DOPO IL DPCM

Didattica a distanza, "se non ben organizzata saremo tutti bocciati": come evitarlo

Ripensare i programmi scolastici, ridurre il tempo davanti al monitor, assicurarsi che tutti gli studenti siano connessi: i consigli di Lorenzo Benussi, coordinatore di “Riconnessioni: educazione al futuro”

28 Ott 2020 - 15:20
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Torna la didattica a distanza obbligatoria, al momento solo per le scuole superiori (ma in alcune regioni anche i più piccoli nelle prossime settimane dovranno confrontarsi di nuovo con le lezioni online). Una scelta necessaria, visto il progresso della pandemia, ma al tempo stesso un passaggio complesso che richiede a ogni docente, dirigente, studente e genitore di riflettere bene su come gestire questa sfida. Come strutturare una DaD davvero costruttiva e inclusiva? Il portale Skuola.net lo ha chiesto a chi da anni s’impegna con successo, quasi a fari spenti, per innovare il modello formativo nel nostro Paese: è Lorenzo Benussi, coordinatore di “Riconnessioni: educazione al futuro”, il progetto con cui la Fondazione Compagnia di San Paolo attraverso la Fondazione per la Scuola ha già ‘innovato’ 300 scuole d’Italia, diventando una delle più grandi esperienze di didattica digitale integrata d’Europa.

Bisognava prevedere un esito del genere?

“Già all’inizio di quest’anno, immaginando che si sarebbe presto arrivati a una situazione del genere - dice Benussi - avevamo proposto un decalogo operativo in cui si proponevano dei consigli pratici, frutto del confronto avviato con più di 50.000 insegnanti nei mesi del lockdown. Ma visto l’aggravarsi della situazione è probabilmente necessario puntualizzare, riflettere ancora e di più su alcuni temi importanti”. D’ora in poi non sarà semplice fare scuola, perciò è assolutamente necessario organizzarsi, progettare nuovi metodi e adottare tecniche innovative: “Non basta spiegare la lezione davanti al monitor”, è il messaggio di fondo, perché online è tutto diverso e molto più complesso. Ma, entrando nel vivo, come procedere già da oggi?

Sfruttare al massimo i momenti in presenza

“In primo luogo - spiega Benussi - il tempo in classe è preziosissimo e deve essere utilizzato per attivare un dialogo educativo con i ragazzi, deve diventare uno spazio di ‘apprendimento attivo’ durante il quale coinvolgere la classe in esercizi, approfondimenti, discussioni, laboratori per riconnettersi e ricostruire l’empatia che si è persa con lo stop alla frequentazione quotidiana”. Visto che, però, le norme permettono di disporre solo del 25% del tempo (o anche meno) è importante organizzare dei momenti in aula abbastanza frequenti per mantenere il contatto formativo e il ritmo di studio: “Meglio vedersi una o due volte a settimana anche nel pomeriggio piuttosto che una settimana al mese”. Dividere le classi, infatti, potrebbe essere complesso e sarebbe certamente auspicabile riunire tutta la classe ogni 4 giorni anziché avere incontri frequenti con 5 alunni in aula e 15 a casa (soluzione che richiede per altro una infrastruttura tecnologica complessa e tecniche di insegnamento particolari). 

Non ci sono solo verifiche e interrogazioni

“Non pensiamo che le poche ore in presenza si debbano dedicare esclusivamente a interrogazioni e compiti in classe; si perderebbe l’occasione di confronto che è una risorsa essenziale per l’apprendimento”. Spiegare a distanza è meno efficace che in presenza quindi, se dedichiamo tutto il tempo d’aula alle verifiche, diamo agli alunni un servizio peggiore, li priviamo del dialogo necessario a comprendere le lezioni: “Così facendo - sottolinea Benussi - apprenderanno meno e i voti saranno sempre più bassi, si attiverebbe un circolo vizioso di cattive lezioni e voti insufficienti che rovinerebbe l’anno”.

La lezione da casa non può essere uguale a quella in classe

“Non si possono fare 6 ore di lezione online”: l’invito che parte dal coordinatore di “Riconnessioni” è chiaro. Parlare per ore ai ragazzi connessi dalle loro case non solo non è utile, perché l’efficacia della tecnica trasmissiva si riduce drasticamente quando non avviene in aula, ma è anche nocivo. Sia dal punto di vista fisico, in quanto affatica incredibilmente gli occhi fissare per ore il monitor; sia dal punto di vista psicologico, visto che ascoltare lezioni passivamente per molte ore risulta una fatica improba nello spazio privato della propria camera, che non è stato ovviamente progettato per quello, a differenza dell’aula con i banchi in fila davanti alla cattedra. 

