Stando ai dati sugli scrutini dello scorso anno scolastico, non sono i liceali ma gli studenti degli istituti quelli che incorrono più spesso nella bocciatura. Soprattutto al Sud, dove è più diffusa la dispersione scolastica
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Le scuole dove si boccia di più sono quelle che, almeno nell’immaginario collettivo, sono più difficili? Un teorema che si sarebbe portati a dare per buono sulla fiducia ma che, dati alla mano, viene sonoramente smentito. Analizzando gli esiti degli scrutini relativi all’ultimo anno scolastico, diffusi dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, e incrociandoli con quelli che emergono dal Rapporto Almadiploma ci si accorge, infatti, che i percorsi più complessi da portare a termine non sono i licei - i primi a cui si pensa - bensì gli istituti tecnici e professionali, dove nell’anno analizzato è stato fermato, in entrambi gli indirizzi, circa 1 studente su 10. Mentre nei licei i bocciati sono 3 volte di meno: appena il 3,4%.
Ma, va detto, che i programmi scolastici e la classe docente c’entrano fino a un certo punto. Perché molto dipende, ancora oggi, dal background familiare e dal contesto socio-economico di provenienza degli studenti. Che, oltre a incidere sulla scelta dell’indirizzo superiore da intraprendere dopo le medie, spesso determina il successo o l’insuccesso tra i banchi di scuola.
I numeri non mentono e, in sostanza, ci dicono che gli studenti che vivono in un contesto familiare socio-economico più favorevole hanno meno probabilità di essere bocciati. Viceversa, gli adolescenti che provengono da contesti meno abbienti hanno maggiori possibilità di essere bocciati e, in alcuni casi, di abbandonare la scuola prima del diploma. E, visto che molto di frequente questi ultimi si orientano verso gli indirizzi teoricamente più semplici, s’innesca un paradosso che fa diventare più complesse proprio le scuole sulla carta più abbordabili.
Nei tecnici e professionali si boccia di più
Un’istantanea, questa, fotografata anche dai test INVALSI, che segnalano con forza una certa disparità tra gli studenti del Sud - in particolare quelli iscritti nei tecnici e professionali - e i colleghi del Nord e Centro-Italia. Il quadro è più o meno simile per tutti i cicli d’istruzione, a partire dalla primaria. Non è purtroppo un caso che i risultati peggiori dell’ultima esercitazione INVALSI li abbiano portati a casa gli studenti di Sicilia, Sardegna, Campania e Calabria. Si tratta infatti delle stesse regioni che occupano gli ultimi posti nella classifica regionale del PIL pro capite. Ciò nonostante, la bocciatura è una pratica potremmo dire in “disuso” nelle scuole elementari. Alle scuole medie invece gli studenti respirano già un’aria diversa: nel dettaglio, i dati indicano che qui circa l’1,5% degli studenti viene bocciato.
La musica, però, cambia veramente con l’inizio delle scuole superiori: a giugno 2022 il 6,2% degli studenti della secondaria di II grado è stato bocciato. Il dato cresce se prendiamo inconsiderazione solo gli scrutini degli studenti del primo anno, addirittura all’8,1%. Questi dati non tengono conto degli esiti di quelli che comunemente sono chiamati esami di riparazione di settembre; tuttavia, storicamente chi non li supera costituisce una percentuale tale da non alterare il computo complessivo dei bocciati in maniera significativa.
Analizzando più da vicino il quadro emerge che - tra gli indirizzi scolastici - la percentuale più alta di bocciature nel 2022 è stata riscontrata, come anticipato, nei tecnici (8,9%) e nei professionali (10,9%). Va decisamente meglio invece nei licei (3,4%). E a ulteriore riprova di quanto detto sinora, i tecnici e professionali che nel 2022 hanno bocciato più studenti sono quelli situati nel Sud del Paese: Sardegna (15,5%), Campania (14,7%) e Calabria (13,5%). Un triste primato che ci riporta al tema iniziale: la correlazione tra background familiare e promozione in relazione all’indirizzo scolastico.
