Salute

Giornata del donatore di sangue, il presidente Avis a Tgcom24: “Donare è un dovere civico”

Gianpietro Briola: “Crescono i numeri dei giovani. Trovare sangue negli ospedali è un diritto. L'Italia importa il 25% delle scorte di medicinali plasmaderivati"

di Stefania Bernardini
14 Giu 2024 - 10:38
 © Ufficio stampa Avis

© Ufficio stampa Avis

“La donazione è un dovere civico perché ognuno ha il diritto di trovare sangue negli ospedali”. Con queste parole Gianpietro Briola, il presidente Avis, spiega a Tgcom24 l’importanza della Giornata Mondiale del Donatore di Sangue. L'iniziativa è nata nel 2004 e si celebra per sensibilizzare la popolazione a compiere un gesto che può salvare la vita di molte altre persone. In Italia i donatori sono un milione e 700mila di cui un milione e 300mila di Avis.

Presidente Gianpietro Briola, perché è importante donare il sangue?

Perché i globuli rossi, le piastrine e i farmaci emoderivati non possono essere riprodotti in laboratorio e possono essere ottenuti esclusivamente da donazioni volontarie, anonime, gratuite e periodiche. Se da un lato cominciamo a notare una stabilizzazione della richiesta di globuli rossi, la domanda di farmaci plasmaderivati è in continuo e costante aumento. Occorre, inoltre, sottolineare che il nostro Paese è autosufficiente nella raccolta di globuli rossi, mentre è ancora costretto a importare dall’estero circa il 25% delle scorte di medicinali plasmaderivati. La terapia trasfusionale è una terapia salva vita che può essere prodotta solo con la donazione di sangue.

Quali sono le patologie che hanno più bisogno di trasfusioni di sangue?

Le trasfusioni sono impiegate, per esempio, nella cura della talassemia, oppure durante gli interventi chirurgici o in presenza di emorragie provocate da gravi incidenti stradali. I farmaci plasmaderivati, invece, sono fondamentali nel trattamento di numerose patologie ed esigenze cliniche come l’emofilia, le malattie epatiche, le ustioni, i trapianti, le immunodeficienze primitive e acquisite, oltre alla prevenzione dell’epatite B, del tetano e molto altro ancora.

C'è una fascia d'età predominante tra i donatori in Italia?

La fascia predominante è quella compresa tra i 46 e i 55 anni. Tuttavia c’è da sottolineare che lo scorso anno è tornato a crescere il numero dei donatori giovani. Per la prima volta da almeno dieci anni, i donatori compresi nella fascia d’età tra i 18 e i 45 anni sono aumentati di circa 7mila unità rispetto all’anno precedente. Un risultato sicuramente positivo che però rientra in una tendenza ultradecennale all’invecchiamento della popolazione dei donatori, tendenza che trova conferma nel confronto con gli anni precedenti. Nel 2023 i donatori tra 18 e 45 anni hanno rappresentato infatti il 50,7% del totale; solo 5 anni prima, nel 2018, tale percentuale era del 55%.

Le donazioni arrivano in maniera omogenea da tutta Italia? Ci sono aree in cui c’è una maggiore richiesta di donazioni?

Direi che le regioni del Nord, Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna sono quelle dove c’è una maggiore presenza di donatori. C’è qualche problema al Sud dove c’è una minore presenza perché l’organizzazione degli ospedali è diversa ma comunque si sta avvicinando a una migliore gestione. Quindi diciamo che al Nord storicamente c’è molta più disponibilità, ma in tutta Italia si riesce più o meno a coprire la richiesta. L’unica regione che, in qualche modo fa eccezione, è la Sardegna perché ha un alto tasso di pazienti talassemici che devono essere trasfusi ogni due settimane. I cittadini sardi, con tutta la buona volontà, non riescono a compensare questa necessità e hanno bisogno di ricevere delle sacche da fuori.

Ci sono delle fake news a cui le persone tendono a credere e che le portano a rinunciare alla donazione?

La fake news più grande che abbiamo dovuto contrastare negli ultimi anni era legata al presunto pericolo di somministrare le trasfusioni del sangue prelevato da donatori vaccinati contro il Covid. Per il resto sono ancora abbastanza diffuse la paura dell’ago, il timore di svenire o di mettere a rischio la propria salute. Noi ripetiamo sempre che la donazione è sicura perché tutto il materiale impiegato è sterile e monouso ed è un’occasione per sottoporsi a un controllo costante e gratuito del proprio benessere fisico.

Come si diventa donatore?

Bisogna avere un’età compresa tra i 18 e i 60 anni, mentre si può continuare a donare anche fino ai 70 anni. Si deve pesare almeno 50 kg e godere di buona salute, mantenendo dei comportamenti corretti a tutela della propria salute e di quella degli altri. Il donatore, lo diciamo sempre, è un cittadino responsabile che conduce uno stile di vita sano, attento e consapevole.

Quali sono le iniziative di Avis per la Giornata Mondiale del donatore?

Numerosi sono gli eventi promossi dalle oltre 3.300 sedi Avis presenti su tutto il territorio nazionale. Raccolte straordinarie, ma anche manifestazioni musicali, sportive, momenti di approfondimento che si pongono il duplice obiettivo di ringraziare chi dona e sensibilizzare un numero sempre maggiore di cittadini. Ricordiamo, poi, la suggestiva illuminazione di rosso di palazzi pubblici e delle fontane di molti comuni, la tradizionale donazione dei parlamentari nella Capitale e un momento celebrativo al Senato.

Cosa fa Avis per convincere i giovani a donare?

Abbiamo modificato un po’ le nostre strategie. Se fino a qualche tempo fa lo slogan “Porta un amico all’Avis” era il motto che più usavamo, oggi con i giovani questo non funziona più. Sono cambiati i canali della comunicazione e ci siamo adeguati. Siamo arrivati su TikTok, lanciando un canale che sta dando dei buoni risultati dal punto di vista dello stimolo informativo (i video Avis hanno raggiunto oltre 200mila visualizzazioni, ndr). I social sono uno strumento fondamentale per stimolare la curiosità e per far arrivare il messaggio ai più giovani. Abbiamo cambiato il tono di voce usando un linguaggio più leggero e accattivante. L’obiettivo ora è fidelizzarli, quindi farli tornare a donare.

Come si riesce a fidelizzarli?

La nostra esperienza ci dice che quando una persona viene a donare se trova una buona accoglienza, buone condizioni, un buon centro e un buon ascolto, è poi portata a tornare. L’altra cosa che noi facciamo è quella di tenerli in contatto con Avis, quindi chiamarli per ricordargli di venire a donare, chiedergli come stanno e se siano pronti a tornare o se siano disponibili anche a collaborare con l’associazione. Poi ci sono varie iniziative di tipo sportivo, come squadre di calcio o di pallavolo, eventi d’intrattenimento come concerti di cantanti rap o amati dai giovani, aperitivi, feste all’aperto. Si tende a creare una sorta di comunità unita dai valori della solidarietà, del rispetto, del riconoscere pari dignità a ogni altra persona che ha bisogno d’aiuto.

Qual è la sfida dell’Avis?

Abbiamo avuto un aumento di donatori nel corso del 2023, il problema è che ogni anno dall’associazione esce circa il 10% dei donatori o per raggiunti limiti d’età o per motivi di salute. Servono molte campagne di sensibilizzazione e una grande strategia. Abbiamo sul territorio italiano un milione e trecentomila donatori e ciò significa che, per garantire il necessario ricambio generazionale, ogni anno dobbiamo riuscire a coinvolgere almeno 130mila giovani.

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