Lo rivela uno studio europeo: l'"invasione" della pianta altamente allergenica è causata dai cambiamenti climatici. Previsto un forte aumento anche in Italia
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In Europa nei prossimi anni ci sarà una vera e propria invasione di ambrosia, una pianta fortemente allergenica originaria degli Usa già presente anche in Italia, soprattutto al Nord. A lanciare l'allarme allergie è uno studio pubblicato su Nature Climate Change, secondo il quale entro il 2050 le quantità di pollini nell'atmosfera potrebbero raggiungere quattro volte i livelli attuali. Previsto un forte aumento anche in Italia.
Una minaccia europea - I ricercatori del Cnrs francese hanno utilizzato dei modelli matematici che tengono conto della dispersione dei pollini da parte di una singola pianta, incrociandola con le proiezioni sui cambiamenti climatici. I risultati hanno evidenziato un'estensione dell'area interessata dall'ambrosia verso il nord e il centro Europa fino alla Gran Bretagna, dove ora è trascurabile. Le zone già interessate dall'"invasione", pianura padana compresa, vedranno invece un aumento fino a quattro volte delle concentrazioni in atmosfera.
I rischi per la salute - In appena 25 anni, da pianta sconosciuta è diventata la causa di una allergia di un bambino su dieci, ha "colonizzato" il Nord Italia e ora si sta spostando verso sud. L'ambrosia artemisiifolia è una pianta dal polline altamente allergenico, che può causare rinite, congiuntivite e asma anche in forme avanzate. La dispersione dei pollini avviene tra agosto e settembre, mesi in cui si raggiunge un picco. Il che, tradotto per i soggetti sensibilizzati, significa che la stagione delle allergie si estende fino all'autunno. Gli scienziati inoltre prevedono un aumento dei casi di sensibilizzazione al polline dell'ambrosia e un numero maggiore di persone che manifesteranno in futuro i sintomi dell'allergia in tarda estate.
Colpa di cambiamenti climatici ed emissioni - "Circa un terzo di quest'aumento è dovuto alla dispersione naturale dei semi, ed è indipendente dai cambiamenti climatici", scrivono gli autori. "Il resto - aggiungono - è imputabile ai cambiamenti del clima e dell'utilizzo dei terreni che estenderanno l'habitat della pianta verso nord ed est Europa e che aumenteranno la produzione di pollini nelle aree dove è già presente a causa dell'aumento della CO2".