Secondo alcuni studiosi americani, senza "prevenzione secondaria" (le terapie che si prescrivono a persone che potrebbero avere o che hanno già avuto queste patologie), il rischio si impenna
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Sono sottoutilizzati a livello globale i farmaci prescritti per la "prevenzione secondaria" per le malattie cardiovascolari (Cvd), ovvero terapie come gli antipertensivi o altre medicine che si prescrivono a persone già a rischio o con un evento cardiovascolare pregresso; meno della metà dei pazienti li assume, col rischio di andare incontro a nuovi eventi cardiovascolari.
A rivelarlo è uno studio pubblicato su Jacc, la rivista di punta dell'American College of Cardiology. Lo studio ha tenuto sotto osservazione per oltre 12 anni partecipanti con problemi cardiovascolari provenienti da 17 Paesi e ha trovato che l'uso di farmaci rimane basso, anche se varia in base al livello di reddito della nazione, e che si riduce nel tempo, cioè risulta più basso all'ultima visita dello studio rispetto alla prima visita in tutti i Paesi, a eccezione di quelli a reddito medio-alto. Complessivamente, l'uso di almeno un farmaco per la prevenzione secondaria si assesta sul 41,3% dei pazienti alla visita iniziale dello studio, raggiunge un picco del 43,1% per poi calare al 31,3% all'ultima visita dello studio. Nei Paesi ad alto reddito, l'uso è diminuito dall'88,8% al 77,3%. Nei Paesi a reddito medio-alto è aumentato dal 55% al 61,1%. Nei Paesi a reddito medio-basso è iniziato con il 29,5%, ha raggiunto un picco del 31,7% ed è sceso al 13,4%. Nei Paesi a basso reddito, è aumentato dal 20,8% fino a un picco del 47,3%, per poi scendere al 27,5%. L'uso di tre o più classi di farmaci comprovati per la prevenzione secondaria è stato sostanzialmente inferiore a quanto necessario per proteggersi da nuovi eventi cardiovascolari in tutti i Paesi esaminati.
"I nostri risultati suggeriscono che le attuali strategie di prevenzione secondaria continuano a lasciare la maggior parte delle persone con malattie cardiovascolari non trattate o sottotrattate ed evidenziano la generale mancanza di progressi nell'aumentare l'uso di farmaci per la prevenzione secondaria delle Cvd nella maggior parte del mondo", dichiarano gli autori dello studio.