Studio collettivo o individuale? E' importante trovare l’equilibrio

In questo contesto è importante gestire l’apprendimento sincrono e asincrono, saper combinare momenti in cui gli studenti possono studiare da soli, leggendo o guardando una spiegazione registrata dal docente, con momenti di lavoro insieme - anche online - dividendo la classe in piccoli gruppi. “Una semplice regola - secondo Benussi - potrebbe essere che l’insegnante non dovrebbe parlare per più di 20 minuti di seguito e ogni lezione non dovrebbe concludersi senza che si sia dato modo agli studenti di farsi vedere, sentire, di esprimere un’opinione banalmente anche solo per capire se sono ancora presenti”. 

Ripensiamo i programmi di sempre

Ridurre e approfondire: eccole le coordinate base tracciate dopo anni di esperienza. “Nei prossimi mesi bisognerà concentrarsi su alcuni temi centrali perché gli alunni chiedono un filo conduttore chiaro che li aiuti a rimanere collegati con la materia. Si devono operare delle scelte serie sui programmi. Non è pensabile - prosegue Benussi - che in questa crisi si riesca a trasmettere lo stesso numero di lezioni per unità di tempo e si arrivino a coprire nello stesso modo i programmi”. 

Rivedere il metro di giudizio: il voto non basta

Visto che non ha senso impegnare le ore in aula solo per interrogare e che copiare online è molto facile, diventa necessario riprogettare la valutazione. “Bisognerebbe utilizzare metodi di valutazione autentica, proporre ai ragazzi percorsi progettuali che permettano di raccogliere un portfolio di attività che documentino i loro progressi nel tempo. Si dovrebbero organizzare lavori di gruppo per mantenere i legami tra i compagni e allenare alcune competenze fondamentali che sono ovviamente sacrificate a causa del distanziamento sociale. Organizzare griglie di valutazione condivise cosicché i ragazzi sappiano come saranno valutati, impiegare frequentemente quiz, magari divertenti, e test interattivi per monitorare avanzamenti e difficoltà e quindi adattare le spiegazioni, proponendo poi momenti di ripasso”. 

La tecnologia è importante, anzi essenziale 

“Non possiamo più permetterci insegnanti e alunni ‘analfabeti’ digitalmente, perché le competenze digitali sono la base dell’apprendimento in questo contesto di distanziamento sociale, sono il medium per eccellenza come lo erano la parola e la scrittura in aula”. Da quanto illustrato da Benussi emerge chiaramente la necessità di attivare programmi straordinari di formazione per gli insegnanti e strumenti di supporto alle famiglie. “La buona notizia è che non è difficile. Non parliamo di informatica avanzata, logica Booleana o computer quantici, ma di accendere un computer (che è un prodotto di massa dal 1984 quindi da 35 anni), di navigare su Internet (che è disponibile più o meno dal 1996, quindi da vent’anni), di scrivere una presentazione o un testo (si faceva già negli anni ‘70 con strumenti meccanici, prima che molti insegnanti e genitori nascessero). Quindi impariamo a usare i computer e a navigare su Internet e coinvolgiamo le famiglie in investimenti sensati nelle tecnologie – un computer e una connessione fissa - perché ogni istituto, in ogni territorio, centrale o periferico,  possa fare scuola anche se tutti siamo fisicamente distanti”.

Un po’ di comprensione

Probabilmente bisognerà essere un po’ di manica larga quest’anno. Non vuol dire rinunciare alla valutazione oggettiva delle competenze ma farsi carico, con responsabilità, delle difficoltà oggettive che viviamo. Tutti, non solo gli studenti. “Sarebbe inutile - per Benussi - sottolineare il fallimento del ragazzo con la bocciatura. Quando c’è un problema di rendimento, infatti, spesso ad aver sbagliato sono anche il professore, il preside, il ministro e, forse, la società tutta. Sarebbe più utile condividere questa condizione, elaborarla, assurmersene il peso insieme, esplorando nuovi approcci multidisciplinari e collaborativi e cercando di essere creativi in questo momento che assomiglia sempre di più al ‘tempo di guerra”’, quando la scuola inventò percorsi di studio irrituali ma efficaci, almeno a giudicare dai risultati di quelle generazioni negli anni successivi”. 

Cosa fare di fronte alle incognite di domani?

L’anno scolastico 2020/21 sarà decisivo. Ci costringerà ad affrontare problemi complessi che toccano tutti gli aspetti del fare scuola – orario, classi, materie, processi e didattica – e richiederà un’evoluzione del sistema educativo nella sua interezza: “Il docente da esperto oratore diventa ora un designer che costruisce ambienti di apprendimento ibridi tra digitale e reale e realizza esperienze educative che travalicano l’aula per entrare nelle case e nelle vite, private, degli alunni”. Il fattore tempo diventerà determinante: “La didattica a distanza - conclude Benussi - cambia il modo di insegnare tutto d’un colpo. Certo, si attendono le indicazioni dalle istituzioni e dal Governo ma già oggi ogni dirigente nel suo istituto, ogni docente nella sua classe (e con i colleghi), può iniziare a ragionare su come affrontare queste sfide; allo stesso modo, ogni famiglia e ogni studente devono domandarsi come organizzarsi al meglio per superare la crisi”.
 

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