Quasi 8 ragazzi su 10 hanno cambiato gli orari per svegliarsi e per andare a dormire. Tra le preoccupazioni, l'incertezza del futuro
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Inutile negarlo, la quarantena obbligatoria dovuta all'emergenza sanitaria ha messo a dura prova tutti noi. Ci ha chiuso in casa, ha cambiato le nostre abitudini, ci ha dato molto tempo per riflettere (il che non sempre è un fatto positivo). Ma c'è una categoria più di altre che sembra essere stata colpita in modo profondo dagli effetti collaterali del coronavirus: i ragazzi più giovani. Loro hanno perso ogni punto di riferimento: gli amici, i compagni di scuola, la possibilità di uscire e fare sport. Una modifica del loro stile di vita così brusca da gettarli nello sconforto più profondo. Tra le preoccupazioni maggiori c'è quella di non vedere un bel futuro davanti a loro: a pensarlo è più di 1 su 3. Almeno così dice l'indagine “Giovani e Quarantena”, promossa promossa dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, Gap, Cyberbullismo) in collaborazione Skuola.net, che ha intervistato 9.145 ragazzi tra gli 11 e i 21 anni.
Con il lockdown aumentano ansia e preoccupazione
“Questo è un dato su cui dobbiamo porre attenzione - sottolinea Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. - I ragazzi, in questo momento di isolamento, non hanno certezze, non riescono a sognare come sarà il loro domani. Avere la capacità di desiderare è il motore della vita. Se lo si tiene spento, si rischia di non andare da nessuna parte e di alimentare situazioni spiacevoli mosse dall’aggressività o sopite dall’apatia”. Tendenze, queste ultime, che sono già oggi in atto: “Stiamo rilevando – continua Lavenia - l’aumento dei disturbi d’ansia e degli stati depressivi tra gli adolescenti. Alcuni giovani chiamano anche al nostro numero verde raccontandoci i sintomi di un attacco di panico. I ragazzi si sentono soli, e nessuno li sta aiutando, nessuno si sta occupando della loro salute mentale".
Come sono cambiate le abitudini dei più giovani
Altro tema da non sottovalutare è la rapidità con cui il distanziamento fisico-sociale ha cambiato anche il modo di gestire il tempo da parte dei giovani. Sono saltati tutti gli schemi. Ad esempio, quasi 8 ragazzi su 10 dichiarano di aver cambiato gli orari in cui si svegliano e in cui vanno a dormire, il 70% dice di non saper gestire i momenti di libertà all’interno delle mura domestiche. Per l’80%, poi, è diventato normale andare a letto più tardi la sera; il 49% dice di avere spesso risvegli notturni e di sentirsi molto stanco la mattina seguente; mentre il 42% indugia nel letto faticando ad alzarsi e il 46% ha difficoltà ad addormentarsi. Più della metà dei giovani interpellati ha anche cambiato le proprie abitudini alimentari. Di questi, il 58% dice di mangiare di più e di concedersi qualche strappo di troppo alla regola, il 40% mangia a qualsiasi orario mentre il 45% non presta attenzione a ciò che porta a tavola; solo il 27% ha iniziato a seguire un regime nutrizionale più salutare.
La tecnologia: un alleato da gestire
Un altro elemento protagonista di questo strano periodo è sicuramente la tecnologia. Per i più giovani, già abituati a maneggiarla in modo disinvolto, è diventato una grande alleata per restare collegati col mondo che hanno lasciato fuori dalla porta. Ma questo non deve lasciarci dimenticare le insidie che un abuso di questi mezzi può comportare: “I ragazzi – sottolinea Lavenia - passano molto, troppo, tempo con le tecnologie: nel 90% dei casi è l’unico modo per mantenere un contatto con gli amici in questo periodo. Il 35% di loro afferma di essere sempre connesso. Ma seppur questi strumenti aiutino a mantenere i contatti, il senso di solitudine percepito dal 74% dei ragazzi ci dice che la tecnologia è si social ma non è per nulla socializzante. Fa sentire soli e non contiene le ansie”. Potrebbe essere proprio lei la causa di molti dei disturbi elencati: “Sappiamo quanto un uso massiccio degli strumenti tecnologici possa indurre a disturbi del sonno o dell’alimentazione. Gli studi scientifici in merito ce lo hanno dimostrato. I device, inoltre, attivano il circuito della ricompensa e hanno la capacità di diventare magnetici, dando il via in alcuni casi a vere e proprie dipendenze”.
