STUPEFACENTE ALLEATO

Funghi magici e Lsd potrebbero aiutare contro la depressione

Stupefacenti allo studio tramite le scannerizzazioni del cervello

04 Lug 2014 - 10:53
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Una nuova ricerca condotta su funghi allucinogeni e Lsd mostra che il cervello entra in uno stato simile al sogno durante un trip da stupefacenti e gli scienziati sperano che le loro scoperte possano aiutare a combattere la depressione. Lo studio è stato portato avanti dai ricercatori dell'Imperial College London e della Goethe University. I risultati sono stati pubblicati su Human Brain Mapping.

Funghi magici e Lsd potrebbero aiutare contro la depressione

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Stato simile al sogno - Lo studio ha mappato, tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), l'attività cerebrale di 15 volontari a cui è stata inietta la psilocibina, sostanza chimica psichedelica che è il principio attivo dei funghi allucinogeni. Le ricerche hanno svelato alcune somiglianze con le attività cerebrali che si verificano mentre si dorme.

Maggiore sincronia tra le aree cerebrali -
Le attività in alcune aree del cervello diventano più sincronizzate sotto l'effetto della droga, sembra che lavorino in maniera più coordinata. Tra queste aree, l'ippocampo - associato con la memoria e l'emozione - e la corteccia cingolata anteriore - correlata agli stati di eccitazione.

Enzo Tagliazucchi della Goethe University, in Germania, ha detto: "La sostanza fornisce una finestra attraverso cui studiare le porte della percezione".

Un possibile aiuto contro la depressione - Robin Carhart-Harris from the Department of Medicine, Imperial College London, ha aggiunto: "Imparare i meccanismi che si verificano sotto l'effetto di droghe psichedeliche può aiutare a capire i loro possibili usi. Attualmente stiamo studiando gli effetti dell'Lsd sul pensiero creativo e stiamo considerando la possibilità che la psilocibina possa aiutare ad alleviare i sintomi della depressione permettendo ai pazienti di cambiare i loro schemi pessimistici del pensiero. Le sostanze psichedeliche erano usate con propositi terapeutici negli anni Cinquanta e Sessanta ma adesso stiamo iniziando a comprendere il modo in cui agiscono nel cervello e questo può dirci come farne buon uso".

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