Impiantate a Bologna le prime protesi di ossa stampate in 3D: progettate "su misura"
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Per realizzarle sono stati usati i dati ricavati con tac e risonanza. A beneficiarne sono stati cinque ragazzi di età media 25 anni colpiti da tumore
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Sono state impiantate all'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna le prime protesi ossee stampate in 3D, progettate "su misura" per cinque ragazzi di età media 25 anni. Per realizzarle i ricercatori hanno utilizzato i dati dei pazienti ricavandoli da tac e risonanza. I ragazzi avevano le ossa del bacino compromesse da un tumore o dal fallimento di una precedente protesi. Un caso simile è stato registrato soltanto nel 2014, in Inghilterra.
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La stampante 3D realizza le protesi come se fossero pezzi mancanti di un puzzle tridimensionale, così poi "si incastrano" esattamente dove i chirurghi asportano la parte d'osso malata. In questo modo è stato possibile realizzare un bacino virtuale, per poi identificare il "pezzo" che andava sostituito.
Più probabilità di tornare a camminare - Le protesi impiantate a Bologna sono state prodotte in titanio. Il vantaggio - ha spiegato Davide Donati, direttore dell'Oncologia ortopedica del Rizzoli - è la possibilità di ottenere "la ricostruzione più appropriata possibile dal punto di vista anatomico dei rapporti tra femore e bacino". In poche parole, dopo l'intervento i pazienti hanno maggiore possibilità di riprendere a camminare correttamente. Ma gli obiettivi della stampa 3D in medicina sono ancora più ambiziosi: il bioprinting mira infatti a creare dispositivi su misura fatti da un mix di sostanze plastiche, ma anche umane.
Protesi in materiale "misto" entro un anno - "Oggi si usano già biomateriali come plastica o titanio - ha spiegato Pier Maria Fornasari, direttore della Banca del tessuto muscolo-scheletrico del Rizzoli - e il vantaggio della manifattura a 3D è che può stampare negli strati di materiale le cellule del paziente". In altri termini, "la cartuccia di materiale per la stampa può contenere cellule del paziente". Questo futuro, fatto di materiale umano mescolato a quello biocompatibile non umano, è davvero imminente: "secondo me ci arriveremo tra sei mesi, un anno", ha dichiarato la Fornasari.