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Ius soli, e non solo: come si ottiene la cittadinanza italiana?

Ius soli, ius sanguinis, ius scholae e ius culturae: quali sono le differenze e in quanti Paesi si applicano i diversi principi

15 Ago 2024 - 09:07
 © Ansa

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La legge sulla cittadinanza italiana si basa sul principio dello ius sanguinis (diritto di sangue). Entrò in vigore nel 1992, in un'Italia che si stava scoprendo per la prima volta Paese di immigrazione e non più solo di emigrazione come era stato precedentemente. Da allora si è tornati spesso a parlare della necessità di cambiare la norma, introducendo uno ius culturae o lo ius soli, ma finora nessun governo c'è riuscito. Ma quali sono le differenze fra questi diversi principi e come si ottiene la cittadinanza italiana oggi? 

Ius sanguinis

 La cittadinanza italiana si ottiene in base alla discendenza. Negli Stati in cui viene applicato il diritto di sangue la nazionalità dipende dunque dalla filiazione. Il figlio di genitore italiano, per esempio, può ottenere la cittadinanza alla nascita anche se questa avviene all'estero. In base allo stesso elemento della nostra legge, il figlio di genitori stranieri, anche se nato in Italia, non acquisisce automaticamente la cittadinanza italiana. Deve aspettare il 18esimo anno di età per chiederla e la ottiene di diritto se ha vissuto in Italia.

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Ius soli

 Si riferisce al diritto sul suolo. Negli Stati in cui si applica questo principio la cittadinanza viene concessa a chi nasce sul territorio nazionale, a prescindere dalla provenienza dei genitori. Negli Stati Uniti, per esempio, chiunque diventa cittadino americano direttamente alla nascita in modo automatico e senza condizioni. Altri Paesi hanno invece un ius soli temperato, ossia soggetto a delle condizioni. In Europa lo applicano per esempio Regno Unito, Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia, Olanda e Irlanda. In Germania, per esempio, il bambino acquisisce la cittadinanza alla nascita solo se almeno uno dei due genitori ha un permesso di soggiorno permanente (da almeno tre anni). I genitori, inoltre, devono essere residenti in Germania da almeno otto anni, che si ridurranno a cinque con una legge già approvata. In Francia, invece, perché il bambino ottenga la cittadinanza per ius soli è sufficiente che uno dei genitori sia nato nello stesso territorio, indipendentemente dalla sua nazionalità.

Gli Stati europei che invece non hanno lo ius soli sono: Italia, Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia. In Italia lo ius soli viene concesso solo in casi eccezionali. Viene applicato ai figli di genitori apolidi o ignoti e a chi è nato da stranieri che a causa delle leggi del loro Stato di provenienza non possono trasmettere la cittadinanza di quel Paese.

Ius scholae

 L’acquisizione della cittadinanza in questo caso arriverebbe al compimento di un ciclo di studi all’interno del sistema scolastico nazionale. Quanto dovrebbe essere lungo questo periodo di studi per dare il diritto alla cittadinanza dipende dalle varie sensibilità politiche. Lo ius scholae fa parte di una proposta di riforma della legge in materia che è rimasta bloccata alla Camera dal giugno del 2022. La pdl prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana per i minorenni stranieri nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese e qui abbiano frequentato almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici.

Ius culturae

 Il concetto è simile al precedente e fu introdotto con un'altra proposta di legge, anch'essa poi abbandonata. La norma prevedeva l’ottenimento della cittadinanza ai minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno di età, che avessero frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali, ottenendo una promozione.

Cittadinanza italiana

 Nel nostro Paese si diventa cittadini italiani in diversi modi. Per i discendenti diretti di italiani all'estero vale il principio dello ius sanguinis. Per chi nasce qui da genitori stranieri, la cittadinanza viene data di diritto alla maggiore età, ma solo se si è risieduto nel territorio legalmente e in modo continuativo. Deve essere comunque presentata una richiesta da parte dell'interessato. Gli altri stranieri extra europei possono ottenere la cittadinanza dopo 10 anni di residenza legale e senza interruzioni nel Paese, che scendono a cinque per rifugiati, apolidi e ragazzi adottati. In questo caso, però, la domanda deve passare al vaglio ed entrano in gioco altri fattori che spesso allungano i tempi, tra iter legale e requisiti necessari. Ad esempio, serve un reddito minimo per tre anni consecutivi, di circa 8mila euro, che salgono a più di 11 per i nuclei familiari.

I tempi sono comunque più brevi per gli europei, ai quali sono richiesti quattro anni di residenza anziché 10. Se si hanno genitori o avi italiani ne bastano tre. In Italia, inoltre, i minori stranieri conviventi possono ereditare la cittadinanza dai genitori per ius sanguinis: se uno dei due, il padre o la madre di origine straniera e residente in Italia, diventa italiano può dunque trasmetterla alla prole.

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