Liste d'attesa lunghe per una persona su tre. È quanto emerge dal 21esimo Rapporto "Ospedali & Salute", promosso da Aiop e realizzato in collaborazione con il Censis
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Nel 2023, il 42% dei pazienti con redditi più bassi, fino a 15mila euro, è stato costretto a procrastinare o a rinunciare alle cure sanitarie perché nell'impossibilità di accedere al Servizio sanitario nazionale e non potendo sostenere i costi della sanità a pagamento. Lo evidenzia il 21esimo Rapporto "Ospedali & Salute", promosso da Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) e realizzato in collaborazione con il Censis. La quota di chi è costretto a procrastinare o rinunciare alle cure scende al 32,6% dei redditi tra i 15mila e i 30mila euro, il 22,2% di quelli tra i 30mila e i 50mila euro e il 14,7% di quelli oltre i 50mila euro.
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L'indagine punta i riflettori anche su un altro fenomeno allarmante: "l'effetto erosivo" sulla ricchezza che, ovviamente, impatta in modo difforme sulle classi di reddito. Il 36,9% degli italiani ha infatti rinunciato ad altre spese per sostenere quelle sanitarie: è il 50,4% tra i redditi bassi, il 40,5% tra quelli medio-bassi, il 27,7% tra quelli medio-alti e il 22,6% tra quelli alti.
Secondo il Rapporto, negli ultimi 12 mesi, il 16,3% delle persone che hanno avuto bisogno di rivolgersi ai servizi sanitari si è recato in un'altra regione, nell'ambito delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario, al netto dunque di eventuali spostamenti per accedere a prestazioni in regime privatistico. La motivazione più ricorrente della mobilità, che riguarda il 31,6% dei migranti sanitari (e il 51,8% di coloro che dichiarano di essere in cattiva salute), è quella relativa all'eccessiva lunghezza delle liste di attesa nella propria regione.
Ai pazienti che 'migrano' in altre regioni bisogna anche aggiungere un 19,3% di coloro che - pur restando nell'ambito del Servizio sanitario regionale di pertinenza - sono costretti a percorrere più di 50 km per usufruire della prestazione di cui necessitano. Tra le motivazioni alla base della mobilità regionale nel Servizio sanitario, il 26,5% di segnalazioni indica la volontà di ottenere un servizio migliore, rispetto a quello che si ritiene si sarebbe ottenuto nel proprio Servizio sanitario regionale. A ciò si aggiunge un 17,1% di migranti sanitari che non ha trovato la particolare tipologia di prestazione sanitaria di cui aveva bisogno. E ancora: si sposta per avere un secondo parere l'8,7%, mentre il 9,8% lo fa perché abita in una zona di confine e le strutture fuori Regione sono più vicine o comode.
Il Rapporto evidenzia che il 53,5% degli italiani dichiara che, nel corso dell'anno, ha dovuto affrontare tempi di attesa eccessivamente lunghi rispetto alle tempistiche utili; il 37,4% segnala la presenza di liste bloccate o chiuse, nonostante siano formalmente vietate. Il risultato è che ogni 100 tentativi di prenotazione nel Ssn, le prestazioni che restano nella Sanità pubblica (pubblico e privato accreditato) sono il 60,6%. La quota che rinuncia e si rivolge alla sanità a pagamento - intesa come privato puro e intramoenia - è del 34,9% (il 29,9% nel Nord-Ovest, il 26,5% nel Nord-Est, il 39,3% nel Centro e il 40,7% nel Sud e Isole) ed è così articolato: 11,9% in intramoenia; 17,9% nel privato puro; 5,1% nel privato sociale; 4,6% in polizze assicurative.