Una ricerca condotta su oltre mille docenti ci dice che circa un professore su due allunga l’impegno legato alla scuola mediamente di 2-3 ore rispetto alle ore di lezione quotidiane, tanti altri proseguono a oltranza
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Insegnare non è un lavoro part-time come molti credono: oltre le ore di lezione frontale i docenti devono infatti programmare le verifiche, organizzare l’attività didattica, correggere i compiti e partecipare agli appuntamenti degli organi collegiali scolastici. Ed, eventualmente, anche formarsi. Ma in quanto consiste questo extra? A rivelarlo è un sondaggio realizzato dalla testata La Tecnica della Scuola, coinvolgendo oltre mille insegnanti.
Pare proprio, infatti, che praticamente tutti i docenti - oltre 9 docenti su 10, per la precisione il 92% - mediamente svolgano almeno 2-3 ore di attività scolastiche “extra”, ogni giorno. Va precisato che il contratto di lavoro prevede e contempla queste attività, quindi solo in rari casi vengono remunerate.
Il vero problema, come fa notare un’analisi supplementare effettuata dal portale Skuola.net, risiede nella discrezionalità con cui questo impegno viene svolto. Magari a parità di retribuzione. Infatti, se il 48,5% dei nostri professori e delle nostre professoresse prolunga delle già citate due-tre ore la giornata scolastica, una quota simile - il 43,7% - dice però di superare addirittura questa soglia, andando quasi a oltranza.
Solo il 7,1%, invece, riesce a limitare lo “straordinario” a un’ora al giorno. Meno dell’1% afferma di uscire da scuola al suono dell’ultima campanella.
Un lavoro che va ben oltre le ore di lezione frontale
Fondamentalmente, quindi, la maggior parte dei docenti - e meno male - non si limita a lavorare nelle ore di lezione “pura”. Che, per gli insegnanti delle scuole secondarie - medie e superiori - parla di 18 ore settimanali. Mentre per le maestre e i maestri della primaria (le elementari) si sale a 22+2 ore e per gli educatori della scuola dell’infanzia a 25 ore.
Cosa occupa questo famigerato tempo-extra? Tutto il resto che non è lezione vera e propria ma che va comunque svolto. In cima alla lista ci sono: la correzione dei compiti e delle verifiche, la preparazione delle lezioni, i colloqui con i genitori, le riunioni collegiali e di dipartimento, le varie extracurricolari e progetti scolastici.
Alcune di queste attività hanno una durata assolutamente variabile e dipendono dall’impegno o dalla capacità del docente. Come avviene esattamente per gli studenti: ci sono quelli che passano ore e ore sui libri a studiare e quelli che tirano a campare facendo il minimo indispensabile.
Ricordiamo che, nei tanto evocati paesi esteri, quando si parla di stipendi elevati per i docenti, va detto che in realtà queste ore di “back office” sono definite e vengono svolte in ambito scolastico, dove ci sono dei luoghi adeguati ad ospitare i docenti anche fuori orario di lezione.
Gli extra impattano anche sulla salute
Il mancato confine orario dell’attività lavorativa non può che portare conseguenze sul piano psico-fisico. E, infatti, oltre 8 insegnanti su 10 riportano di effetti negativi sulla propria salute mentale dovuti al carico di lavoro aggiuntivo: il 56,2% dei docenti ritiene che questo incida “molto” sul livello del proprio stress, mentre il 25,2% lo considera addirittura “estremamente impattante”. Solo il 2% pensa che abbia un’influenza minima, appena l’1,1% non ne risente affatto.
Ma i docenti non sono gli unici a restare a scuola per giornate intere. Probabilmente per via delle stesse attività extra in cui sono impegnati i docenti, pure il personale amministrativo e Ata è in un certo senso “costretto” a rimanere in servizio: il 34,5% dice di lavorare frequentemente oltre 3 ore in più al giorno rispetto a quanto direbbe il contratto e il 42,9% sente un forte impatto del lavoro sul suo livello di stress.