Boom per i servizi basati sull’AI "generativa", anche tra i più giovani. Il 65% degli studenti delle scuole secondarie ne ha provato almeno uno. Spesso, però, senza la giusta consapevolezza: la maggior parte ha una vaga idea di cosa sia il "deep learning"
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Carta, penna e…Chat GPT: l’AI è il nuovo compagno di banco di molti studenti. Infatti ben 2 adolescenti italiani su 3 ammettono di avere fatto uso di applicazioni basate sull’intelligenza artificiale “generativa”, ossia quella in grado di creare online, in autonomia, contenuti di ogni tipo - scritti, immagini, audio, ecc - partendo da semplici input da parte dell’utente. Quindi non stiamo parlando solo della creatura di Open AI, ma anche di Dall-e, Midjourney, Stable Diffusion, Make-A-Video e così via.
Pochi resistono al fascino dell'algoritmo
Nomi sconosciuti forse ai più ma familiari alle nuove generazioni, che si dimostrano sempre più avvezze a far lavorare la tecnologia al posto loro, accorciando i tempi di produzione di compiti, riassunti, ricerche, testi scritti. O, semplicemente, per mettere alla prova l’algoritmo con le trovate più strane o più virali per le piattaforme social. Solo il 35%, invece, se ne tiene ancora a debita distanza. Ma forse è solo questione di tempo: se una manciata di anni or sono l’intelligenza artificiale era un argomento da specialisti, oggi il 97% degli adolescenti afferma di averne come minimo sentito parlare.
A segnalare una diffusione così massiccia dell’AI tra i più giovani è la tradizionale ricerca condotta da Generazioni Connesse - il Safer Internet Centre Italiano, coordinato dal ministero dell'Istruzione e del Merito - curata da Skuola.net, Università degli Studi di Firenze e Sapienza Università di Roma - CIRMPA - in occasione del Safer Internet Day 2024, che quest’anno ha coinvolto 2.315 ragazzi e ragazze delle scuole secondarie di primo e secondo grado.
La conoscenza dei "confini" dello strumento scarseggia
Come spesso accade, però, quando si ragiona di nuove tecnologie e di vita digitale, c'è il rovescio della medaglia. Perché se, da un lato, la capacità di usare le intelligenze artificiali sarà una competenza chiave in futuro, dall’altro apre a problemi di gestione degli strumenti stessi. Come sempre, bisogna bilanciare opportunità e rischi. Infatti gli algoritmi sono ancora imperfetti, e i contenuti che restituiscono sono spesso poco accurati. Per non parlare dei prodotti volutamente fake (falsi), messi in circolazione grazie all’aiuto dell’AI, che solo occhi e orecchie allenati sanno smascherare. Un’opera di discernimento che, purtroppo, la stragrande maggioranza dei giovani utenti che si approcciano a questo mondo è impreparata a fare: appena il 27% degli intervistati dice di conoscere il funzionamento del “deep learning” generativo e di saperlo illustrare perlomeno a grandi linee.
Questo nonostante l’AI, sebbene sia diventata un argomento di massa solo in tempi recenti, è sotto i nostri polpastrelli da tanto tempo, essendo una delle portanti degli algoritmi che governano i social network. Strumenti così potenti da portare i giovani utenti a perdere il controllo del tempo speso - accade sistematicamente all’82% degli adolescenti intervistati - contribuendo ad aumentare le ore di permanenza quotidiana in ambienti digitali: per il 40% stimabile dalle 5 ore in su. Un dato in calo rispetto al periodo pandemico ma comunque significativo. E gran parte della “colpa” è proprio dell’intelligenza artificiale che comanda gli algoritmi, che li tiene incollati allo schermo con contenuti confezionati in base ai loro gusti e alle loro abitudini d’uso. Una dinamica questa che, peraltro, i ragazzi sottovalutano: 2 su 3 ritengono di avere la possibilità di controllarli o addirittura di influenzarli e aggirarli.
La scuola può fare molto
Una battaglia però persa in partenza, che nasconde un vuoto di conoscenza che deve essere necessariamente colmato, per rendere tutti più consapevoli. In questo, il ruolo della scuola può essere fondamentale. Visto che è il luogo in cui si formano maggiormente i ragazzi anche su queste tematiche. Infatti, nel corso degli anni la cultura della sicurezza in ambiente digitale si è sviluppata soprattutto grazie ai docenti. Tra quanti hanno dichiarato di aver approfondito i pericoli dovuti a un uso corretto della Rete - si tratta di un confortante 75% - ben 7 su 10 hanno appreso le nozioni più utili soprattutto dai professori.
L’ulteriore passo da fare sarebbe quello di aggiungere alla lista degli argomenti trattati - dominata da questioni più storiche, come la protezione dei dati personali sul web, il tempo speso online, le fake news o il cyberbullismo - proprio il capitolo che chiama in ballo l’Intelligenza Artificiale, ancora colpevolmente fuori dai “menù” più proposti.