UNA RICERCA INGLESE

Dall'ansia al sovrappeso, la genetica è "contagiosa"

Gli effetti indiretti del codice genetico sono stati "pesati" per la prima volta grazie ad un esperimento sui topi

31 Gen 2017 - 17:00

La genetica può avere effetti "contagiosi": il Dna di un individuo è infatti in grado di condizionare non soltanto la sua salute, ma anche quella di chi gli vive accanto, influenzando ad esempio peso corporeo, livelli di ansia e difese immunitarie. Questi effetti indiretti del codice genetico sono stati "pesati" per la prima volta grazie a un esperimento sui topi condotto all'Istituto europeo di bioinformatica (Embl-Ebi) di Hinxton, in Gran Bretagna.

I risultati, pubblicati su Plos Genetics, aprono nuove prospettive per lo studio di molte complesse malattie umane, in cui ci sono dei tratti che sembrano inspiegabili alla luce dell'assetto genetico del paziente e che costituiscono la cosiddetta "ereditarietà mancante".

L'importanza del contesto in cui si vive - "Le persone si condizionano a vicenda per quanto riguarda i comportamenti, la salute e il benessere, questo lo sapevamo già - spiega la coordinatrice dello studio, Amelie Baud -. Quello che ci mancava era la consapevolezza dell'esistenza di una base genetica per questo fenomeno. Se sei un ricercatore che vuole scoprire i legami tra una malattia e il Dna, è importante analizzare non solo il paziente, ma anche il contesto sociale in cui vive".

La genetica dei vicini - I ricercatori hanno provato ad analizzare tale effetto "contagioso" per la prima volta sui topi, osservando come un centinaio di tratti fisici e comportamentali venissero condizionati dal Dna dei loro compagni di gabbia. Dai dati raccolti è emerso che la genetica dei vicini è davvero cruciale e può spiegare fino al 29% delle variazioni osservate, ad esempio, in fatto di ansia, insonnia, sovrappeso, guarigione delle ferite e difese immunitarie.

L'esempio del ritmo sonno-veglia - La scoperta potrà avere importanti ricadute per l'uomo, perché permette di valutare in modo più immediato l'impatto che il contesto sociale può avere sul paziente senza dover indagare i mille comportamenti che possono mediare questo effetto. Basti pensare, per esempio, ad una persona mattiniera che vive con un partner che invece preferisce fare tardi la sera perché il suo Dna scandisce un altro ritmo sonno-veglia.

"Mettiamo che questa persona sviluppi una malattia legata alla carenza di sonno, ma non essendone consapevole - sottolinea Baud - non ne parla con il medico che, a sua volta, non chiede nulla. Se la ricerca dimostra che c'è un legame tra la malattia e i geni che controllano il ritmo sonno-veglia del partner, il medico potrà sondare le abitudini di vita in modo più efficace, dando i giusti consigli per risolvere il problema".

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