Ecco cosa sono e quanti studenti risultano iscritti a questo tipo di percorsi di formazione professionale
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Due giovani vite spezzate in tre settimane, entrambe terminate tragicamente durante un tirocinio formativo. La vicenda di Giuseppe Lenoci, il non ancora 17enne della provincia di Ancona che ha perso la vita in un incidente stradale, a bordo del furgone della ditta in cui stava svolgendo il tirocinio previsto dal suo percorso di studi, ricorda infatti molto da vicino quanto accaduto a Lorenzo Parelli, il 18enne della provincia di Udine, ucciso a fine gennaio da una putrella caduta dall’alto nell’azienda meccanica che lo ospitava.
Ma, ad accomunare le due tragedie, è anche la confusione attorno al tipo di attività in cui erano impegnati i due ragazzi: qualcuno ha, correttamente, parlato della parte pratica di un Percorso di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), altri hanno di nuovo erroneamente chiamato in ballo i PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), l’ex alternanza scuola lavoro. Per questo, fermo restando il dolore per un fatto inaccettabile, il portale Skuola.net è voluto tornare sull’argomento, spiegando le differenze tra i due mondi.
Le differenze tra corsi IeFP e istituti professionali
Anche nel caso di Giuseppe, infatti, si trattava di un qualcosa più vicino a un vero e proprio stage professionalizzante. In quanto, pur avendo appena 16 anni, non frequentava un classico istituto tecnico o professionale. Infatti questi ultimi prevedono, come è noto, un percorso di studi della durata di 5 anni al termine del quale viene rilasciato il diploma di Maturità. Al contrario, Giuseppe frequentava un Corso di Formazione Professionale che faceva parte del sistema IeFP, che prevede appunto percorsi di durata compresa tra i 3 e i 4 anni dalla spiccata vocazione al mondo del lavoro. E’ vero che, in entrambi i casi, è previsto un periodo di avvicinamento al lavoro. Ma nel caso della formazione professionale questo è assai più corposo.
Innanzitutto per il monte ore che lo studente deve dedicare alle attività extra didattiche: negli istituti tecnici e professionali tradizionali dovrebbe essere, rispettivamente, di almeno 150 ore e 210 ore nell’ultimo triennio delle superiori. Mentre nei percorsi IeFP, pur rientrando questi nell’ambito degli indirizzi professionali, a seconda del settore scelto, si può arrivare a passare in stage anche il 50% delle ore totali previste per il singolo anno di corso. C’è poi da considerare una grande variabilità da regione a regione: infatti se la quota di studenti negli IeFP viene conteggiata nelle more dell’Istruzione professionale, nel pratico i corsi vengono gestiti dalle Regioni e non dal Ministero dell’Istruzione.
Un esempio pratico arriva dalle linee guida del Friuli Venezia Giulia (datate giugno 2021) che, per i percorsi IeFP, indica di “programmare le attività di tirocinio tra un minimo di 160 ore ed un massimo di 500 ore nel triennio, 200 e 300 nel caso di quarta annualità e di 700 ore nel caso di percorso quadriennale”. C’è da considerare che, nel caso della Regione, “ciascuna annualità dei percorsi di IeFP ha una durata di 1.056 ore annue”.
A cambiare è l'obiettivo dello stage
E poi c’è il “senso” di quell’attività. Nel caso di tecnici e professionali, il PCTO dovrebbe rappresentare solo un primo approccio al mondo del lavoro, peraltro spesso solo teorico: specie durante la pandemia molte aziende, laddove possibile, hanno fatto svolgere i Percorsi “a distanza” e parecchie scuole hanno ripiegato direttamente su simulazioni in aula (o in Dad). Nel caso dei diplomi IeFP, invece, il tirocinio è visto proprio nell’ottica di mettere in mano allo studente una qualifica professionale, per affinare le competenze “sul campo” e magari inserirsi nella stessa azienda ospitante una volta ottenuto il titolo. Anzi, in alcuni casi si è assunti direttamente dall’azienda ospitante, con un contratto di apprendistato che permette di essere retribuiti mentre si continua a studiare e a formarsi nel luogo di lavoro.
Quanti iscritti nei percorsi IeFP?
Questo potrebbe spiegare perché i rischi aumentano. Portando a tenere sotto osservazione il dato sul tasso di pericolosità che questi tirocini maggiormente “coinvolgenti” nel vivo del lavoro stanno registrando ultimamente. Sono già due in un mese le morti bianche che hanno colpito studenti IeFP, a cui vanno aggiunti i numerosi incidenti minori che non raggiungono le cronache. A fronte di un numero piuttosto più basso di iscritti rispetto ai percorsi tradizionali. In base ai dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione in occasione dell’avvio dell’anno scolastico 2021/2022, attualmente sono poco più di 13mila le ragazze e i ragazzi che, sommati assieme, frequentano un percorso triennale IeFP e altri 2mila abbondanti sono al quarto anno (opzionale). Ovvero poco più del 5% del totale degli iscritti nei professionali, che nel triennio finale sono complessivamente poco meno di 300 mila.
Ciò non significa che, nei veri PCTO, specie per i percorsi più pratici - come appunto tecnici e professionali - le cose filino sempre lisce. Basta fare una rapida ricerca e osservare come, da quando l’alternanza scuola lavoro (terminologia oggi rimasta in piedi solo per il sistema IeFP) è diventata strutturale - dal 2015 in poi - sono stati almeno una decina gli studenti, che per varie ragioni, hanno perso la vita mentre erano in stage. E, anche laddove non si arriva a conseguenze estreme, il senso di precarietà investe tantissimi “alternanti”. Secondo un recente sondaggio di Skuola.net - basato sulle testimonianze di 2.500 studenti dell’ultimo triennio delle superiori - tra quanti hanno svolto attività manuali in azienda, ben 1 su 5 ha raccontato di essersi sentito in pericolo almeno qualche volta (15%), se non spesso (5%). Per questo, nel pieno dell’ondata di proteste contro l’alternanza scolastica, il 17% ne chiede l’abolizione mentre il 49% vorrebbe quantomeno una riforma del sistema.