Con la manovra in arrivo il governo è chiamato a decidere le misure da adottare per il prossimo anno: in scadenza, a fine 2024, Quota 103, Ape sociale e Opzione donna
Pensioni: arrivano 5 miliardi per superare Quota 100 © Da video
Sul tavolo del governo torna il tema pensioni, tra le voci più onerose per le casse dello Stato. L'esecutivo dovrà prendere una decisione sulle tre misure previdenziali per l’uscita anticipata rispetto a quella ordinaria a 67 anni prevista dalla legge Fornero. Molte scadono a fine anno. Tra queste Quota 103 (solo contributiva), Opzione donna e Ape sociale. Ecco come potrebbe cambiare il sistema pensionistico in base alle varie ipotesi di uscita in campo.
Tra le misure al vaglio per la legge di Bilancio, c'è l'allungamento delle finestre per il ritiro in anticipo dal lavoro rispetto agli attuali 3 mesi. Grazie a questa finestra, si può andare in pensione prima dei 43 anni di contributi. Nello specifico gli uomini possono ritirarsi se hanno almeno 42 anni e 10 mesi di contributi e le donne se ne hanno accumulati 41 anni e 10 mesi, senza tenere in considerazione l'età. L'ipotesi al vaglio è di prolungare la finestra fino a 6-7 mesi. L’assegno pensionistico quindi scatterebbe più tardi, ossia dopo i 43 anni e cinque mesi di contributi.
È possibile che il governo valuti di ridimensionare o fermare del tutto il meccanismo di rivalutazione degli assegni più elevati. Si tratta di un sistema che adegua gli assegni pensionistici al costo della vita. A causa dell'inflazione la spesa pensionistica aumenta perché questo adeguamento degli assegni costa sempre di più. Il governo Meloni ha già tagliato le rivalutazioni agli assegni superiori a quattro volte il minimo, ma si ipotizza un ulteriore taglio, dato che la spesa è salita comunque del 7,4% nel 2023 e del 5,8% nel 2024.
Alcuni scivoli pensionistici sono legati anche all'età. È il caso di Quota 103, una pensione anticipata flessibile che permette di uscire prima di aver compiuto 67 anni, come invece prevede la Legge Fornero. La misura, attualmente in vigore e in scadenza a fine 2024, permette di ritirarsi con 41 anni di contributi versati e 62 di età anagrafica. Il sistema di quote, dal 2019, ha fatto aumentare la spesa pubblica, nonostante tra paletti burocratici e taglio dell’assegno le domande siano sempre meno.
Per scoraggiare le uscite si pensa dunque di proseguire con il Bonus Maroni, grazie al quale i 62enni che hanno maturato 41 di contributi guadagnano di più se restano al lavoro. In alternativa, si potrebbe maggiorare il valore dei contributi versati all’Inps a partire da una determinata età, in modo da dare assegni più alti a chi arriva alla pensione per vie ordinarie. Una proposta è di dare la possibilità di uscita con 41 anni di versamenti, a prescindere dall’età, vincolando comunque l'uscita al metodo contributivo. Tuttavia, è possibile che salti totalmente il sistema di quote.
Attualmente le donne possono accedere alla pensione con 61 anni compiuti entro il 31 dicembre 2023 e un minimo di 35 anni di contributi. Il requisito anagrafico scende di un anno per ciascun figlio fino a un massimo di due anni. Lo strumento potrebbe essere abolito e sostituito da specifiche agevolazioni per queste categorie di lavoratrici. L'altra ipotesi sul tavolo e che venga prorogato per il 2025.
Grazie a questa misura una serie di lavoratori, che svolgono per periodi prolungati attività gravose, possono anticipare la pensione se in possesso di almeno il 74% di invalidità civile. Riguarda solo chi ha 63 anni e 5 mesi d’età. Se l'Ape sociale non verrà prorogata al 2025, l'ipotesi è di ridurre la platea che può accedervi - magari innalzando il requisito richiesto - oppure di sostituirla con altro strumento.
Un'altra proposta è di intervenire sul fronte della previdenza complementare. Si è parlato, per esempio, di rendere i fondi complementari cumulabili con il Trattamento di fine rapporto (Tfr) per chi esce dal lavoro solo con pensione contributiva (ossia chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995). Potrebbe diventare obbligatorio il versamento di una parte del Tfr ai fondi pensione complementari (di categoria o aperti). Servirebbe a raggiungere la soglia necessaria per ricevere l’assegno pensionistico anticipato a 64 anni di età con 20 di contributi se si fa parte della platea che ha non avuto accesso al sistema retributivo perché si è iniziato a lavorare a partire dal 1995. Chi accede a questo anticipo deve avere un importo soglia minimo dell'assegno pensionistico pari a 3 volte l’assegno sociale. Vuol dire almeno 1.600 euro di assegno pensionistico. Un miraggio per molti. Per questo si sta ragionando di tornare a 2,8 volte, come era precedentemente.