Ghislieri, il vero "talent" dei cervelli
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All'interno dell'Università di Pavia, il Collegio che da oltre quattro secoli produce eccellenze in serie: grazie a una ricetta base, credere e coltivare i potenziali fuoriclasse del lavoro
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Pavia è una deliziosa, intatta cassaforte sul Ticino. Nella cassaforte, una scatola preziosa, il mondo dell'Università. Dentro la scatola, uno scrigno con la foggia di un antico e nobile palazzo bianco: all'interno un gioiello di inestimabile valore. Il Collegio Ghislieri, nella mappa delle eccellenze italiane ed europee, è punto focale, è capitale: eppure, nascosto in quello scrigno e gelosamente custodito da Pavia, è rimasto fuori dai paradigmi e dai "ranking" della cultura popolare, più facilmente radicata intorno al bocconiano, all'oxfordiano, ai nomi prestigiosi (e anche un po' riempibocca) delle grandi università americane, Harvard in testa.
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Il Ghislieri, nella storia e nella cronaca, è l'origine della specie - fondazione anno 1567 - delle fabbriche di cervelli nazionali. Da sempre, la logica ghisleriana è una sola: si seleziona un grande talento, lo si coltiva e lo si arricchisce, lo si manda fuori, nel mondo, già pronto al lavoro di alto profilo. Viva i 110 (con lodi, ça va sans dire), ma conta la vita reale. E la realpolitik comincia dal primo momento, dalla cernita del concorso annuale: 30 giovani escono come nuove matricole dal concorso e da prove di ammissione (una scritta, due orali) che hanno già il tratto di severi e complessi esami universitari.
Una scrematura profonda, subito basata su capacità e potenzialità, assolutamente non sul reddito - a dispetto della natura privata del Collegio, che si può caricare anche l'intero onere della retta -, non sulle raccomandazioni ma sì sulla parità di genere, perché molto tempo prima che la discutibile locuzione "quote rosa" entrasse nel vocabolario del Politico Qualunque, il Ghislieri ha tagliato la mela in due parti uguali: accesso alla pari a maschi e femmine che entrano a far parte di una vera e propria comunità di oltre 200 studenti ove comunità è una parola vera, corrispondente, non una semplice accezione.
Tra le mura del palazzo bianco, contornata da un notevole patrimonio artistico e culturale (la biblioteca conta qualcosa come 130mila volumi), c'è il convitto dove alloggiano alunni e alunne, e non ci alberga un clima austero o impermeabile alle distrazioni, alla condivisione di momenti di impegno e altri assai più leggeri. Anzi. Già l'allievo più famoso dell'intera storia del Collegio, Carlo Goldoni, fece bene capire che lo studio, da quelle parti, doveva essere tanto, ma non matto e men che meno disperatissimo.
Lui, il futuro totem della commedia moderna, venne costretto dai potentati locali a lasciare il Ghislieri per uno scritto in cui si mettevano alla berlina (eufemismo) alcune ragazze della città: anno di grazia 1725. "Questo collegio non era una comunità di fanciulli - scrisse nelle sue memorie - vi si faceva precisamente tutto ciò che si voleva, molte distrazioni all'interno, molta libertà all'esterno. A Pavia, i Collegiali sono considerati dai cittadini come gli ufficiali delle guarnigioni: gli uomini li detestano, ma le donne li ricevono...".
Hai capito? Si può fare, tanto l'asticella è alzata in un punto ben preciso: alla fine del percorso, la media sul libretto deve essere almeno pari a 27 e non sono previsti singoli esami sotto il 24: e l'ambiente, ancora prima che l'ambizione e le capacità personali, fa sì che alla tesi si arrivi sempre con ampi margini rispetto ai paletti fissati dall'Istituto.
E il compendio di tutto ciò è rappresentato dalla lista veramente impressionante delle eccellenze prodotte in quasi 450 anni di storia: dietro la prestigiosa figura di Goldoni, ecco statisti, filosofi, imprenditori, uomini di legge, grandi medici, ricercatori e divulgatori di cultura. I gangli, insomma, dell'intellighenzia italiana, che hanno mantenuto a dispetto di strade assai diverse tra loro quella radice comune: il Collegio, così grande e tuttavia così sconosciuto ai più, anzi, ai "meno".
Per questo Ghisleriani si resta, magari dentro l'Associazione degli Alunni che ogni anno - l'appuntamento è per il 9 ottobre, nell'Aula Magna all'interno della Chiesa di San Francesco di Paola - si ritrova per premiare due "prodotti del vivaio", protagonisti di una carriera degna delle tradizioni del Collegio. Ma soprattutto per riconoscersi, per mantenere viva quell'aria del tutto particolare, rarefatta e così pure frizzante, che girava ai tempi del palazzo bianco