IL REPORT ALMADIPLOMA

Altro che anni migliori: la metà dei neodiplomati è pentita delle scelte fatte in terza media

Tra i diplomati del 2024, oltre sette su dieci hanno apprezzato il percorso scolastico nel suo complesso. Ma la percentuale cala con il giudizio su aule, laboratori e locali d’istituto: solo il 51,6% si riscriverebbe allo stesso indirizzo e nella stessa scuola

04 Mar 2025 - 18:13
 © Ansa

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Che belli gli anni delle superiori…quanti adulti ancora oggi ricordano quel periodo con nostalgia? Ebbene, le nuove generazioni forse consegneranno questa visione volentieri all’oblio.

Infatti, sebbene il 73,1% dei diplomati 2024 promuova l’esperienza scolastica nel suo complesso, se si potesse tornare indietro, ai tempi dell’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado, solo la metà dei diplomati confermerebbe in toto la propria scelta: la quota di chi si riscriverebbe allo stesso indirizzo della stessa scuola si attesta al 51,6%. Tutti gli altri cambierebbero qualcosa.

Per questo, non stupisce che il sentimento più diffuso nella propria cerchia di pari sia l’ansia (51%): seguono “insicurezza” (29,6%), “felicità” (25,4%), “egoismo” (21,4%), “tranquillità”, “solidarietà” (entrambi 15,6%) e “spensieratezza” (15,1%).

A offrire questo quadro è l’imponente ricerca di AlmaDiploma sul “Profilo dei diplomati e loro esiti a distanza dal diploma”, che ha intercettato complessivamente quasi 100.000 studenti tra diplomati delle classi ‘24, ‘23 e ‘21. Una ricerca - approfondita dal portale Skuola.net - che permette di misurare il grado di soddisfazione dei maturandi di oggi come la carriera di quelli di qualche anno fa.

Perché ci si pente della scelta fatta

I motivi del pentimento - espressi da coloro che hanno conseguito il titolo nel 2023 - secondo l’analisi sono da ricercare nell’esigenza, non assecondata da parte delle scuole, di: studiare materie diverse (29,8%), compiere studi più adatti alla preparazione universitaria (20,4%), fare studi che preparino meglio al mondo del lavoro (17,7%).

È evidente, quindi, che c’è una mancata corrispondenza tra gli interessi o le aspettative degli studenti e il percorso scelto: chi era più portato per certe materie, o per entrare subito nel mondo del lavoro o al contrario per proseguire gli studi, a conti fatti non ha trovato la strada giusta.

Preoccupa questo aspetto soprattutto per i diplomati dei professionali. Questi ultimi più di altri cambierebbero percorso scolastico per avere una migliore preparazione per gli studi universitari (31,2%; è il 20,5% per i liceali e il 16,8% per i tecnici) ma anche per il mondo del lavoro (27,2%; 15,7% e 18,0%, rispettivamente). Insomma, questo segmento della formazione sembra, a detta di chi lo ha frequentato, non preparare né al mondo del lavoro né a quello accademico.

L'orientamento ha il suo ruolo

Sul banco degli imputati non può che finire l’orientamento in uscita dalle scuole medie. Lo hanno fatto quasi tutti - il 90,6% - ma solo il 45,4% lo ha giudicato rilevante per la scelta: tra i professionali si rileva la valutazione più elevata (54,2%), seguiti dai tecnici (48,3%) e dai licei (41,5%).

Risultati abbastanza simili li ritroviamo anche per l’orientamento in uscita: oltre 8 su 10 hanno partecipato ad attività di orientamento organizzate dalla scuola ma, tra questi, solo il 51,6% le ha giudicate rilevanti nella scelta post-diploma.

Anche se poi spesso la rilevanza non fa rima con efficacia ma misura semplicemente quanto sia stata determinante l’orientamento nella scelta, al di là del fatto che quest’ultima si sia rivelata corretta o meno.

La famiglia ha ancora il suo peso nelle scelte

Un grip che però potrebbe essere necessario per contrastare un altro elemento - non necessariamente qualificato - che entra pesantemente in gioco nella scelta: i genitori. Sia in uscita dalle medie che dalle superiori, le mamme e i papà sono in assoluto i soggetti più determinanti nella decisione finale per circa il 60% del campione. Una quota che sale ulteriormente quando entrambi i genitori sono laureati. 

Un grosso aiuto per orientarsi autonomamente nelle scelte future - che ha peraltro facilitato l’ingresso di molti studenti nel mondo del lavoro - è arrivato invece dai PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento). 

Lo stage scolastico può diventare un'opportunità

A differenza di quanto si possa pensare, però, solo il 58,6% ha svolto attività di stage in imprese (soprattutto nei percorsi professionali e tecnici, rispettivamente 88,3% e 84,8%), seguite a distanza da “surrogati” come Impresa in Azione (11,9%), Impresa Formativa Simulata (9,6%) e Service Learning (6,1%).

Stage che comunque possono, in alcuni casi, spalancare le porte del mondo del lavoro: tra quanti hanno svolto PCTO durante gli studi - e a un anno dal diploma dichiarano di essere occupati - il 24,9% lavora nell’azienda presso cui ha svolto tale esperienza. Ad avere ricevuto una proposta di lavoro sono stati soprattutto i diplomati professionali (30,1%) e quelli dei tecnici (26,6%).

Cosa c'è dopo il diploma?

Tuttavia, dopo il diploma l’opzione maggioritaria non è quella di andare a lavorare ma di continuare con gli studi universitari. A dodici mesi dal titolo, il 71,4% dei diplomati del 2023 risulta impegnato in un percorso universitario: quasi la metà si dedica solo ed esclusivamente agli studi, mentre 1 su 5 ha scelto di coniugare studio e lavoro. 

Chi decide di rimanere sui libri lo fa principalmente per darsi una chance di carriera in più: sono 6 su 10, contro il 36,7% dei diplomati che invece sono semplicemente spinti dal desiderio di migliorare la propria formazione culturale. Un buon 18,2%, però, ha optato per entrare pienamente sin da subito nel mondo del lavoro. 

Come era ampiamente prevedibile, la quota di diplomati iscritti all’università è più alta nei licei, rispetto a tecnici e professionali, dove chi ha il diploma in tasca tende a mettere a frutto quanto appreso tra i banchi il prima possibile.

L'abbandono universitario deve far pensare

Ma c’è anche un rovescio della medaglia: se molti diplomati tengono “botta”, altri cammin facendo si rendono conto di aver imboccato la strada sbagliata. Sempre tra i diplomati del 2021 e del 2023 le percentuali di quanti si sono arresi, interrompendo il percorso universitario, si attestano rispettivamente all’8,8% e al 5,7%. Mentre tra quelli che hanno resistito, il 14% e il 9% hanno deciso comunque di cambiare indirizzo di studio.

E anche questo dato, purtroppo, conferma un fatto noto: la dispersione universitaria fa sì che, dell’esercito di immatricolati che da anni si presentano ai nastri di partenza accademici, in pochi effettivamente ce la facciano. Infatti, la percentuale di giovani laureati italiani tra i 25 e i 34 anni si è attestata, nel 2023, a un misero 30,6%. 

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