LA RUBRICA DI TGCOM24

Dolore pelvico cronico, il medico consiglia ... che cos'è, quali sono i sintomi e come si arriva a una diagnosi

A Tgcom24 la consulenza del dottor Giorgio Galizia, Urologo specialista in Chirurgia Generale e perfezionato in Neuro-Urologia al Poliambulatorio Chirurgico Modenese (PCM) di Modena

27 Mar 2024 - 14:51
 © Ufficio stampa

© Ufficio stampa

Il dolore pelvico cronico colpisce molte persone. Ma di che cosa si tratta? Da che cosa è causato? Quali sono i sintomi? Esistono terapie per contrastarlo?  Ecco tutto quello che c'è da sapere su questa patologia. 

In Italia, i dati sul numero di pazienti, soprattutto donne, colpiti da dolore cronico alle zone intime sono molto discordanti: è una patologia ancora poco conosciuta, ma assai diffusa. Volendo dare una stima, nel nostro Paese, il dolore pelvico cronico colpisce una persona su tre. Data la poca conoscenza del fenomeno, questa patologia è spesso difficile da diagnosticare e trattare. 

Ne parliamo con il dottor Giorgio Galizia, Urologo specialista in Chirurgia Generale e perfezionato in Neuro-Urologia al Poliambulatorio Chirurgico Modenese (PCM) di Modena, che affronta questo disturbo concentrandosi soprattutto sulla paziente e non solo sul male stesso. 

Anche noto con l’acronimo inglese CPPS (Chronic Pelvic Pain Syndrome), si tratta di un complesso sintomatologico caratterizzato principalmente da dolore cronico in sede pelvica e/o perineale, con possibili irradiazioni alla regione lombare, ai genitali esterni, agli inguini, alla regione sovrapubica, al sacro-coccige, alla radice delle cosce, più o meno accompagnati da sintomi minzionali, colonproctologici e sessuali.

L’alterazione che induce la sintomatologia è un ipertono involontario dei muscoli pelvici. Spesso sono coinvolti i rami dei nervi che passano tra questi muscoli, con conseguenti sintomi da neuropatia.

Quasi sempre si sommano più concause, tra le frequenti: abitudine a tenere contratta la muscolatura pelvica, soprattutto glutei e ano; cadute pregresse sul coccige con lussazione anteriore degli ultimi segmenti coccigei e accentuazione della fisiologica curvatura, che può raggiungere i 90 gradi di angolazione, con conseguente modifica dei rapporti di contiguità tra l’osso, i tendini, i muscoli e i nervi; eccessiva attività fisica e ginnicosportiva come pilates, pesistica che richiede lo squatting sulle gambe, spinning, step, acquagym, arti marziali che impiegano l’uso degli arti inferiori, sci, danza classica, ginnastica artistica, pattinaggio che può aumentare in modo eccessivo il tono dei muscoli pelvici; stress. 

La diagnosi del Dolore Pelvico Cronico è essenzialmente basata sui sintomi e sull’esame obiettivo, ovvero la palpazione dei muscoli pelvici per via vaginale o rettale. Tra i segni rilevabili dall’esame obbiettivo ve ne è essenzialmente uno, che solitamente non manca mai in tale sindrome. Si tratta del reperto obiettivo di ipertono dei muscoli elevatori dell’ano, palpabili lateralmente in corso di esplorazione vaginale e rettale, con dolorabilità, anche molto intensa, alla digitopressione. In alcuni casi questa è prevalente da un lato (probabile coesistenza di problemi posturali anche della colonna).

I punti di tali muscoli che a una pressione digitale anche lieve, scatenano un forte dolore, il più delle volte avvertito in zone contigue (ad esempio l’ano) viene dato il nome di Trigger Point.

La presentazione clinica è alquanto varia sia per l’intensità che per la frequenza della sintomatologia, sia per quanto riguarda l’associazione con sintomi a carico del Basso Apparato Urinario, Apparato Genitale e Apparato Digestivo Distale.

Il coinvolgimento, in varia misura, di tali apparati è molto frequente anche se, in forme meno tipiche o iniziali, può mancare.

Questo deriva dal fatto che uretra, vagina e retto distale attraversano i muscoli del pavimento pelvico e possono risentire di un ipertono di quest’ultimo.

Molto spesso, all’ipertono muscolare si associano sintomi da coinvolgimento dell’innervazione distrettuale:

- Per la compressione tra i fasci muscolari ipertonici e iperattivi del Tronco principale del Nervo Pudendo e allora possiamo parlare di Neuropatia del Pudendo. 

- Per la compressione tra i fasci muscolari ipertonici e iperattivi delle Terminazioni del Nervo Pudendo stesso nelvestibolo vulvare e allora parliamo di Vulvodinia. 

