Il farmaco, testato sull'uomo, ha lo scopo di portare a un riconoscimento del virus e al controllo dell'infezione
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Le terapie antiretrovirali disponibili sono efficaci e garantiscono un'ottima qualità di vita alle persone che vivono con infezione da Hiv, ma un vaccino che possa controllare l’infezione non è ancora disponibile. É per questo che i team di ricerca "Evoluzione e trasmissione virale", diretto dalla dottoressa Gabriella Scarlatti, e quello dell’Unità di malattie infettive, diretta dalla professoressa Antonella Castagna, entrambe dell’ospedale San Raffaele di Milano, hanno avviato uno studio clinico rivolto a persone che vivono con Hiv per testare il profilo di sicurezza e il livello della risposta immune di un nuovo vaccino, HIVconsvX, a potenziale scopo terapeutico.
Lo studio del San Raffaele HIV-CORE007, finanziato anche dal Ministero della Salute, prevede di arruolare 33 volontari HIV-1 positivi (≥18 anni e ≤60 anni) che hanno iniziato precocemente la terapia antiretrovirale con un regime stabile da almeno tre mesi e che hanno controllato stabilmente l’infezione da almeno due anni.
Nella prima parte, verrà condotto uno studio per valutare il profilo di sicurezza del nuovo vaccino somministrato per via intramuscolare una prima volta e successivamente una seconda dopo quattro settimane.
Una seconda parte dello studio vuole testare l’immunogenicità, ossia il livello della risposta immune, del vaccino e la capacità di controllare il virus. Lo studio è pertanto randomizzato per ricevere il regime vaccinale o un placebo.
“Ipotizziamo che questo regime vaccinale sia in grado di potenziare la riposta immunitaria contro sequenze rilevanti del genoma di HIV e così favorirne il controllo della replicazione”, afferma Raffaele Dell’Acqua, infettivologo e principal investigator dello studio.
Il vaccino è fornito dal professor Tomas Hanke dello Jenner Institute all’Università di Oxford ed è già stato testato in precedenza, con risultati incoraggianti, in volontari senza infezione da HIV. HIVconsvX è un vaccino a mosaico creato per una vasta gamma di varianti dell’HIV-1, potenzialmente applicabile ai diversi ceppi di HIV in qualsiasi regione geografica.
A causa della sua grande variabilità e mutabilità, l’eradicazione di HIV è difficile da raggiungere, ma un vaccino terapeutico potrebbe favorire un controllo duraturo ed efficace dell’infezione.
“Insieme al mio gruppo di ricerca, crediamo che questa e ricerche simili alla nostra possano profilare opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone che vivono con Hiv, migliorandone il benessere e la qualità di vita, non ultimo in popolazioni che non hanno accesso continuo ai farmaci”, sottolinea la dottoressa Scarlatti.
Nel mondo sono 85.6 milioni le persone che vivono con Hiv e di queste 160.000 solo in Italia, dove le nuove infezioni diagnosticate nel 2022 sono circa 2000. “AIDS e infezione da Hiv sono tutt’altro che scomparsi. La ricerca di nuove cure, tra cui vaccini, è per questo un’assoluta priorità della comunità scientifica internazionale”, afferma Scarlatti.
A oggi, i farmaci antiretrovirali a disposizione riescono a bloccare con successo la replicazione del virus e a rendere la sua presenza nel sangue non rilevabile, rendendo l’aspettativa di vita di una persona che vive con Hiv sovrapponibile a quella della popolazione generale. Tuttavia le terapie antiretrovirali, anche se si tratta di farmaci long acting che possono essere somministrate con lunghi intervalli di tempo, devono essere proseguite per tutta la vita.
“La loro interruzione induce, nella maggior parte dei casi, un rebound virale, ovvero una ricomparsa della carica virale plasmatica entro tre-quattro settimane”, afferma la professoressa Castagna.
Oltre a richiedere una rigorosa aderenza per la loro efficacia, ulteriori problematiche risiedono nella possibilità di effetti collaterali legati alla lunga durata di assunzione. Non ultimo, tutte queste terapie sono di difficile accesso alle popolazioni nei paesi in via di sviluppo.