevenzione farmacologica, ancora in fase sperimentale. Chi ha la mutazione vive con il rischio anche dell'85% di ammalarsi di cancro al seno, eppure sottolinea Bonifacino, "solo in Emilia Romagna è previsto un codice di esenzione ticket per eseguire gli esami di screening".

Non è possibile annullare i rischi - Sull'argomento interviene anche il genetista Bruno Dallapiccola che afferma che una "mutilazione" come quella decisa dall'attrice Angelina Jolie, con l'asportazione totale dei seni non azzera comunque il rischio di poter essere colpiti dal cancro. L'asportazione dei seni, spiega l'esperto, "non protegge del tutto: anche con la mastectomia, infatti, la donna portatrice di tale mutazione genetica avrà comunque il 5% di possibilità di sviluppare recidive, o potrà avere un tumore all'ovaio al quale tale mutazione rende suscettibili". Considerando l'alto tasso del tumore al seno, che colpisce in media una donna su 15, rileva, "le donne che hanno a che fare con la "spada di Damocle" del gene difettoso che predispone al cancro al seno ereditario sono, all'incirca, una su 800". Va però ribadito, conclude lo specialista, "che è bene lasciarsi consigliare dai medici e non, invece, farsi trasportare solo dal clamore legato alla vicenda di un personaggio noto".

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