È una sofferenza delle fibre nervose del Nervo Pudendo, cui è deputata l'innervazione somatica (cioè che riguarda i muscoli e non gli organi) di tutta la pelvi, quindi di tutta la muscolatura che ricopre dall'interno e dall'esterno le ossa del cosiddetto cingolo pelvico.

La sindrome che ne deriva è costituita essenzialmente da dolori neuropatici, anche molto forti, in zona pelvica e in area genitale che si manifestano soprattutto in posizione seduta, si alleviano assumendo la posizione eretta e deambulando, e tendono a scomparire quasi del tutto in posizione clinostatica o stando seduti sul sedile del wc.

Spesso si sommano più cause e più meccanismi nello stesso paziente.

In primis giocano un ruolo determinante gli eventi traumatici, penetranti o anche solo contusivi, nell'area sacro-coccigea, perineale e dei genitali esterni, quali ad esempio cadute sul coccige (dalle scale, sul terreno viscido, facendo sport o cadendo da mezzi a due ruote o da cavallo, utilizzando sci, pattini, skate board, etc.) o sul perineo (sul bordo della vasca da bagno o bidet, sulla canna della bicicletta o sul serbatoio della motocicletta).

L'uso intensivo della bicicletta, il motocross, l’eccessiva attività ginnico-sportiva, soprattutto nell'età adolescenziale, che preveda il sollevamento di pesi, lo squatting, le flessioni forzate del dell’anca, etc.

Particolarmente frequenti sono tra le cause, gli interventi proctologici per emorroidi, prolassi, ragadi e ascessi anali, vari interventi per incontinenza urinaria da sforzo cosiddetti mini-invasivi.

E ancora la stipsi cronica con uso intensivo del torchio addominali per espellere le feci, i parti per via vaginale complicati da lacerazioni o episiotomie.

Un altro gruppo di cause o concause è costituito da quelle tossiche, come l'utilizzo prolungato intensivo di antibioticiche, in misura maggiore o minore possono avere come effetto collaterale neuropatie.

Tali eventi o condizioni traumatiche possono precedere l'inizio della sintomatologia anche di alcuni mesi o, raramente, anni.

Il denominatore comune è il dolore di tipo neuropatico, che è correlato all’infiammazione neurogena. Il dolore neuropatico è caratterizzato da bruciore, prurito, sensazione di punture di spillo, di scariche elettriche.

Le sedi più frequenti sono lo scroto, il pene, il clitoride, l'ano e il retto, il perineo, ma anche l'area sovrapubica, gli inguini, il coccige, la radice delle cosce.

Come detto il dolore è massimale in posizione seduta, a volte è proprio impossibile tenere questa posizione per più di pochi minuti.

In posizione clinostatica tende a sparire ed è un dolore che non risveglia i pazienti dal sonno.

Nell'uomo il dolore può essere scatenato dall'eiaculazione e l'orgasmo.

Nella donna è talvolta presente una sindrome da eccitazione sessuale persistente (che gli autori anglosassoni definirono Persistent Sexual Arousal Syndrome (PSAS) caratterizzata da sensazioni pre-orgasmiche in situazioni e momenti non appropriati e al di fuori di ogni coinvolgimento erotico, di solito molto intrusive e fastidiose, e che non recedono nemmeno dopo orgasmo provocato.

Nell'uomo non sono infrequenti delle lesioni eritematose o eczematose sul glande, che non rispondono alle comuni cure dermatologiche.

Le sensazioni urente si possono concentrare sulla vulva (vulvodinia), sul clitoride (clitoridodinia) e sull'ano (anodinia).

La diagnosi si basa essenzialmente sull'anamnesi (le caratteristiche sintomatologiche sono di solito molto peculiari ed evocative) e sull'esame obiettivo. Vanno quindi ricercati segni loco-regionali, pelvici e/o perineali, di neuropatia e di infiammazione neurogena.

All’ispezione dei genitali eterni si osserva se vi è cianosi al glande del pene, eritema e/o edema alla vulva. L’ispezione va condotta anche in area sacro-coccigea, ove è possibile individuare un’area di cosiddetta buccia d’arancia (peau d’orange) o pelle d’oca (cute anserina), espressioni dell’infiammazione neurogena.

La sensibilità va valutata con la puntura di spillo in tutto il territorio di distribuzione del nervo pudendo, e si potrà riscontrare, nei casi più gravi, ipoestesia, ma più frequentemente iperestesia, iperalgesia, allodinia.

Spesso associata alla neuropatia del pudendo, nella donna, può essere la Vulvodinia che viene specificamente valutata con il test del Cotton Fioc (Swab Test) che si effettua toccando leggermente e strusciando delicatamente l’estremità smussa, rivestita di cotone, del bastoncino sulla mucosa del vestibolo.

