SAFER INTERNET DAY

Intelligenza artificiale, oltre 8 studenti su 10 la usano per "generare" contenuti ma in pochi sanno come funziona

Pochi sanno cosa si cela dietro questi sistemi: solo 1 su 3 conosce concetti come il deep learning e il machine learning. L’uso più frequente? La scrittura di testi e il supporto per le verifiche scolastiche

11 Feb 2025 - 10:54
 © Italy Photo Press

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Ormai gli studenti che non hanno mai fatto uso dell’intelligenza artificiale rappresentano una sparuta minoranza. Tra quelli delle scuole secondarie, ad esempio, l’84% ha avuto già modo di fare esperienza con le IA generative per creare contenuti di vario genere, anche in ambito didattico. Un dato in aumento del 50% rispetto a soli dodici mesi fa, a certificare la velocità con cui si sta affermando questa tecnologia.

A fotografare lo stretto rapporto tra i giovani e i nuovi ritrovati digitali è la tradizionale indagine condotta da Generazioni Connesse - il Safer Internet Centre Italiano, coordinato dal ministero dell'Istruzione e del Merito - e curata da Skuola.net, Università degli Studi di Firenze e Sapienza Università di Roma (CIRMPA) in occasione del Safer Internet Day 2025, che quest’anno ha coinvolto 1.813 alunni di scuole secondarie di primo e secondo grado.

Cosa c'è dietro l'IA? Solo una minoranza ne è consapevole

Una dinamica, quella appena descritta, che non può non aprire a una domanda supplementare: saranno pronti i ragazzi e le ragazze a “gestire” uno strumento così complesso? La risposta è articolata. Limitandosi a un approccio puramente “tecnico” si fa strada il pessimismo: se, infatti, praticamente tutti (97%) hanno sentito parlare di IA - sarebbe stato strano il contrario - solamente poco più di un terzo (35%) saprebbe spiegare come funzionano gli algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) e ancora meno (28%) cosa siano le reti neurali - il cosiddetto deep learning, che va a imitare le tecniche di elaborazione delle informazioni tipiche del cervello umano - ovvero il cuore e la mente delle moderne intelligenze artificiali.

Conoscere questi elementi è fondamentale per governare la qualità dei risultati e analizzarli con il dovuto spirito critico. Infatti, oggi, l’IA viene utilizzata per svariate applicazioni, anche di una certa rilevanza.

Per cosa si usa, soprattutto, l'intelligenza artificiale?

Nel privato, gli adolescenti sembrano prediligere la creazione di testi: ben il 75% di chi la usa lo fa per scrivere contenuti. A seguire, altre funzioni più specifiche, come la traduzione e il supporto per tradurre le lingue straniere, la correzione dei testi e, in misura minore, la generazione di immagini e video (solo il 7% la sfrutta per produrre contenuti multimediali).

Per scopi didattici, invece, l’IA serve soprattutto per cercare informazioni utili alla preparazione di interrogazioni e verifiche sulle varie materie: così per il 62%. Solo in seconda posizione si piazza la produzione di testi (48%). L’intelligenza artificiale si dimostra un buon alleato, di nuovo, anche per correggere testi o per tradurre contenuti in altre lingue: ci si affidano per tali scopi quasi 4 studenti su 10. Circa un terzo (33%) la usa per personalizzare tecniche di studio, il 30% per risolvere problemi di matematica.

Sicuramente, su quest’ultimo campo, le alunne e gli alunni corrono più veloce dei loro docenti: solo il 18% degli intervistati, infatti, ha ricevuto dal proprio istituto indicazioni chiare sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito scolastico.

Il tempo speso online rischia di lievitare

Sarebbe, perciò, un tema su cui i giovani avrebbero bisogno di ricevere supporto. Anche perché l’IA non fa che alimentare uno dei grandi problemi quotidiani degli adolescenti: il tempo speso sui device digitali. Notifiche, chat, piattaforme social e tutto quel che ruota attorno alla dimensione online fanno perdere il controllo dei minuti che passano a 8 studenti su 10, che quindi perdono la battaglia con gli algoritmi - anch'essi basati sull’intelligenza artificiale - che hanno come scopo proprio quello di incollare allo schermo.

Cosicché il “tempo online”, sebbene negli ultimi anni sia gradualmente sceso, riallineandosi ai livelli pre-pandemici, rimane elevato: il 36% degli intervistati supera quotidianamente le cinque ore di “schermo”, un altro 44% si attesta oltre le tre ore.

I giovani chiedono "aiuto"

Ma, volendo trovare un po’ di luce in fondo al tunnel, i giovani sono pienamente consapevoli di avere un problema, visto che oltre 1 su 2 vorrebbe essere maggiormente formato proprio sulle tecniche per ridurre il tempo trascorso sui dispositivi, a cui segue a ruota la necessità di sapere come proteggere maggiormente i propri dati personali.

Anche la privacy è, infatti, un tema di attenzione per le nuove generazioni: il 35% afferma di porsi sempre il problema della propria “riservatezza” - quali informazioni condividere in Rete e quali tenere celate - quando è connesso e il 51% lo fa comunque spesso. Anche se, poi, sottovalutare le insidie nascoste è un attimo: per fare un esempio concreto, solo il 22% ha ben presente a quali dati hanno accesso le App scaricate sul proprio smartphone.

In questo scenario risulta fondamentale educare gli studenti, fornendo loro le competenze essenziali di digital e media literacy. Da questo punto di vista, le scuole stanno cercando di fare la propria parte: ben il 71% degli studenti intervistati hanno ricevuto dalla scuola una qualche formazione sull’uso corretto e consapevole degli strumenti digitali.

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