Alcuni dirigenti scolastici delle zone interessate dalle ordinanze restrittive si stanno organizzando per non far perdere troppi giorni di lezione agli studenti. Lo smart learning la soluzione. Ecco chi sono stati i primi a crederci.
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Le disposizioni di sicurezza che il Governo sta imponendo nelle zone d’Italia colpite dal contagio del coronavirus per tentare di arginarne la diffusione, come prevedibile, stanno riguardano molto da vicino anche la scuola. Uno dei punti del decreto legge n.6 del 23 febbraio 2020, emanato d’urgenza subito dopo l’esplosione dell’emergenza, prevede proprio che per contrastare e contenere il COVID-19 (nome scientifico del coronavirus) può essere stabilita “la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria” (cosa già avvenuta in sei regioni). Ma anche che vengono fatte salve le “attività formative svolte a distanza”. Una sorta di smart working applicato alla scuola che, grazie a Internet e alle nuove tecnologie, consente di andare avanti con le lezioni anche senza la presenza fisica in classe. Un’occasione che alcuni istituti hanno colto al volo. Il sito Skuola.net ha segnalate alcune di queste iniziative.
Classi virtuali e smart learning, la scuola corre ai ripari
All’Ite Tosi di Busto Arsizio (in provincia di Varese), ad esempio, la dirigente scolastica, Amanda Ferrario, ha trovato un modo per assicurare comunque la continuazione della didattica. Come? Attraverso lo sfruttamento delle risorse digitali e telematiche che permetteranno ai docenti – già dal 25 febbraio - di condurre un lavoro a distanza seguìto in contemporanea dagli alunni. La cosiddetta didattica “MOOC”, composta da classi virtuali in modalità smart learning, attivabili dai professori direttamente dal proprio registro elettronico. Anche in questo tipo di lezioni, inoltre, la frequenza rimane obbligatoria per tutti gli studenti, al pari di una comune giornata di scuola.
Lezioni e spazi di discussione online per non abbandonare gli studenti
Anche in Veneto i presidi cominciano ad adeguarsi all’emergenza senza rinunciare alla prosecuzione dell’anno scolastico. Si tratta, per ora, di nove scuole appartenenti all’Istituto comprensivo di Lozzo Atesino (in provincia di Padova), che comprende tre scuole dell’infanzia, quattro primarie e tre secondarie di primo grado, dislocate nella zona dei Colli Euganei.
La scommessa delle lezioni online, qui, investirà dunque anche gli studenti più piccoli. Il progetto partirà da giovedì 27 febbraio e i corsi saranno erogati su piattaforme gratuite che diminuiranno la distanza fra docenti e studenti. Il dirigente, Alfonso D’Ambrosio, si è inoltre mostrato aperto ad accogliere i suggerimenti di tutti coloro che vorranno contribuire a rendere piacevole e, perché no, divertente un lavoro così innovativo che stravolge le metodologie tradizionali di fare didattica. A corredo di questo “progetto didattico di emergenza” verrà anche creata una vera e propria agorà virtuale, in cui gli studenti potranno esprimere il loro stato d’animo e i loro pensieri circa la situazione che stanno vivendo in queste lunghe giornate.
Il dirigente scolastico D’Ambrosio, già esperto di robotica educativa, immersive lab, making, coding e di tutti i mezzi propri dell’innovazione applicata alla didattica, si mostra fiducioso sull’utilità e sull’efficienza del digitale come strumento di cui le scuole possono servirsi: “Ho avviato in queste ore una rete di scambio tra i miei docenti che ha – dice - lo scopo di restituire “normalità” ai nostri bambini e bambine. Lo faremo nel rispetto della privacy, ma lo faremo con il cuore”.
Quante scuole ci proveranno?
Ma tante altre scuole in queste ore si stanno attivando per non far perdere troppi giorni di lezioni ai propri alunni. Tra l’altro, a breve, è prevista la pubblicazione di un nuovo decreto attuativo sul coronavirus. Potrebbero esserci anche ulteriori indicazioni per le scuole che vorranno allestire progetti di didattica ‘a distanza’. A meno che, come si vocifera in queste ore, non venga reso obbligatorio per tutti gli istituti interessati dalle ordinanze restrittive.