La palpazione vaginale o rettale mira a ricercare i segni di una condizione di ipertono dei muscoli pelvi interni es esterni tramite l’individuazione di: 

Ipertono dei singoli muscoli, evidenziabile con maggiore tensione dei fasci muscolari, resistenza alla pressione digitale, spesso associate a dolorabilità durante la manovra

Trigger point, ovvero punti molto dolorosi alla compressione digitale con irradiazione del dolore a distanza variabile)

Taut band (cordoncini fibrosi nel contesto del ventre muscolare che solitamente con una direzione obliqua tra due inserzioni muscolari sulle ossa)

Queste ultime due lesioni sono tipiche espressioni di uno stato di contrattura prolungata dei muscoli.

Vulvodinia è un termine derivato in parte dal Latino vulva e in parte dal Greco odynia (dolore). È un termine descrittivo che si riferisce a un dolore cronico nella regione vulvare che dura da almeno 3-6 mesi, in assenza di una causa specifica e obiettivamente evidente. Viene menzionata per la prima volta nel 1880, per poi essere ignorata per più di 80 anni e infine ricomparire nei testi di ginecologia nel 1980.

La definizione più attuale indica la vulvodinia come un disagio, spesso indicato come bruciore in area vulvare. Se la condizione non è estesa a tutta la vulva, ma solo al suo vestibolo (introito vaginale) si parla di Vestibolodina. Delle due forme, quest’ultima è quella di gran lunga più frequente!

Quando il dolore può essere avvertito spontaneamente, senza alcun contatto, allora si parla di Vulvodinia Spontanea, se invece è provocato da un contatto fisico (come ad esmpio, rapporti penetrativi, indumenti stretti, introduzione di speculum ginecologico, utilizzo di assorbente, ecc.) si parla di Vulvodinia Provocata.

Spesso le due forme, spontanea e provocata, coesistono.

La vulvodinia è una malattia diffusa e altamente invalidante, con grande impatto negativo sul benessere personale e psicologico della donna.

La vulvodinia colpisce di solito giovani donne (massima incidenza tra 20 e 40 anni) caratterizzata da dolore vulvare cronico di varia intensità, senza una concomitante patologia organica evidenziabile clinicamente.

Il sintomo principale è il dolore vulvare, che è tipicamente “bruciante”, meno frequentemente avvertito come prurito.

La sensazione dolorosa può avere varie caratteristiche: prurito, punture di spillo, bruciore, fitte (spesso descritte come coltellate), dolore gravativo come una contusione, sensazione di scariche elettriche. I rapporti fanno male, solitamente proprio al vestibolo (all’ingresso vaginale), talora sono impossibili, e si può avere dolore per ore o giorni successivi.

Si può avvertire sensazione di secchezza vaginale. Il bruciore può estendersi anche all’ano e al clitoride. Le mucose vulvari spesso sono arrossate e i tessuti gonfi. A volte si formano vere e proprie ragadi al vestibolo (solitamente dopo un rapporto), per lo più alla commessura vaginale posteriore (area della forchetta).

Altro sintomo molto frequente è il bruciore minzionale, soprattutto al termine della minzione, dovuto al contatto dei sali contenuti nell’urina con la mucosa vulvare ipersensibile. Se coesiste ipertono della muscolatura pelvica sono possibili anche aumento della frequenza minzionale, mitto rallentato, mitto intermittente, sensazione di svuotamento vescicale incompleto.

Caratteristicamente i sintomi non sono sempre presenti con la stessa intensità ma oscillano nella giornata, peggiorano il pomeriggio sera, non sono quasi mai avvertiti di notte e al risveglio mattutino, presentano periodi si miglioramento e di riacutizzazione alternati nel tempo. Durante il ciclo mestruale peggiorano poco prima o poco dopo il flusso mestruale. Peggiorano con il freddo, l’umidità, lo stress emotivo, con l’utilizzo di antibiotici e l’applicazione di sostanze chimiche locali (antimicotici, antibiotici, cortisone, disinfettanti, detergenti intimi).

Sì, frequentemente e di solito sono conseguenti a una ostruzione funzionale a livello uretrale, sostenuta come già detto da un ipertono o da un mancato rilasciamento dello sfintere uretrale esterno che:

se avviene in una fase preminzione, può determinare una inibizione del riflesso della minzione (esitazione minzionale, disuria, minzione con uso del torchio addominale, ritenzione urinaria di varia entità);

se avviene durante la minzione può ostacolare il flusso (ipovalidità del getto, intermittenza, sensazione di incompleto svuotamento vesciale, residuo postminzionale in vescica). 

Anche la fase di riempimento vescicale può essere alterata, di solito per presenza di stimolo minzionale frequentissimo (o pressochè costante), molto fastidioso, per lo più secondario all’ostruzione funzionale data dall’ipertono muscolare. Quindi la paziente urina frequentissimamente sia di giorno (pollachiuria) che di notte (nicturia).