Internet ha 'salvato' i ragazzi, ma attenzione
A ribadire questo concetto, pur non negando che senza la tecnologia il lockdown degli adolescenti sarebbe stato quasi un incubo, è chi con i più giovani ci vive a contatto ogni giorno: “Questi dati non fanno che confermare quanto intuivamo già: la tecnologia sta in qualche modo 'salvando la vita' ai ragazzi in quarantena - osserva Daniele Grassucci, direttore e co-founder di Skuola.net - Internet li sta aiutando nella scuola, nei rapporti con gli amici, nel riempire i momenti vuoti della giornata. Smartphone, tablet e computer da strumenti quasi demonizzati, in una situazione così particolare, si sono trasformati in un punto di riferimento per un’intera generazione”. Certo, questo non vuol dire che non ci siano problemi. Anzi, ce ne sono di nuovi: dall’iperconnessione (si sta quasi sempre online) al rischio di confondere la dimensione analogica con quella digitale: “Non considerarli potrebbe rendere, una volta terminata l'emergenza, ancora più difficoltoso del previsto il loro ritorno alla vita reale”.
La scuola a distanza, tante luci e qualche ombra
Si è parlato della scuola. Ecco, è una delle dimostrazioni di quanto possa essere utile la tecnologia se declinata in maniera corretta. Praticamente tutti la stanno facendo e per il 46% del campione Internet e i device sono, infatti, un buon mezzo per continuare a fare attività didattica. “Pur non essendo stata una scelta ponderata ma una soluzione di ripiego – sostiene Grassucci - la didattica 'a distanza' in poche settimane è riuscita a raggiungere la quasi totalità degli studenti italiani. Ma è solo un primo passo verso il cambiamento della nostra scuola”. Il 30% del restante 54% degli intervistati, però, dice di fare fatica a concentrarsi durante le lezioni online e il 15,4% ammette che la possibilità di accendere pc e smartphone lo tenta a fare altro, distraendolo. “Un conto è la quantità, un altro è la qualità – averte Grassucci - Se più della metà dei ragazzi è insoddisfatta di come svolge lezione da casa significa che siamo ancora all'inizio di un percorso. In futuro bisognerà lavorare tanto sui contenuti, per rendere la didattica più coinvolgente: il metodo è rimasto lo stesso adottato in classe. Così come occorrerà rendere le infrastrutture più diffuse e affidabili. Quella che si è presentata è una grande occasione, da non accantonare alla fine di questa brutta esperienza bensì da potenziare. La scuola di domani non può fare a meno della tecnologia”
La convivenza forzata non migliora i rapporti in famiglia
Ma, tornando al cuore del problema, come si fa a rassicurare i ragazzi e a fargli riprendere a immaginare un futuro? "Innanzitutto, aiutiamoli – suggerisce Lavenia - A partire da quello che possiamo fare in questo periodo di distanziamento sociale, dove siamo tutti a casa. Molti denunciano un peggioramento dei rapporti con i familiari. Era un dato che avevamo già e che si conferma anche in questo momento. Ciò vuol dire che stiamo perdendo un’altra opportunità per lavorare sul miglioramento delle relazioni. I ragazzi faticano a condividere le emozioni con i genitori, perché anche gli adulti sono distratti dalle nuove tecnologie. In più, in questo momento, molti sono in smartworking e la gestione degli spazi diventa più complessa. Questo genera frustrazione e maggiore chiusura sia per gli adulti che per i giovani”. Proprio la scuola potrebbe giocare un ruolo importante: “Potrebbe creare dei gruppi aula virtuali, aperti, senza gli insegnanti – conclude Lavenia - magari con all’interno uno psicologo che li aiuti a gestire le loro emozioni, creando temi di discussione”.