Il risultato raggiunto nei topi da alcuni ricercatori americani. Possibili nuove terapie antidolorifiche più efficaci
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Risolto l'enigma dei meccanismi alla base dell'effetto placebo. Sono rimasti per decenni un mistero, ma ora è stata finalmente scoperta una tessera chiave dell'intricato puzzle che collega mente e corpo: è stato individuato il circuito del cervello che si attiva quando ci si aspetta un sollievo dalla sofferenza. La scoperta si deve ad alcuni ricercatori dell’Università della North Carolina a Chapel Hill (Stati Uniti).
L’effetto placebo determina un beneficio percepito o reale da parte del paziente, che pur assumendo un medicinale senza proprietà attive, cioè una pillola che non contiene sostanze “curative”, ritiene di essere sottoposto a una cura efficace per la sua condizione clinica. In senso più ampio, l’effetto placebo identifica un miglioramento della salute del paziente raggiunto, di fatto, grazie a un atteggiamento positivo e alla partecipazione attiva e consapevole al trattamento.
La scoperta dei meccanismi alla base dell'effetto placebo è stata fatta nel cervello dei topi ed è stato pubblicata sulla rivista Nature. Mentre gli animali sperimentavano l'effetto placebo, gli autori dello studio hanno poi utilizzato diverse tecniche per cercare di rintracciare nel cervello i circuiti coinvolti. Il circuito che entra in gioco nell'effetto placebo collega la parte anteriore del cervello con quella posteriore e quando si attiva allevia il dolore esattamente quando il topo si aspetta un sollievo. Questo attiva i segnali lanciati dalla corteccia anteriore fino al tronco encefalico, che finora non si credeva coinvolto nella percezione del dolore, e da questo infine al cervelletto nella parte posteriore del cervello.
Avere individuato questo circuito apre alla possibilità di sfruttare lo stesso meccanismo attraverso farmaci, neurostimolazione o terapie cognitivo-comportamentale, per trattare il dolore in maniera molto più efficace e senza effetti collaterali.
"È una cosa del tutto inaspettata, data la nostra precedente comprensione dei circuiti del dolore e anche incredibilmente emozionante", dice Grégory Scherrer, a capo del gruppo di ricerca.