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Nasce la "mano bionica", la protesi robotica comandata con il pensiero

"Impiantata" su tre uomini austriaci il cui arto era rimasto paralizzato a seguito di un incidente

25 Feb 2015 - 01:00
 © ansa

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Prima era impossibile anche fare i gesti più semplici, come abbottonarsi una camicia, dopo, grazie "all'impianto" di una "mano bionica", tre uomini austriaci rimasti paralizzati a una delle mani, sono tornati a una vita normale. L'unicità del nuovo arto è data dalla possibilità di comandarlo attraverso il pensiero: si tratta infatti di una protesi robotica che funziona grazie a sensori che captano i piccoli segnali nervosi residui.

Nasce la "mano bionica", la protesi robotica comandata con il pensiero

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© ansa  | Dario Farina, direttore del Dipartimento di ingegneria della neuroriabilitazione all'Università di Gottingen (Germania)
© ansa  | Dario Farina, direttore del Dipartimento di ingegneria della neuroriabilitazione all'Università di Gottingen (Germania)
© ansa  | Dario Farina, direttore del Dipartimento di ingegneria della neuroriabilitazione all'Università di Gottingen (Germania)

© ansa | Dario Farina, direttore del Dipartimento di ingegneria della neuroriabilitazione all'Università di Gottingen (Germania)

© ansa | Dario Farina, direttore del Dipartimento di ingegneria della neuroriabilitazione all'Università di Gottingen (Germania)

La nuova tecnica, battezzata "ricostruzione bionica", è stata sviluppata dal gruppo di Oskar Aszmann dell'Università di Vienna in collaborazione con l'italiano Dario Farina, direttore del Dipartimento di ingegneria della neuroriabilitazione all'Università di Gottingen (Germania).

I tre uomini, a seguito di incidenti di moto e sportivi, avevano riportato lesioni del "plesso brachiale", ovvero a quel sistema di nervi che trasmette dalla spina dorsale i segnali nervosi alle braccia e alle mani permettendone movimenti e sensibilità. In caso di danni al plesso l'uso della mano viene perso.

Una procedura complessa e articolata - La procedura di ricostruzione bionica eseguita sui tre è complessa e articolata in più fasi. Inizialmente, tramite dei sensori (elettrodi) si captano i segnali nervosi residui presenti nei nervi del plesso rimasti sani. Si tratta di flebili segnali, troppo deboli per muovere la mano, ma che invece sono di intensità sufficiente a comandare l'arto artificiale, una volta che questo è collegato all'avambraccio.

L'allenamento mentale e l'amputazione della mano paralizzata - I pazienti sono sottoposti a mesi di "allenamento mentale" (training cognitivo) allo scopo di insegnare loro a gestire e comandare quei segnali nervosi residui. Dopo che hanno imparato a farlo la loro mano non più funzionante viene amputata e al suo posto viene collegata (non è un vero impianto perché la mano artificiale non è connessa direttamente alle strutture ossee del paziente) la protesi.

Dopo si ha la fase post-intervento di riabilitazione in cui il paziente, forte del training mentale precedentemente svolto, impara a usare la sua mano nuova.

Il ritorno a una vita normale - I tre pazienti oggi riescono con la mano robotica a svolgere con precisione tutta una serie di azioni quotidiane (dall'abbottonarsi la camicia a versare dell'acqua etc) che per anni dopo l'incidente non avevano più potuto svolgere.

 

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