In passato il trapianto di capelli era considerato, erroneamente, come “cura della calvizie o alopecia”. Il trapianto di capelli non cura però la calvizie; il suo obiettivo è quello di coprire esteticamente le zone dove si sono persi i capelli, e lo fa concretamente, senza interagire in alcun modo con il problema che genera l’alopecia. Poche persone conoscono i veri benefici che il trapianto di capelli può dare rispetto ai suoi limiti oggettivi. Ne parliamo con il Dott. Mauro Conti, Direttore scientifico di HairClinic Italia.
Trapianto di capelli, in quanti lo scelgono per risolvere l’alopecia?
Se fino a pochi anni fa il desiderio più grande per chi perde i capelli era riavere subito una ricca e densa chioma, oggi si pensa a risolvere il problema in modo più completo ma soprattutto con risultati duraturi nel tempo. Di fatto nel 2014 i trapianti di capelli eseguiti dai nostri compatrioti (in Italia o all’estero) sono stati circa 4mila (dati Associazione Italiana chirurgia plastica estetica), nel 2015 il dato è stato simile, e questa è la tendenza generale sulla scelta o meno di eseguire un trapianto di capelli. Se pensiamo che la calvizie affligge 8 uomini su 10 (tra i 20 e 60 anni) e 1 donna su 4 (in varie fasce di età), 4.000 su circa 35milioni sono i possibili candidati (nella fascia di età indicata) per il trapianto di capelli. Ma solo il 2% circa della popolazione che soffre di calvizie decide di eseguire questo tipo di trattamento. Per chi invece ha una calvizie avanzata, il trapianto di capelli rimane la soluzione migliore ma questa deve essere eseguita solo al momento giusto e solo dopo una valutazione della salute dei follicoli ancora presenti.
Quali sono dunque i cinque limiti del trapianto di capelli e come ottenere risultati estetici più duraturi e completi?
1. Un capello trapiantato… non sempre è per sempre! Come spiega il Dottor Mauro Conti, “Sebbene la maggior parte dei capelli trapianti durerà nel tempo, parte di questi possono andare incontro a loro volta a miniaturizzazione e caduta. La storia anzi ci insegna che circa il 60% dei pazienti a distanza di 2/3 anni dal trapianto di capelli presentano risultati abbastanza approssimativi e senza una cura adeguata vi è il più delle volte un ritorno del diradamento e calvizie”.
2. Il rischio shock loss. È il rischio in cui incorrono, in seguito all’intervento chirurgico di autotrapianto, quei capelli ancora sani e non atrofizzati ma certo indeboliti che sono presenti nelle aree diradate e intorno a quella oggetto di trapianto. L’impatto traumatico dell’intervento può provocare una sofferenza dei follicoli malati e di conseguenza accelerare la loro miniaturizzazione e la successiva caduta di capelli. Tale shock è invece assente nelle cure rigenerative perché completamente atraumatiche.
3. Non sempre il risultato è naturale.
Chi sceglie di sottoporsi all’autotrapianto spesso non sa che i capelli trapiantati, sani e robusti, hanno spessore quasi sempre diverso rispetto ai capelli ancora in vita presenti nelle aree diradate. Il risultato di vicinanza tra capelli più sottili e più spessi risulta essere esteticamente innaturale e visibile ad occhio nudo.
4. Non tutti hanno una zona donatrice molto folta. L’autotrapianto consiste nel prelievo di bulbi, nelle aree tipicamente indenni alla calvizie presenti del capo, solitamente dietro la nuca e laterali, per poi inserirli chirurgicamente nelle aree bisognose di rinfoltimento. Chiaramente la potenziale area donatrice non è in grado di donare il numero di follicoli necessari per coprire la calvizie. Se l’area donatrice non è molto folta, non è possibile estrarre tante unità follicolari da trapiantare, ed è quindi necessario fare molta attenzione a non impoverire troppo la zona stessa. Spesso l’area donatrice non molto ricca di capelli da “spostare” potrebbe non essere abbastanza ampia, e inoltre - ricorda il dottor Conti - “i follicoli estratti da queste aree non ricresceranno più. Notiamo spesso, in pazienti sottoposti a mega sessioni o con più interventi eseguiti, zone donatrici compromesse a volte così danneggiate da non poter più donare altri follicoli. Di fatto la zona donatrice non è infinita, i capelli estratti da quell’area non ricresceranno più, motivo per il quale eseguire un trapianto di capelli deve avvenire solo dopo una cura avanzata che posso assicurare al meglio il risultato finale complessivo.”
5. Il trapianto di capelli non è una cura. Per questo prima di qualsiasi intervento, la cura è una fase essenziale. Il limite più forte dell’autotrapianto, è intrinseco: il trapianto di capelli non è una cura e di conseguenza non può contrastare la patologia della calvizie, comunque evolutiva e con risvolti estetici.
In conclusione come si possono avere risultati validi e duraturi? Per chi sta pensando di eseguire il primo o il secondo/terzo trapianto di capelli, è necessario valutare tutti i pro e tutti i contro, ma soprattutto eseguire il trapianto al momento corretto in base alla sua storia clinica. Spiega meglio il dottor Conti: “Gli studi internazionali hanno dimostrato come sia efficace e necessaria l’esecuzione di un Protocollo di cura su tutti i pazienti affetti da calvizie e come sia inopportuno coprire un problema con un intervento chirurgico invasivo e intempestivo.
La Medicina Rigenerativa esprime il suo massimo potenziale clinico ed estetico nei pazienti diradati (situazione che interessa il 93% dei pazienti che ci contattano), ma è considerata la base terapeutica necessaria da eseguirsi in tutti i gradi di calvizie trattabili, per promuovere risultati più completi e ad alto valore estetico.”