Più del 12% dei ragazzi racconta che, da quando è iniziata la pandemia, ha subìto almeno un atto di violenza online. Con la Dad che rischia di fare da pericoloso megafono: uno su 5 dice di aver assistito durante le lezioni a distanza a prese in giro nei confronti dei compagni di classe
Bulli e soprattutto cyberbulli, complice la pandemia, negli ultimi mesi potrebbero aver trovato degli alleati in più: la didattica a distanza e le restrizioni alla mobilità, che hanno portato i giovani a passare più tempo online. In generale, infatti, solo negli ultimi dodici mesi più di 1 ragazzo su 8 racconta di essere stato vittima di cyberbullismo. Ma una quota simile dice di essere stato oggetto di prese in giro - che spesso sono solo il primo passo verso una ripetitività che diventa presto opprimente - durante le lezioni online, ad opera di altri coetanei (12%) o addirittura dei docenti (14%). È quanto emerge da una recente indagine dell’Associazione Nazionale Di.Te, condotta in collaborazione con il portale Skuola.net e con VRAI (Vision, Robotics and Artificial Intelligence – Dipartimento di Ingegneria Informatica dell’Università Politecnica delle Marche), su un campione di 3.115 studenti di età compresa tra gli 11 e i 19 anni. E che rendono ancora più importanti appuntamenti come quelli del 7 febbraio, Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo.
Dietro uno schermo il bullo esce allo scoperto
Ma il fatto che questa nuova tipologia di atti avvenga quando sono collegate contemporaneamente classi intere ha anche un altro effetto: amplificare ulteriormente la platea degli spettatori. Più o meno 1 intervistato su 5, ad esempio, dice di aver assistito ‘da remoto’ a episodi che mettevano nel mirino altri compagni, 2 su 5 addirittura i docenti. “L’immaterialità della relazione digitale – fa notare Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net - libera da tutta una serie di freni inibitori, scatenando nel peggiore dei casi fenomeni feroci come l’hate speech o il cyberbullismo. Cosicché nella DAD diventano enormi le percentuali di studenti che si sentono liberi di prendere in giro altri compagni o i propri docenti. Situazioni che di sicuro avvengono anche in classe, ma non ci risulta in queste proporzioni”.
Dove si annidano i pericoli
Di sicuro c’è, come detto, che il ricorso prolungato alla DAD ha fatto lievitare il numero delle ore trascorse online. E quindi ha aumentato i rischi di imbattersi (da spettatori o da vittime) in episodi di cyberbullismo. I luoghi digitali dove è più facile che alberghi il cyberbullismo? I social network (per il 72%), le chat (per il 45%), le piattaforme di videogiochi (per il 23%), canali video (per il 18%), piattaforme di videochat (per il 12%) o di DAD (per il 6%). Oltre la metà dei ragazzi intervistati, inoltre, collega il maggior uso di social e chat a un maggior pericolo di essere esposti al cyberbullismo o peggio ancora di diventare bulli, sia nel ruolo di esecutori materiali che di consapevoli complici, con un like o una condivisione di troppo: il 18%, ad esempio, dichiara che nell’ultimo periodo ha postato, messo ‘mi piace’, condiviso o commentato foto, video, stories o post con prese in giro.
Ripensare la didattica
Come frenare la minaccia? A dare una possibile 'ricetta' è Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te: “La didattica a distanza – dice - ha bisogno di altri ritmi rispetto a quelli della classe in presenza. Il tempo online, da soli nella propria stanza, non è lo stesso di quello offline. Servono lezioni più dinamiche, più energiche, più capaci di incuriosire, più coinvolgenti”. E poi c'è tutto il lavoro di sensibilizzazione che le scuole possono fare, anche in questo periodo: “Quelli che i ragazzi credono essere scherzi – continua Lavenia - in realtà sono atti aggressivi; la messa online o in chat di una foto e/o di video senza il permesso dell’altro è cyberbullismo, e queste immagini rischiano di rimanere nel web per sempre, con tutte le conseguenze immaginabili”. Un'esigenza, quella dell'educazione al digitale, tra l'altro già fortemente avvertita dai ragazzi: il 77% vorrebbe saperne di più proprio grazie a lezioni scolastiche sul tema.
Attenzione ai silenzi
Tra i risvolti più pericolosi della crescita esponenziale di questi fenomeni c'è sicuramente l'impatto negativo sulla psiche di chi li subisce. Così, assieme alla curva del bullismo e del cyberbullismo, sale anche quella dei giovani che preferiscono chiudersi in sé stessi, con tantissime vittime che ammettono di essersi 'isolati' dal mondo dopo l'accaduto: lo dice 45,9% degli intervistati vittima del fenomeno nella fascia di età tra gli 11 e i 13 anni, il 53,4% dei ragazzi tra i 14 e i 16 anni, e il 65,9% dei giovani tra i 17 e i 19 anni. “L’autoisolamento – sottolinea Lavenia – si verifica per due motivi: la mancanza di prossimità con l’altro e il trauma subito a seguito di un episodio di cyberbullismo. Questo è un periodo dove sono presenti entrambi questi aspetti. Gli effetti della pandemia stanno lasciando strascichi di paure enormi. Fattori che non faranno di certo abbassare il bisogno di autoisolarsi”.