Background familiare cruciale nel percorso scolastico
E qui i dati AlmaDiploma, relativi ai diplomati dell’anno 2021, ci offrono un valido aiuto. Il report non lascia margini di interpretazione: gli studenti dei licei provengono - nella maggior parte dei casi - da famiglie benestanti con un livello d’istruzione medio-alto. Nei professionali invece accade l’esatto opposto: solo il 9,8% degli studenti iscritti in queste scuole ha almeno un genitore laureato e solo il 10,9% proviene da una famiglia di elevato livello culturale. Percentuali distanti anni luce da quelle dei licei, dove gli studenti che possono vantare lo stesso contesto sono rispettivamente il 41,3% e il 30,5%. Analogamente al contesto culturale, le differenze tra gli indirizzi di studio sono profonde per quanto riguarda quello sociale ed economico: i diplomati delle classi più avvantaggiate sono il 30,5% nei licei (raggiungono il 49,0% nei percorsi classici), solamente il 15,4% nei tecnici e appena il 10,9% nei professionali.
A suffragare questa tesi anche l’INVALSI. Nell’ultimo rapporto si legge testualmente che “La scuola non riesce a ridurre lo svantaggio medio nei risultati degli studenti provenienti da famiglie in cui il titolo di studio più alto posseduto è la licenza media rispetto a quelle in cui almeno un genitore è laureato”. E rincara la dose: “Anche considerando solo il 2022, gli allievi eccellenti sono presenti con una percentuale più che doppia tra i ragazzi provenienti da famiglie più avvantaggiate rispetto a quelle meno favorite e di quasi dieci volte tanto rispetto a quelle di cui non abbiamo informazioni circa il background”.
Bocciature e dispersione scolastica viaggiano in parallelo
Ed è qui che, più facilmente, affonda le proprie radici il triste fenomeno della dispersione scolastica. Specie nel Sud-Italia. Lo accerta il dato sui bocciati per troppe assenze, pubblicato recentemente da La Repubblica, secondo cui nell’anno 2021/2022 sono stati quasi 74mila - oltre 67mila mentre erano alle superiori - a essere bocciati per mancata validità dell’anno scolastico: il 3,1% (quando nel 2018-2019 erano il 2,8%). Con punte del4% in Calabria, Puglia, Sicilia e Marche, fino a registrare la percentuale record del 6,2% in Sardegna. A questi vanno, poi, aggiunti tutti quegli “invisibili” che ormai a scuola non ci vanno più da un po’.
Il dato più recente sull’abbandono scolastico lo dà Eurostat: nel 2021 in Italia il 12,7% dei giovani tra i 18 e i 24 anni aveva la sola licenza media. Peggio di noi, in Europa, solo Romania (al 15,3%) e Spagna (13,3%). Anche in questo caso la situazione peggiore è nel Mezzogiorno, con la Sicilia che aveva il 21,2% dei giovani tra 18 e 24 anni che aveva lasciato la scuola prima del tempo, seguita da altre due grandi regioni del Sud: Puglia (17,6%) e Campania (16,4%).
L’ascensore sociale è fermo
“Se sei ricco o di buona (culturalmente parlando) famiglia, hai meno probabilità di essere bocciato. Al contrario, se la tua famiglia è povera (in solido o culturalmente), hai più probabilità di essere bocciato e, infine, di abbandonare la scuola prima di raggiungere il diploma di Maturità. Questo purtroppo l’impietoso ritratto della scuola italiana che emerge osservando alcuni importanti indicatori: dal computo dei promossi e bocciati al termine dell’ultimo anno scolastico fino alle prove INVALSI, passando per i dati AlmaDiploma. Inutile girarci attorno, l’ascensore sociale è ormai fermo e urge rimetterlo in funzione. Pena il ritorno a una società fatta di caste dalle quali diventa impossibile o quasi emanciparsi”, così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.