La parola all'esperto

Come curare la depressione: attenzione ai segnali dell'inconscio

Diego Frigoli, psichiatra psicoterapeuta, presidente dell'"Istituto Aneb", spiega la terapia ecobiopsicologica

06 Mag 2019 - 15:19
 © -afp

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"In Italia la depressione colpisce circa l'11% della popolazione che assume quotidianamente farmaci per curare tale patologia", spiega lo psichiatra psicoterapeuta Diego Frigoli, fondatore del modello Ecobiopsicologico. "La depressione è una malattia complessa dovuta a più cause e legate a una vasta rete di sistemi neuronali e non solo", aggiunge Frigoli, che è presidente della scuola di psicoterapia "Istituto Aneb". Ecco il ruolo dell'inconscio e come la terapia ecobiopsicologica interviene.

Qual è la sua definizione di depressione? 
"La depressione è un disturbo psichico con un’eziologia multiforme. La letteratura scientifica ha spesso trovato correlazioni significative tra la patologia depressiva e la possibilità d’insorgenza del disturbo quando si vive una perdita affettiva.Spesso la sensazione di perdita invece è legata a vissuti emotivi dell’individuo, non necessariamente correlati a un dato di realtà oggettiva, piuttosto a una dimensione soggettiva, connessa a vissuti emotivi non elaborati che si slatentizzano in circostanze attuali. La depressione si manifesta nell’individuo con un abbassamento del tono dell’umore, una tendenza all’apragmatismo e un rallentamento del pensiero, funzioni psichiche molto importanti, poiché ci permettono di adattarci all’ambiente esterno. Di fatto il nostro umore viene modulato in base a situazioni che sollecitano in noi sensazioni ed emozioni piacevoli o spiacevoli. Nella persona depressa invece il tono dell’umore diventa poco flessibile e invalidante, costantemente sotto tono, anche quando non vi è un motivo apparente".

Quali sono i sintomi di un soggetto depresso?
"I sintomi della depressione evidenziano uno stato d’animo triste, insoddisfatto, sfiduciato e apatico. I pensieri del soggetto depresso sono negativi, sia riguardo a se stessi, sia rispetto alle persone che lo circondano. Il proprio sé è vissuto come negativo e induce chi è depresso a colpevolizzarsi, rimproverarsi e autopunirsi. Altro dato importante è la difficoltà a provare piacere in qualsiasi attività della giornata. Il malumore, la negatività e il senso di angoscia della persona depressa, non gli consentono di vivere il presente né tanto meno di guardare verso il futuro.Tale dimensione è spesso associata a un desiderio di morte, di fuga o di isolamento. Spesso il soggetto depresso non si sente compreso dagli altri; qualsiasi attività quotidiana richiede un grande sforzo, persino le più semplici azioni, come ad esempio provvedere alla propria igiene personale. Si evidenziano perdita di vitalità, mancata concentrazione, insonnia o ipersonnia, aumento o perdita di peso, dolori fisici. Inoltre il pensiero catastrofico caratterizzato da una tendenza alla critica personale, a idee ripetute che vertono su un sentimento di svalutazione di sé, inducono l’individuo a evitare contesti di condivisione sociale".

Vi sono varie forme di depressione?
"Sì, vi sono diverse forme depressive. Il DSM mette in evidenza oltre agli aspetti psicologici anche una sintomatologia somatica e biologica che ritengo molto importante per evidenziare quelle forme di depressione mascherata in cui i vissuti soggettivi del paziente come il senso di tristezza sembrano meno dominanti. Tra le più comuni forme di depressione vi sono il disturbo depressivo maggiore, il disturbo depressivo persistente o distimia, il disturbo disforico premestruale e la depressione post- partum. La differenza tra queste diverse manifestazioni della patologia depressiva è legata ai differenti criteri diagnostici che la caratterizzano, relativa all’esordio della malattia, alle tempistiche in cui si presenta e alla durata, nonché alla gravità della sintomatologia. E’ molto importante sottolineare che l’umore triste, la sensazione di vuoto e l’irritabilità, associate ad alterazioni cognitive e cambiamenti somatici, sono elementi comuni alle diverse forme depressive prima menzionate, mentre è fondamentale indagarne la natura eziologica".

Quali sono, dunque, le cause della depressione?
"Le cause della depressione sono molteplici e variano da un individuo all’altro a seconda del proprio vissuto soggettivo. Le motivazioni eziologiche evidenziano vari fattori: biologici, ereditari, evolutivi, ambientali, psicosociali e psicologici. E’ importante sottolineare che la biologia sostiene che alcuni soggetti nascono con una maggiore predisposizione genetica alla depressione, mentre la causa psicologica evidenzia l’importanza delle esperienze dell’individuo nell’interazione con l’ambiente esterno e i comportamenti appresi che potrebbero causare una possibile patologia depressiva. Inoltre si è avuto modo di riscontrare che un abuso prolungato di psicofarmaci, senza un’accurata valutazione da parte dello psichiatra, oppure l’utilizzo di sostanze psicotrope, potrebbe causare o peggiorare i sintomi depressivi. Si è evidenziato che la sostanza euforizzante, viene inizialmente utilizzata dall’individuo come “Farmaco-Cura” quando il tono dell’umore viene percepito sottotono, oppure come risposta alla difficoltà di tollerare la frustrazione, rispetto a ciò che la persona vive come ingestibile emotivamente. Tale abuso rischia di far precipitare il soggetto in una patologia depressiva. Chi fa uso di alcol e droghe desidera istintivamente non lasciarsi attraversare da emozioni vissute come negative, cercando così di provare l'esatto opposto, ovvero emozioni eccitanti ed euforizzanti. Il cervello reagisce a un prolungato uso di sostanze, entrando in una sorta di cortocircuito che non esorcizza il malessere ma che nel tempo lo amplifica, non soltanto per motivi fisiologici, ma anche per la continua negazione del proprio vissuto".

