VOTI E CONDOTTA

Colloqui scuola-famiglia: come si organizzano gli istituti in tempo di Didattica a distanza?

In tempi di pandemia anche i colloqui scolastici cambiano volto. Andando ben oltre i momenti classici di confronto tra docenti e genitori

26 Feb 2021 - 16:25
 © Ansa

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Il capitolo pagelle di fine quadrimestre ormai è quasi archiviato. Lo stesso non si può dire per i colloqui scuola-famiglia. Perché la pandemia ha stravolto le dinamiche e i ritmi classici dell'anno scolastico, specie per le classi superiori. Tra chiusure a singhiozzo, difficoltà di garantire a tutti gli studenti le stesse condizioni di partenza per seguire 'a distanza' l'andamento dei programmi e soprattutto un atteggiamento fin troppo 'rilassato' con cui parecchi ragazzi affrontano la Dad diventa fondamentale un contatto diretto tra insegnanti e genitori; ben oltre il periodo delle valutazioni generali. Così ogni momento diventa buono per un 'tagliando' sul rendimento dei ragazzi. Ovviamente, come tutto il resto, anche i colloqui dell'era Covid si svolgono online (ma in qualche caso è necessario un confronto faccia a  faccia). Come si stanno organizzando gli istituti? Il sito Skuola.net lo ha chiesto a Cristina Costarelli, Dirigente scolastica del liceo scientifico Newton di Roma.

In questo anno scolastico, come si sono organizzate le scuole per i colloqui con le famiglie?

"L’organizzazione dei colloqui con le famiglie, quest’anno, in continuità con i mesi di lockdown, è passata o attraverso mail oppure, per quanto riguarda i colloqui sincroni, per telefono o per videocall in base alle reciproche disponibilità e situazioni di connessione di docenti e genitori".

Come funziona per i genitori di studenti con BES (bisogni educativi speciali) e disabilità?

"Nelle situazioni delicate, dove richiesto, si sono svolti colloqui in presenza, ovviamente con opportune precauzioni di distanziamento e di igienizzazione. Inoltre, hanno anche avuto luogo incontri con specialisti ed equipe mediche in tutti i casi di GLH, quindi di disabilità, oltre che in casi di BES o in situazioni dove era richiesto un confronto dal vivo per amplificare l’empatia, impossibile da rendere attraverso lo schermo".

La pandemia ha aumentato le distanze tra la scuola e le famiglie dei ragazzi?

"Non c’è stato un aumento di distanza, al di là di quella fisica. Anzi, la pandemia ha reso necessaria maggiore vicinanza tra famiglie e scuola. Da un lato la scuola, soprattutto durante i mesi della Dad, ha avuto la necessità di aumentare la comunicazione per poter fornire indicazioni più precise su quello che andava fatto. Dall’altro lato, i genitori hanno aumentato la loro presenza a causa del disorientamento, misto ad ansia e preoccupazione nel non riuscire a capire il modo migliore per seguire i ragazzi. Quindi, per certi versi, è stata più evidente la dimensione dell'alleanza che non del distanziamento: la pandemia ha riavvicinato scuola e famiglie per la necessità di gestire situazioni nuove".

Le famiglie hanno avuto difficoltà a familiarizzare con i mezzi digitali impiegati nei colloqui? 

"Certamente per alcune famiglie c’è stata un po’ di difficoltà, soprattutto per i nuclei digitalmente meno avanzati o anche nel caso di famiglie straniere. Lo stesso discorso si può fare anche nel caso del registro elettronico e delle connessioni con link e videochiamate: qualche difficoltà c’è stata, ma in via residuale, non in modo massiccio. In quei casi si è quindi cercato di stabilire un contatto in presenza".

La modalità digitale ha inasprito o mitigato eventuali incomprensioni tra docenti e genitori?

"No, la modalità digitale non ha inasprito le relazioni, questo non è avvenuto. Le ha rese maggiormente necessarie per poter avere una comunicazione continua tra la scuola e le famiglie. La modalità digitale può aver creato delle incomprensioni, per esempio una modalità che non sempre viene recepita nel giusto modo è quella via mail, perché la scrittura è un atto estremamente delicato, che va ben pesato e considerato. Al contrario, nel dialogo c’è tutta la dimensione empatica e le incomprensioni, anche se ci sono, si sciolgono più facilmente. Quindi la modalità digitale più critica è stata quella della mail, la lingua scritta".

