Una recente ricerca ha individuato proprietà antivirali in BTN3A3. Studiando la resistenza al gene dei diversi ceppi, sarà possibile capirne il potenziale pandemico, così da adottare in anticipo misure per bloccare l'infezione
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D'ora in avanti l'influenza aviaria potrebbe fare meno paura: a quanto scoperto da un recente studio, in tutti gli esseri umani è presente un gene in grado di prevenire l'infezione. Indicato con la sigla BTN3A3, il gene può essere trovato nei polmoni e nel tratto respiratorio superiore, proprio dove si replicano i virus influenzali. BTN3A3 era già stato identificato dagli scienziati, ma solo adesso sono state scoperte le sue abilità antivirali, apparse apparentemente per la prima volta 40 milioni di anni fa nei primati. La scoperta viene da una ricerca condotta in sei anni dall'MRC-University of Glasgow Centre for Virus Research.
Stando ai risultati dello studio, alcune mutazioni genetiche consentono ai virus dell'influenza aviaria e suina di sfuggire agli effetti di BTN3A3, infettando le persone. Tutte le pandemie influenzali, inclusa la spagnola del 1918 e la suina del 2009, sarebbero dunque il risultato di ceppi virali mutati e divenuti resistenti a BTN3A3. Una scoperta, questa, che ha immediate applicazioni pratiche: attraverso test su uccelli, pollame, maiali e altri animali suscettibili ai virus influenzali, sarebbe possibile studiare la sequenza genica dei ceppi virali, valutandone la resistenza a BTN3A3 e determinandone dunque il potenziale pandemico. "Adesso, quando troviamo casi di influenza aviaria, possiamo tamponare uccelli malati, carcasse o feci e scoprire se il virus può superare il gene BTN3A3", ha dichiarato al The Guardian la dottoressa Rute Maria Pinto, autrice principale dello studio. "Se il virus può in effetti superare BTN3A3, allora dovrebbero essere messe in atto misure più rigorose per prevenire i salti di specie".
Individuata in Italia per la prima volta più di un secolo fa, l'aviaria è una malattia degli uccelli prodotta da un virus influenzale di tipo A (H5N1). In varie circostanze si sono verificati salti di specie, con ceppi virali che hanno contagiato gli esseri umani. Il primo caso di infezione umana da H5N1 fu registrato a Hong Kong nel 1997. Una vera e propria epidemia scoppiò nel 2003 nel Sudest asiatico: da allora 873 casi di infezione sono stati riportati all'Organizzazione mondiale della sanità. 458 si sono conclusi con la morte delle persone infettate. Se causata da una forma virale altamente patogenica, la malattia insorge infatti in modo improvviso e quasi il 100% delle volte provoca una morte rapida. Una malattia che ha spaventato il mondo intero, ma di cui, un giorno, potremmo smettere di avere timore. Merito anche della ricerca dell'Università di Glasgow.