"Si tratta di una malattia molto diffusa, che necessita di un adeguato inquadramento, dalla diagnosi tempestiva alla terapia più opportuna", afferma il dottor Campisi, massimo esperto del settore, a Tgcom24
di Lorenzo Panzeri© ufficio-stampa
"Il linfedema è una malattia tutt'altro che rara, ma di cui ancora si parla poco. Si tratta di un accumulo anormale di linfa, perlopiù agli arti, dovuto a un malfunzionamento del sistema linfatico. Un problema molto spesso sottostimato, ma che grazie alla microchirurgia può essere risolto". Lo afferma Corrado Cesare Campisi, chirurgo genovese di fama internazionale, a Tgcom24 in occasione della Giornata mondiale del linfedema. A Roma, presso l'Auditorium del ministero della Salute, insieme ai massimi esperti del settore sono intervenuti anche alcuni pazienti per portare la loro testimonianza diretta.
Pazienti non solo italiani, ma anche stranieri, come inglesi e neozelandesi che, addirittura, si sono trasferiti nel nostro Paese per curarsi. Non a caso il polo di riferimento mondiale nel trattamento della patologia si trova a Genova. Il linfedema colpisce 300 milioni di persone in tutto il mondo. In Italia l'incidenza è pari a 40mila nuovi caso ogni anno. Inoltre, nel nostro Paese, i pazienti che presentano un linfedema cronico sono più di 2 milioni. "E' una malattia molto diffusa, che necessita di un adeguato inquadramento, dalla corretta e pronta diagnosi alla terapia più opportuna", sottolinea il dottor Campisi, referente scientifico della Giornata mondiale del linfedema.
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Come si manifesta il linfedema e quali sono i soggetti più a rischio?
"Il linfedema - spiega - colpisce spesso le donne, ma vi è un buon numero di pazienti anche tra gli uomini. A volte è congenito (definito primario) e non ha una causa specifica. L'obesità è tra i fattori di rischio. Può sorgere dopo una storta o in seguito a una piccola infezione, ma può essere presente fin dalla nascita. Tuttavia più frequentemente è conseguenza della chirurgia oncologica: spesso durante le terapie, infatti, possono essere necessarie asportazioni di linfonodi, ad esempio ascellari, inguinali, sovra-inguinali o pelvici. Sono proprio gli esiti di questi trattamenti - compreso l’impiego, ove necessario, di radioterapia - a condurre, potenzialmente, all'insorgenza di un linfedema secondario".
Ma è possibile prevenire l'insorgenza di un linfedema?
"Evitare l'insorgenza di un linfedema - assicura - è possibile, andando a preservare le strutture linfatiche nel corso dell'intervento da parte del chirurgo oncologo. Detto a livello semplicistico, nel momento in cui vengono asportati i linfonodi, si va a by-passare il sistema linfatico, ottenendo così una prevenzione dell'edema. Accanto a questo tipo di prevenzione, definita primaria, c'è anche una prevenzione secondaria, che concerne la diagnosi tempestiva, e una terziaria, che mira ad evitare complicanze, legate principalmente alle infezioni".
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Come si impostano una corretta diagnosi e un idoneo piano terapeutico?
"Innanzitutto - sottolinea il dottor Campisi - è importante dire che occorre rivolgersi a uno specialista. Esistono esami specifici, in particolare la linfoscintigrafia, che permettono di visualizzare in modo dettagliato la circolazione linfatica di una parte specifica del corpo (in genere gli arti, ma non solo) in modo da capire il grado di compromissione del sistema linfatico. A quel punto si può optare per la terapia più specifica e meno invasiva: con la microchirurgia si può guarire. Al contrario, se la patologia viene trattata dall'esclusivo punto di vista riabilitativo, ricorrendo ad elasto-compressione o a trattamenti fisici come il linfodrenaggio, si otterrà certamente sollievo, ma solo temporaneo, essendo rimedi sintomatologici".
Con la microchirurgia è, dunque, possibile guarire completamente dal linfedema?
"Se diagnosticato in tempo, assolutamente sì. E vi sono ottimi risultati anche nei casi avanzati, grazie all'utilizzo di tecniche chirurgiche complementari dopo la microchirurgia. A prescindere dalla gravità del proprio linfedema, il consiglio che posso dare è quello di programmare un incontro con un chirurgo esperto e qualificato in questo settore. Nelle fasi precoci, infatti, il tempismo diagnostico può addirittura portare a una guarigione del 100%. E' fondamentale, però, che i pazienti in stadio avanzato non si sentano persi e senza speranza: si può sempre ottenere un buon risultato, e le percentuali di miglioramento sono altissime (con guarigioni fino al 90%), anche se il percorso sarà magari più lungo".