A Milano la Società italiana midollo spinale ha visto confrontarsi esperti da tutto il mondo, con esperienze a 360 gradi
di Sergio Bolzoni© Tgcom24
Di recente si è tenuto il congresso della Sims, Società italiana midollo spinale, che riunisce tutti gli operatori che si occupano della presa in carico dei pazienti con lesioni al midollo spinale. Si tratta di una associazione multiprofessionale, cioè medici, fisioterapisti, terapisti occupazionali, infermieri, psicologi, assistenti sociali e bioingegneri. Ne parliamo con la dottoressa Adriana Cassinis, presidente della Sims.
Dottoressa come è cambiata nel tempo la cura dei pazienti con lesioni midollari?
È cambiata moltissimo. Quando ho iniziato decenni fa il problema principale era la sopravvivenza per le lesioni midollari e cervicali, per le lesioni dorsali e lombari c'era l'insufficienza renale come problema clinico che portava alla morte precocemente. C’erano problemi respiratori, infezioni, decubiti, eccetera. Il miglioramento dell'assistenza medica e infermieristica, della qualità di vita - gli ausili diversi, le carrozzine diverse - ha cambiato la vita delle persone con lesioni midollari. Oggi possono pensare allo sport, pensare alla vita di famiglia, all'attività sessuale, all’avere figli. Pensare che delle donne in carrozzina possano avere figli e allattare i propri bambini qualche anno fa non era nemmeno un argomento di discussione. È l’obiettivo di tutti quelli che lavorano nelle unità spinali.
Gli interventi non solo dei medici hanno fornito una panoramica a 360 gradi dell’attività terapeutica. Non si vede spesso.
Avere medici, fisiatri, professionisti di ogni settore e persino gli assistenti sociali è la nostra forza. Se abbiamo in carico all’Unità spinale, del Nigurda o in qualsiasi altro ospedale, un paziente da sei mesi gravemente lesionato abbiamo bisogno della collaborazione degli assistenti sociali per il dopo. Lavorare da subito in palestra, consultare chirurghi e fisioterapisti fin dall’inizio, indirizza subito per il meglio possibile il percorso riabilitativo. Riunire tutte queste professionalità è un grande vantaggio per il paziente.
Questo del recupero della sessualità è un tema a cui avete dedicato l’ultima giornata del vostro congresso, peraltro con un notevole successo di pubblico. Oggi è possibile fare di più in questo campo?
Diciamo che è un mondo che si sta aprendo adesso, Tutto dipende dal tipo di lesione e dal livello di lesione, perché purtroppo noi potremmo avere una paziente che cammina ma che ha l'area sacrale completamente danneggiata. Si possono usare farmaci o protesi a seconda dei casi. Per qualche paziente possono esserci strade diverse per cui lavoriamo molto con gli psicologi anche per sviluppare comunque la sensibilità di zone e regioni diverse.
Invece lo sport per un paziente con lesione midollare immagino che non sia più un tabù, anche a livello sociale, visto ad esempio il successo di eventi come le Paralimpiadi.
Certamente. Lo sport fa parte del piano riabilitativo, Noi l'abbiamo chiamata per anni “sport terapia”, perché era proprio la terapia che facevi con lo sport, pensi ad esempio imparare a gestire la carrozzina. Lo sport fa bene a livello fisico, a livello psicologico, a livello di confronto, aiuta a rimettersi in gioco. Per le donne per esempio la piscina, l'attività in acqua, soprattutto nelle zone incomplete, è importantissima; in assenza di gravità la riabilitazione viene meglio.
C’è un problema di infrastrutture sul territorio per garantire ai pazienti con lesioni midollari la possibilità di fare sport?
Qualcosa c’è ma sempre troppo poco. Pensi anche ai banali problemi di parcheggio o di società sportive con dei bagni accessibili o che avessero strutture non solo all’aperto. I problemi sono poi gli spogliatoi: i nostri pazienti hanno bisogno di un lettino che si alza e si abbassa e non si trovano. Oppure una sedia per farsi la doccia. Non sono strutture facili da trovare.