Secondo lei, i colloqui docenti-genitori svolti online sono più o meno incisivi rispetto a quelli in presenza?

"Ritengo che ci sia stata la stessa incisività, quello che fa la differenza è piuttosto la disponibilità ad accogliere osservazioni, indicazioni, raccomandazioni, e questa non è dipendente dal mezzo. Se c’è una buona disponibilità si viaggia bene sia a distanza che in presenza, se c’è una chiusura, una mancanza di fiducia, la stessa cosa si riproduce a distanza".

Durante la pandemia, sono aumentati i casi in cui è stato necessario avvisare la famiglia per problemi di condotta dei ragazzi?

"Durante la pandemia si sono presentate novità in fatto di problemi di condotta riconducibili ovviamente alla Dad.  Ad esempio ci sono stati casi di studenti che, all’insaputa dei genitori, partecipavano alle lezioni in modo selettivo: ad una lezione erano presenti, alla lezione successiva c’era il compito in classe e non lo erano. Oppure durante le lezioni c’erano ragazzi che mangiavano o studenti dalla cui postazione provenivano strani rumori, situazioni ovviamente inedite prima della Dad. Quindi talvolta sì, si sono verificati atteggiamenti non sempre consoni da parte dei ragazzi, o comportamenti in webcam non corretti”. 

Quale è stata la reazione dei genitori?

I genitori, nella maggior parte dei casi, hanno mostrato collaborazione e consapevolezza, oltre ad essere contenti di essere stati informati. In alcuni casi, invece, anche se in via residuale, sono state registrate risposte un po' restie da parte delle famiglie, intenzionate quasi a difendere i propri figli. Ma, nel complesso, l’atteggiamento predominante è stata la disponibilità, alla quale però non sempre corrisponde una effettiva attenzione concreta. Atteggiamento comprensibile e dovuto all’impossibilità di molti genitori di vigilare in maniera costante affiancando i figli durante tutte le video lezioni. In questi casi è necessario lavorare soprattutto sulla responsabilizzazione dei ragazzi".

Ci sono dei consigli che lei, da dirigente, vorrebbe dare ai genitori e ai professori sulla la gestione dei colloqui?

"Mi sento di invitare i genitori ad un rapporto innanzitutto di fiducia, che deve esserci sempre nei confronti dei professori e della scuola. Rapporto che soprattutto adesso deve essere ancora più solido, sereno, nonostante le ansie e le preoccupazioni che ci coinvolgono tutti, e dalla collaborazione. Inoltre, voglio sottolineare anche come spesso è da tenere in conto la possibile insorgenza di situazioni e di indicazioni da parte dei docenti non sempre chiare, in risposta alle quali però i genitori hanno il diritto di chiedere spiegazioni. Dall’altra parte troveranno tutta la disponibilità al dialogo e allo scambio. Riassumendo consiglio: serenità, fiducia e collaborazione da entrambi i lati".

Gli studenti spesso temono questo confronto: cosa si sente dirgli?

"Agli studenti mi sento di porre un invito alla consapevolezza e alla responsabilità. Le sciocchezze che vengono in mente talvolta danneggiano solamente sé stessi, quindi anche se al momento sembra di essere riusciti a prendere in giro il professore, dovrebbero invece rendersi conto di chi stanno realmente prendendo in giro. Inoltre dovrebbero anche riflettere su cosa gli insegnanti potrebbero riferire ai loro genitori. Quindi invito i ragazzi alla responsabilità, alla consapevolezza e all’onestà con sé stessi e con i propri genitori. Anche perché se si è compiuto qualcosa è ovvio che prima o poi verrà riferito ai genitori, è bene cercare di non intendere mai l’occasione della distanza come occasione per sotterfugi, scopiazzamenti e vari meccanismi che ben conosciamo. Meglio concentrarsi sulle cose importanti e di non perdere tempo ma di metterlo a frutto".

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