Cos'è il fattore ereditario?
"Per quanto riguarda l’ereditarietà della patologia si è osservato che figli di genitori depressi potrebbero a loro volta sviluppare un disturbo dell’umore. Tale dato come tutti gli altri prima menzionati, sono strettamente connessi, ma non possiamo definire un collegamento di tipo deterministico. L’infant research ha apportato un prezioso contribuito nell'analisi della relazione tra attaccamento ansioso, attaccamento evitante e presenza di sintomi depressivi. Vi è un profondo collegamento tra il tipo di attaccamento che il bambino instaura con i propri care-giver, la regolazione affettiva e la possibilità di sviluppare da adulti una patologia depressiva. Nel momento in cui nasciamo cerchiamo di assicurarci la vicinanza di chi si prende cura di noi. In modo innato, il neonato è proiettato al soddisfacimento dei propri bisogni primari. Il care- giver, in primo luogo la madre, risponde di solito in modo consono, sintonizzandosi sulle esigenze del piccolo. In tal senso i care-giver aiutano il bambino a regolare le emozioni, alleviando il senso di frustrazione e di disagio, proteggendolo da ciò che viene avvertito come minaccioso. Quando la madre, o chi per lei, non riesce a occuparsi sufficientemente del bambino, accade che quest’ultimo cominci a usare strategie comportamentali che gli permettono di regolare le proprie emozioni evitandogli di restare a lungo in uno stato di angoscia. Tale tipo di modalità comportamentale potrebbe determinare un attaccamento del piccolo nei confronti della madre di tipo insicuro-ansioso o insicuro-evitante; possibili precursori di una patologia depressiva durante lo sviluppo evolutivo".

Cosa, nello specifico, accadrebbe nel bambino?
"Un bambino con attaccamento ansioso si iperattiva ricercando vicinanza e bisogno di cure, senza riuscire a provare una piena soddisfazione, se non in misura limitata. Ha un atteggiamento preoccupato, una sorta di ansia anticipatoria rispetto ai possibili pericoli esterni, vissuti come minacciosi. Tutto questo aumenterà il disagio del bambino in una sorta di circolo vizioso che si autoalimenta.La percezione del piccolo riguardo a una madre distante e poco presente, invece, lo indurrà a sviluppare un tipo di attaccamento evitante. La peculiarità di questo stile di attaccamento è scandita dalla tendenza da parte del piccolo di contare solo sulle proprie forze, considerando le relazioni di vicinanza come non importanti e deludenti o addirittura pericolose. La regolazione e gestione delle emozioni sarà basata sul bisogno di tenere gli altri lontani da sé, nel tentativo di riuscire a eliminare pensieri e ricordi dolorosi".

Quale cura per la patologia depressiva?
"Nel trattamento della depressione si prevede una terapia farmacologica che agisce prevalentemente sui sintomi. La cura farmacologica è necessaria quando la patologia limita la vita del soggetto nei diversi ambiti: lavorativo, affettivo e sociale. Il farmaco da solo spesso non è comunque sufficiente poiché, come prima evidenziato, la depressione non ha un’eziologia soltanto biologica ma anche psicologica e ambientale. La natura psicosociale della depressione che inibisce la vita relazionale, professionale e affettiva non può non avvalersi della cura psicoterapica. L’intervento farmacologico insieme alla cura psicoterapica offrono la possibilità di un intervento efficace e accurato.Tra i vari tipi d’intervento in ambito psicoterapico, ritengo che la terapia ecobiopsicologica sia molto indicata nella cura del paziente depresso, poiché nella ricerca delle cause profonde dell’insorgere della malattia è molto attenta anche a prendersi cura dei disturbi somatici e a porli in relazione adeguata con la storia clinica e la biografia del paziente".

In cosa consiste il modello ecobiopsicologico e di conseguenza la terapia ecobiopsicologica?
"Nel recuperare i modelli epistemologici più recenti della scienza (fisica quantistica, biologia evoluzionistica, epigenetica, neuroscienze) che si confrontano con la psicologia psicodinamica, l’ecobiopsicologia, attraverso le amplificazioni ottenute tramite i simboli e le analogie che costellano l’inconscio dei pazienti, permette un più rapido inquadramento psicodinamico delle loro problematiche relazionali, una terapia più incisiva sul piano del recupero dei MOID (Modelli operativi interni dissociati), e una adeguata integrazione dei problemi complessi della somatizzazione presenti nella storia clinica dei pazienti. In questa prospettiva l’inconscio non è più solo legato alla dimensione della storia evolutiva del soggetto, ma si apre alla comprensione di quegli aspetti filogenetici legati all’inconscio collettivo, che oggi sono considerati centrali sul piano della comprensione dei disturbi più gravi, quali le malattie autoimmuni e i tumori. Nel congresso di maggio che terremo a Milano presso l’Hotel Michelangelo, nei giorni 18 e 19, avremo modo di affrontare e approfondire le diverse tematiche legate al continuum mente-corpo".

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