Inoltre la presenza, variabile, di residuo post-minzionale, può favorire la comparsa di infezioni urinarie ricorrenti, con episodi di cistite acuta, e quindi improvvisi aggravamenti della frequenza minzionale e comparsa di bruciori/dolori minzionali.

Pertanto è possibile riscontrare tutta la varietà di sintomi minzionali, sia a carico della fase di riempimento che a carico della fase di svuotamento vescicale.

La diagnosi si basa esclusivamente sull’anamnesi dettagliata e su un attento esame obbiettivo della vulva e dell’introito vaginale (vestibolo) indirizzato alla ricerca della ipersensibilità vulvare o vestibolare, e all’eventuale presenza di ipertono dei muscoli pelvici.

La metodologia standard per “mappare” la sensibilità vulvare è quella di utilizzare un bastoncino di cotone (test del cotton fioc o Swab Test). La pressione viene applicata a varie porzioni della vulva e del vestibolo per valutare l’estensione e le caratteristiche del dolore e per quantificare a quale grado di pressione applicata dall’esaminatore viene provocato il dolore. La donna normalmente avverte la sensazione su una scala di dolore nominale, da 1 (minimo dolore) a 3 (medio dolore) a 5 (massimo dolore).Per testare la presenza di ipertono muscolare pelvico si procede a una digitopressione su vari settori muscolari per via vaginale o rettale alla ricerca di punti dolorosi detti trigger point.

Un aspetto molto diffuso della vulvodinia è che le donne con questa condizione frequentemente riferiscono che hanno provato dolore per molti mesi, spesso anni, prima che fosse fatta una diagnosi.

Più volte i vari specialisti concludevano che i loro sintomi erano “tutti nella loro testa” portando la paziente stessa alla conclusione che il proprio dolore non è reale. Per questo motivo la mancanza di una diagnosi di vulvodinia può contribuire allo stress interpersonale e all’assenza di un supporto famigliare per la donna.

Sebbene il percorso di cura del dolore pelvico cronico con vulvodinia o neuropatia del pudendo sia lungo, lento e fatto di alti e bassi, con il giusto approccio e le giuste terapie è possibile arrivare a risultati significativi con miglioramento della qualità di vita, fino alla guarigione completa. Solitamente propongo una terapia multidisciplinare integrata e sempre adattata il più possibile:

- ai meccanismi patogenetici in gioco

- alle comorbidità (patologie concomitanti)

- all’entità dei sintomi

alle caratteristiche psicofisiche dei pazienti

al modo in cui il peso della malattia interagisce sulla psiche

- a fattori di rischio generali o controindicazioni farmacologiche (problematiche cardiovascolari, coagulative, allergiche, stato di gravidanza, malassorbimenti, ecc.). 

Lo scopo della terapia è quello di:

- ridurre l’infiammazione locale, 

- regolarizzare la trasmissione dei nervi, 

- rilassare la muscolatura contratta. 

Prima di impostare una terapia è indispensabile che i pazienti abbiano chiara la diagnosi e le caratteristiche della malattia di cui soffrono, e bisogna aiutarli ad avere delle aspettative ragionevoli sulle possibilità e sui tempi dei miglioramenti e della guarigione, e bisogna sensibilizzarli ad avere comportamenti congrui con l’attuale stato di salute e atti a favorire il buon esito delle cure.

È di estrema importanza che si arrivi a un approccio condiviso e consapevole del percorso terapeutico. Per tutto questo è necessario dedicare molto tempo all’ascolto, al dialogo e alle spiegazioni, magari aiutandosi anche con testi informativi standard che i pazienti possano rileggere a casa, e quindi prevedere una tempistica adeguata per le visite, soprattutto la prima.

I presidi utilizzabili in varie associazioni e tutti ugualmente importanti sono:

- Modifiche degli stili di vita e l’osservanza stretta di Norme Comportamentali

- Farmaci ed Integratori Antineuropatici (che curano i nervi periferici)

- Farmaci ed Integratori Miorilassanti (che risolvono l’ipertono muscolare)

- Farmaci Antidolorifici (tra cui il più efficace è Tramadolo, i comuni antidolorifici sono spesso inefficaci)

-Farmaci per applicazione locale (vulvare, vaginale, rettale)

Fisioterapia Pelvica (Terapia Manuale dei trigger point)

- Infiltrazione di Tossina Botulinica nei Muscoli Pelvici Ipertonici

- Un eventuale supporto psicoterapeutico (psicoterapia cognitivo-comportamentale), laddove se ne riscontri l’utilità, soprattutto nelle fasi iniziali del percorso terapeutico e nei casi più sintomatici

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri