L'appello dei medici: "Intervenire preventivamente è cruciale per contrastare la progressione della malattia"
© -afp
Demenza e declino cognitivo sono temi che In Italia preoccupano nove persone su dieci. Sono due milioni i pazienti che ne soffrono e quattro milioni le persone che prestano cure assistenziali ai degenti.
La perdita di autonomia, l’isolamento e il carico emotivo ed economico sono i fattori che destano maggiore apprensione negli italiani. Queste conseguenze delle malattie generative infatti pesano sulle famiglie, soprattutto in un orizzonte che mostra delle carenze a livello socio-assistenziale.
Stando alle dichiarazioni del presidente SINDem, Associazione autonoma aderente alla Sin per le demenze - Camillo Marra - il 7% degli over-60 soffre di declino cognitivo, mentre negli over-85 si riscontra la malattia nel 30% della popolazione. "Intervenire preventivamente nelle forme precliniche di demenza è cruciale per contrastare la progressione della malattia", afferma Marra e continua: "È stato evidenziato che un intervento su tutti i fattori di rischio modificabili, tra i 40 e i 60 anni, potrebbe ridurre del 40% l'evoluzione del declino cognitivo lieve in demenza. Ciò vuol dire agire su fumo, alcol, sedentarietà, diabete, ipertensione". Il 50% dei casi di declino cognitivo sfocia in demenza.
Per il direttore Marra la conoscenza e la lotta verso i tabù della società sono dei passi fondamentali al fine della prevenzione delle malattie di demenza e declino cognitivo. "Più siamo istruiti, infatti, più siamo in grado di alimentare la riserva cognitiva per quando saremo anziani. Anche sul fronte terapeutico, più si interviene in fase precoce, meglio si riesce a modificare il decorso della malattia", afferma Marra convinto nella lotta contro l'abbandono scolastico precoce. Quasi un italiano su due non sa che la prevenzione è una alleata contro la malattia cognitiva. Alessandro Pirani, rappresentante Simg-Tavolo permanente Demenze (Ministero della Salute), spiega che "il disturbo delle capacità di memoria è il segnale più eclatante, ma spesso viene ignorato o sminuito a causa dello stigma che lo 'relega' a un normale aspetto dell'invecchiamento". La diagnosi precoce coinvolge in primis il medico di medicina generale.
Sono 600 mila le persone di età superiore ai 50 anni che soffre di Alzheimer (1 su 5). I sintomi, come la perdita dei ricordi e dell'autonomia, progrediscono mediamente tra i dieci e i vent'anni. Spesso le avvisaglie di questa malattia vengono sottostimate e una diagnosi accurata arriva in meno del 20% dei casi. "A volte, soprattutto nelle persone che sono avanti negli anni, questi piccoli deficit non vengono riconosciuti: dimenticare dove si è posteggiata l'auto, attribuire dei nomi diversi alle persone che si conoscono, o anche solo cambiare abitudini. Spesso si tratta di segnali subdoli e difficili da intercettare" spiega Alessandro Padovani, direttore della Clinica Neurologica dell'Università di Brescia e presidente della Società italiana di Neurologia. "È importante non derubricare, o ritenere che tutto questo sia normalmente legato all'invecchiamento", conclude il neurologo.