Per molti genitori è arrivato il momento di versare il famoso contributo, che gli istituti richiedono per far funzionare tutte le attività
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Volontario fino a un certo punto: è il contributo che, come ogni anno in questo periodo, le famiglie di chi ha sostenuto gli esami di terza media sono chiamate a versare alle scuole superiori in cui studieranno i propri figli. L’inizio delle lezioni si avvicina ed è dunque arrivato il momento di perfezionare l’iscrizione fatta a febbraio. E, come da tradizione, molti istituti iniziano a fare pressione. Perché se, da un lato, è vero che l’istruzione pubblica continua ad essere qualcosa di accessibile a tutti, dall’altro sembra che i fondi messi a disposizione annualmente dall’erario non bastino a garantire il corretto funzionamento della "macchina scolastica". Neanche l’aumento del fondo di funzionamento, portato a 230 milioni di euro, sembra aver condotto ai risultati sperati.
Skuola.net, osservatorio permanente
Così, il peso della gestione quotidiana delle strutture e della didattica, continua ad essere scaricato proprio sulle famiglie. In che modo? Attraverso il contributo. Una cifra teoricamente volontaria - il Miur lo ha ribadito in varie occasioni - che, nei fatti, il più delle volte si traduce in una vera e propria tassa. Sono all’ordine del giorno le segnalazioni che arrivano a Skuola.net sul contributo “volontario”. A richiederlo è ormai, grosso modo, la metà delle scuole. A fare la differenza, però, è il modo in cui si chiede. Avvisi ripetuti, pressioni, massimo riserbo su come verranno utilizzati i fondi raccolti, scarsità di informazioni su sgravi fiscali e agevolazioni: le scuole le studiano un po’ tutte.
Un contributo volontario?
C’è, ad esempio, il caso di un genitore di Cesena che giudica “evidente il tentativo di far passare il pagamento di 90€ sul conto corrente bancario della Scuola come "necessario" per poter perfezionare l'iscrizione alla classe prima di studentesse e studenti provenienti dalle scuole medie”. Perché “anche se non è stato usato il termine ‘"bbligatorio’" la richiesta è tra le cose da fare per regolarizzare l'iscrizione alla prima classe. Lasciando così intendere che, senza il pagamento, la stessa non si possa perfezionare”. Peccato che “in nessuna parte è specificato che il contributo è VOLONTARIO, non obbligatorio e che la mancata adesione alla richiesta economica non inficerà l'ammissione e la frequenza di alunne e alunni alle lezioni”.
Neanche le famiglie a basso reddito sfuggono agli abusi
Contributo extra che non risparmia neanche le famiglie in difficoltà. Come nel caso di un papà di Giulianova a cui la scuola, per ammettere il figlio in primo superiore, avrebbe chiesto 70 euro “specificando – ma solo verbalmente - che senza il versamento mio figlio non poteva essere iscritto”. Ma la cosa qui è ancor più grave: “Quando la mia ex moglie ha consegnato tutta la documentazione necessaria in segreteria - racconta il genitore - ha allegato alla domanda anche il suo Isee. Secondo quanto previsto dalla legge, lei sarebbe esente dalle tasse per motivi economici. La segreteria, invece, ha risposto che invece di 70 euro ne doveva versare ‘solo’ 35”.
Contributo fondamentale per far funzionare le scuole
Ma quale sarebbe la cifra che i genitori dovrebbero sborsare? Tenendo fede al principio costituzionale, secondo cui l’accesso agli studi dovrebbe essere garantito a tutti, il sistema prevede una sorta di gratuità per poter iscrivere i propri figli a scuola: ogni famiglia è chiamata a pagare allo Stato poco più di 20 euro (6,04 come tassa d’iscrizione, 15,13 come tassa di frequenza) a cui vanno aggiunti 12,09 euro nel caso alla fine dell’anno si debbano sostenere gli esami e 15,13 euro per ritirare il diploma. Una cinquantina di euro in totale. Solo che, come detto, sono tanti gli aspetti da curare in una scuola: la manutenzione, la cancelleria, i servizi, le pulizie, i laboratori, le attività extrascolastiche, le gite. Tutti tasselli che sarebbe impossibile tenere assieme senza la collaborazione delle famiglie.
Famiglie costrette a pagare fino a 200 euro
Ecco le premesse da cui parte questa sorta di ‘colletta’. Con somme che, però, sono fissate dalle singole scuole. Si parte da 40 euro ma si può arrivare anche ad oltre 200 euro. Cifre che non dipendono solamente dal ‘buon cuore’ delle scuole ma che risentono del costo dell’organizzazione nei vari indirizzi di studio. Non è un caso che i contributi più alti vengano richiesti nei licei artistici e negli istituti professionali (soprattutto l’alberghiero); quelli che, tra laboratori e aule speciali, devono mettere a bilancio le spese maggiori. Ma è immaginabile che le famiglie si rendano conto di questo.
Poca chiarezza da parte delle scuole sul funzionamento del contributo
Il problema, qui, è un altro: per completare l’iscrizione al nuovo anno, le scuole mettono nelle mani degli studenti il famoso bollettino senza specificarne il carattere volontario. Se, magari, spiegassero che quelle somme sono deducibili dalle tasse spingerebbero i genitori a versarle più volentieri. Peccato che non tutti lo fanno. Certamente non un grande incentivo al pagamento. Così come non aiuta il sistema il fatto che più di una scuola non preveda ‘sconti’ sul contributo di fronte a determinate condizioni di reddito. Stesso discorso per la scarsità d’informazioni su come verranno spesi i fondi derivanti dal contributo. Per non parlare del fatto che, in qualche caso, dagli avvisi si passa alle minacce, come verificato attraverso i racconti dei genitori: “Se non paghi non t’iscrivi”. Decisamente troppo per qualcosa che, in definita, resta facoltativo.