I DSA sono sempre più diffusi tra gli studenti. Come capire che c’è qualcosa che non va e come aiutare gli studenti con più difficoltà cognitive? Lo spiega Diana Carrara, Tutor specializzata nell’insegnamento a ragazzi con queste necessità
© istockphoto
Ostacoli silenziosi che toccano la vita di migliaia di studenti, dai banchi della scuola primaria fino agli ambienti di studio più avanzati. Si tratta dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA): la dislessia, forse il più noto tra questi, è solo la cima di un iceberg. Sfide complesse come la disgrafia, la disortografia e la discalculia, insidiano rispettivamente il mondo della scrittura, della correttezza ortografica e del calcolo numerico per tantissimi ragazzi.
Un fenomeno in crescita, ma non è detto che sia un male
I numeri parlano da soli: secondo l’ultimo focus stilato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, oltre 326.000 studenti, dal primo ciclo di istruzione fino alle scuole superiori, presentavano almeno un DSA, incidendo su più del 5% della popolazione studentesca italiana. Sono dati allarmanti, ma che testimoniano anche una crescente consapevolezza e un progresso nella capacità di riconoscimento di questi disturbi.
Allo stesso tempo, però, si può solo immaginare il panorama di incertezza che si presenta davanti a molte famiglie a seguito di una diagnosi di questo tipo, visto che non sempre l’informazione su questi temi è completa e soddisfacente. In molti potranno quindi trovare utili i consigli di Diana Carrara: una delle docenti private, specializzata nel supporto agli studenti con DSA, più esperte e prenotate sulla piattaforma online Ripetizioni.it, il primo sito per le ripetizioni online e in presenza in Italia.
Come si fa a capire se un alunno ha un Disturbo Specifico dell'Apprendimento (DSA)?
“Ci sono dei segnali, ed è possibile osservarli già nella fase in cui il bambino è in via di sviluppo, in età prescolastica, per esempio in famiglia ma soprattutto se frequenta un asilo nido, dove c’è uno stimolo da parte delle insegnanti che hanno in custodia i bambini e che svolgono con loro delle attività. Ma ancora di più durante il resto del periodo scolastico, anche nella scuola dell’infanzia, dove ormai si svolgono delle attività preparatorie alla primaria. In quel momento ci si può accorgere di tanto. Proprio l’intervento precoce è fondamentale, per evitare che si strutturino certi meccanismi che poi portano a lavorare con più complessità nel limare le difficoltà legate ai singoli disturbi specifici dell’apprendimento, ovvero problemi a livello dello sviluppo neuropsichico. Centrale, in questo, è il ruolo dell’insegnante, che può segnalare la cosa alla scuola e alla famiglia”.
Quali sono, nello specifico, i campanelli d’allarme e come si devono gestire?
“Ad esempio, se un alunno persiste in determinati comportamenti - come invertire i numeri, non associare le quantità ai numeri, invertire la posizione delle sillabe di una parola, avere difficoltà con le doppie o con le consonanti dentali o labiali - nonostante gli interventi e gli esercizi applicati, allora bisogna prestare attenzione e capire perché si manifestano queste problematiche. In quel caso si approfondisce se il bambino o il ragazzo ha fatto, per esempio, una visita dall’oculista o dall’otorino. Dopodiché si procede per esclusione. Andando anche a ritroso per capire se tali problematiche si sono iniziate a manifestare sin dalla prima infanzia, in casa. Che possono essere un vocabolario ristretto, la mancanza di gestualità (i cosiddetti gesti deittici) o di suoni (lallazione), l’assenza del gioco simbolico”.
Ma come viene “trattato”, nel quotidiano, un alunno con DSA durante il suo percorso scolastico?
