Aumenta i bisogno di assistenza domiciliare per gli anziani. Secondo le stime, tra vent’anni gli anziani fragili sfioreranno i 19 milioni, e un terzo saranno over-65 a rischio di isolamento sociale
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L’Italia si prepara ad accogliere un milione di ultranovantenni nei prossimi 3 anni. Un dato che accende subito i riflettori sulla necessità di potenziare l’assistenza domiciliare e nelle RSA. La ricerca evidenzia quanto questo dato demografico debba necessariamente portare a un miglioramento dal punto di vista dell’assistenza sanitaria.
L’indagine 2024 di Italia Longeva, presentata oggi al Ministero della Salute nel corso della nona edizione degli ‘Stati Generali dell’assistenza a lungo termine- Long-Term Care Nine’, si propone di fotografare l’andamento della long-term care del Paese, ovvero l’assistenza territoriale offerta ai cittadini fragili in risposta ai loro bisogni. "L'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle malattie a esso correlate - diabete, patologie cardiovascolari, demenze -, ci impongono di premere l'acceleratore per potenziare e rendere più omogenea l'assistenza sul territorio", afferma Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva.
Secondo le stime, tra vent’anni gli anziani fragili sfioreranno i 19 milioni, e un terzo saranno over-65 a rischio di isolamento sociale. Cresce quindi sempre di più la necessità di irrobustire il sistema di assistenza domiciliare. Questo a fronte del fatto che gli over-65 che preferiscono le cure a casa sono passati da 252mila (1,95%) nel 2014 a quasi 550mila (3,89%) nel 2023. Inoltre, i dati forniti dalle Regioni al Ministero della Salute, evidenziano che dal 2022 al 2023 sono stati 80mila gli anziani in più che hanno beneficiato di assistenza domiciliare. Oltre a questi, resta un 2,88% di over-65 che nell’ultimo anno ha usufruito di cure nelle RSA, dimostrando così l’importanza di potenziare anche queste strutture. Una necessità dettata dal fatto di voler evitare che l’invecchiamento e la scorretta gestione di esso, diventi una vera e propria malattia di questo Paese che deve già fare i conti con le conseguenze della pressione demografica.
Una delle preoccupazioni più grandi resta quella dell’isolamento sociale: non c’è solo un bisogno di cure mediche, ma anche di una rete sociale. La stima dei prossimi 20 anni è che all’incirca 6 milioni di over-65 saranno colpiti da questo rischio di isolamento. Una preoccupazione fondata, dato che già oggi il 64% delle persone affette da demenza, una delle principali cause di perdita di autonomia negli anziani, non viene accettato nelle strutture sociosanitarie, causando un fortissimo impatto sulle famiglie.
A questa scarsa assistenza domiciliare, consegue un aumento degli accessi al Pronto Soccorso con ricoveri inappropriati che si traducono in un incremento della spesa sanitaria. Nel 2019 sono state calcolate circa 600mila giornate di degenza inappropriata all’anno solo per la gestione di cronicità come diabete e ipertensione che contribuiscono al sovraffollamento degli ospedali e alle dimissioni tardive per la scarsa disponibilità di presa in carico. “Potenziare i servizi di long-term care, in particolare le cure domiciliari significa costruire un ponte tra ospedale e casa e dare finalmente un’assistenza congrua ai nostri anziani. Per affrontare efficacemente la fragilità degli anziani sono necessari setting assistenziali, conoscenze e competenze specifiche, e la capacità del sistema di assicurare la continuità della presa in carico tra i diversi livelli e luoghi di cura. Innanzitutto, prendendo in carico gli anziani nel proprio ambiente domestico il più a lungo possibile, fornendo cure mediche, infermieristiche e riabilitative e supporto adeguati per mantenere una buona qualità della vita”, dichiara Bernabei.
Davide Vetrano, geriatra ed epidemiologo, consulente scientifico di Italia Longeva, spiega inoltre il panorama geografico delle cure domiciliari. “Molise, Abruzzo, Basilicata, Toscana e Umbria sono quelle che fanno meglio, con tassi di copertura di Adi superiori al 4,5%. Per quanto riguarda le cure residenziali, sono poco più di 400mila gli over-65 che ne hanno beneficiato nell’ultimo anno, ancora una volta con una distribuzione a macchia di leopardo: tassi di residenzialità più elevati si registrano nelle regioni del nord, provincia autonoma di Trento (9,9%), Veneto (5,9%), Piemonte (5,4%), Lombardia (4,6%) e provincia autonoma di Bolzano (4,3%), e sono per lo più correlati alle peculiari caratteristiche del tessuto sociale”.