Si tratta di una patologia mitocondriale che provoca gravi disfunzioni a livello neurologico, epatico e muscolare, privando di energia le cellule del corpo
© ansa
La rara sindrome costata la vita - tra gli altri - al principe Federico di Lussemburgo è la malattia di PolG che agisce sul gene PolG (Polimerasi gamma), responsabile della produzione di un enzima fondamentale per la replicazione del DNA mitocondriale. Spesso la malattia di PolG è associata alla sindrome di Alpers-Huttenlocher, che si manidfesta in età infantile o adolescenziale. Il principe Federico, morto a 22 anni, ne soffriva dall'età di 14.
L'enzima è cruciale per mantenere la funzione dei mitocondri, vere e proprie centrali energetiche della cellula. Quando questo gene presenta delle mutazioni, la funzione mitocondriale è compromessa, portando a danni in vari organi e tessuti che dipendono fortemente dall'energia, come il cervello, il fegato, i muscoli e gli occhi.
I sintomi della malattia di PolG possono variare ampiamente a seconda dell'età di insorgenza e della gravità della condizione e includono disturbi neurologici di diverso genere tra cui atassia (la difficoltà a coordinare i movimenti muscolari), epilessia, distrofia muscolare, neuropatia periferica ma anche demenza e declino cognitivo. Inoltre, possono insorgere anche disturbi visivi tra cui neuropatia ottica, problemi al fegato tra cui insufficienza epatica e cirrosi. Infine ci sono disturbi metabolici tra cui il diabete e l'ipotensione ortostatica (bassa pressione sanguigna quando ci si alza in piedi).
La malattia di PolG evolve in modo variabile a seconda dell'età di esordio e della gravità dei sintomi. Nei bambini, in particolare quando si presenta con la sindrome di Alpers-Huttenlocher, ha un decorso rapido e grave, con epilessia, insufficienza epatica e danni neurologici che portano spesso a una morte precoce. Nelle forme con esordio nell'adolescenza o nell'età adulta, l'evoluzione è più lenta ma la malattia causa progressivamente disabilità neurologiche, muscolari e, talvolta, epatiche. La prognosi dipende dalla gravità dei sintomi: nelle forme più gravi la durata della vita è ridotta, mentre nelle forme più lievi la persona può vivere più a lungo, anche se con disabilità. Il trattamento si concentra sulla gestione dei sintomi, poiché non esiste una cura definitiva, e include farmaci per l'epilessia, supporto nutrizionale ed epatico, fisioterapia e, in alcuni casi, trapianti di organi.
La diagnosi della malattia di PolG richiede analisi di laboratorio, poiché la perdita di neuroni non è visibile tramite risonanza magnetica. Le analisi biochimiche rivelano deficit nel fegato, nei muscoli e nella catena respiratoria mitocondriale. La conferma definitiva arriva dall'analisi genetica, che identifica mutazioni su entrambe le copie del gene PolG. In caso di familiarità con la malattia, può essere proposta anche una diagnosi prenatale.
Al momento, non esiste una cura definitiva per la malattia di PolG, ma il trattamento si concentra sulla gestione dei sintomi e sul miglioramento della qualità della vita del paziente. I farmaci possono essere utilizzati per trattare sintomi come epilessia, disturbi neurologici e problemi muscolari, con l'uso di anticonvulsivanti per il controllo delle crisi. Inoltre, la supplementazione di Coenzima Q10 è talvolta utilizzata per supportare la funzione mitocondriale, anche se la sua efficacia non è garantita per tutti i pazienti. Le terapie fisiche e occupazionali sono utili per migliorare la forza muscolare, la mobilità e l'autosufficienza del paziente. Se ci sono complicazioni epatiche, potrebbe essere necessario trattare eventuali danni al fegato, inclusa la gestione dell'insufficienza epatica nei casi più gravi. In alcuni pazienti, il supporto nutrizionale può essere richiesto per affrontare difficoltà nell'assunzione di cibo o problemi metabolici.
La terapia è altamente personalizzata e dipende dalla gravità e dai sintomi specifici di ciascun paziente. Poiché la malattia di PolG è progressiva, è fondamentale un monitoraggio continuo da parte di specialisti per adattare il trattamento alle esigenze di ogni individuo.Purtroppo, la prognosi è negativa. Dopo la diagnosi, l'aspettativa di vita varia dai 3 mesi ai 12 anni, con alcuni studi che indicano un massimo di 15 anni. Il principe Federico ha quindi vissuto con questa sofferenza per un periodo di 8 anni.