“La legge di riferimento è la numero 170 del 2010 che riconosce come DSA la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia. Il suo scopo è quello di prevedere dei percorsi che consentano agli alunni con questi disturbi il successo formativo. Il sostegno viene assegnato a scuola, però, soltanto se c’è una compresenza di DSA con altri disturbi più gravi e quindi di un quadro funzionale che ha comportato il riconoscimento di una 104. I soli DSA, perciò, non prevedono che venga assegnato un insegnante di sostegno. Creando parecchi problemi, perché i ragazzi con disturbi dell’apprendimento avrebbero comunque bisogno di essere seguiti, di avere delle spiegazioni fatte in classe più frammentate. Altrimenti si rischia di accumulare ritardi su ritardi”.
Di fronte a questo limite strutturale, come può essere di supporto la scuola allo stato attuale?
“Gli alunni che hanno un disturbo specifico dell'apprendimento hanno diritto di godere di pari opportunità, di ricevere una diagnosi precoce e di svolgere verifiche in classe adeguate alle loro necessità didattiche. I docenti, invece, hanno il diritto-dovere di ricevere una formazione adeguata per ragazzi DSA, per acquisire quelle competenze funzionali per individuare, meglio se precocemente, i segnali sospetti e per intervenire applicando le metodologie valutative più adatte allo specifico disturbo”.
Ma, stando così le cose, un ragazzo con DSA ha diritto a degli strumenti didattici e tecnologici supplementari?
“Sì, sempre la legge 170 del 2010 prevede che le famiglie dei ragazzi DSA possano acquistare con delle agevolazioni degli strumenti compensativi, fino al compimento della scuola secondaria di secondo grado. Gli stessi genitori, possono poi avere diritto, fino alla terza media inclusa, a orari di lavoro flessibili”.
Alla fine, come si valuta a scuola, specie alle superiori, un ragazzo con DSA?
“I ragazzi con DSA possono essere bocciati, anche se nei fatti ciò avviene raramente. E, ovviamente, possono ricevere anche delle insufficienze, altrimenti non si avrebbe la garanzia di un trattamento alla pari per tutti gli studenti ma saremmo di fronte a un trattamento compensativo, speciale, che non è consentito. Ecco dunque che, in caso di insufficienze, anche per questo tipo di alunni si dovrà procedere al recupero, naturalmente seguendo dei metodi adeguati”.
E’ previsto un percorso personalizzato per questi ragazzi?
“Gli insegnanti, sulla base della valutazione che hanno ricevuto da parte dei centri in cui sono stati inviati i ragazzi, in cui c'è generalmente un neuropsichiatra, un logopedista, uno psicologo e in cui vengono fatti degli approfondimenti anche sottoponendole i ragazzi diciamo a delle verifiche con delle scale che misurano diversi parametri, redigono un Piano didattico personalizzato (PDP), un percorso individualizzato proprio per l’inclusione di alunni che, appunto, hanno delle difficoltà specifiche dell’apprendimento. Sulla base del PDP, ogni insegnante, per la sua materia, cercherà di mettere in atto delle indicazioni sia per l'apprendimento che per la valutazione, avvalendosi degli strumenti compensativi e delle valutazioni diagnostiche”.
Un Tutor specializzato in DSA può aiutare un ragazzo con queste problematiche, attraverso dei cicli mirati di ripetizioni e di assistenza nello studio?
“Un Tutor esterno può essere certamente d'aiuto, a maggior ragione in questi casi, visto che comunque a scuola non è previsto un'insegnante di sostegno che appunto svolga una funzione coadiuvante. Assieme a lui, infatti, si può cercare di raggiungere meglio determinati obiettivi e di dare applicazione alle indicazioni del PDP, contribuendo a migliorare le prestazioni dell’alunno nelle singole materie, cercando di applicare il metodo più adatto, ad esempio avvalendosi di schemi e mappe concettuali, di elementi multimediali e di tutti quegli strumenti che aiutano a “visualizzare”. Inoltre, visto che ogni alunno presenta inclinazioni diverse a seconda della materia, un Tutor può aiutare a strutturare più efficacemente il metodo sul singolo ragazzo. Perché le linee guida sono uguali per tutti, ma le risposte cambiano a seconda della persona. Fondamentale in questo senso la collaborazione che si instaura tra Tutor, docenti e famiglia, perché grazie ad essa si può ottenere un raggiungimento più efficace degli obiettivi”.