L’ultimo Rapporto Nazionale elegge la provincia trentina come il territorio più capace a contenere gli effetti della pandemia sugli apprendimenti degli studenti, azzerando la dispersione implicita
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Il Rapporto Nazionale Invalsi 2021, il primo al tempo del Covid, ha mostrato come - tra Dad e chiusure prolungate - la pandemia abbia inevitabilmente presentato un conto salato al mondo della scuola. A pagarlo, com’era prevedibile, sono stati soprattutto gli studenti; non tanto quelli delle scuole elementari, quanto i loro colleghi più grandi (di medie e superiori). Con il Sud Italia in condizioni particolarmente critiche. Solo un territorio è riuscito a distinguersi in positivo: è il Trentino - o meglio la provincia autonoma di Trento - che ha confermato miglioramenti rispetto al passato in tutti gli aspetti della rilevazione. Come ci è riuscita? Skuola.net lo ha chiesto direttamente a Mirko Bisesti, assessore provinciale all'Istruzione, Università e Cultura, approfondendo con lui i segreti del ‘modello trentino’ e i piani che il territorio sta sviluppando per l’immediato futuro.
Dispersione implicita: Trento esempio di eccellenza
Uno dei temi più allarmanti emersi dal rapporto Invalsi è soprattutto quello relativo alla dispersione scolastica implicita, ovvero quel fenomeno che porta i ragazzi alla fine dell’ultimo anno di scuola senza aver maturato le competenze minime richieste a quel livello scolastico. Un fenomeno diffuso, seppur con intensità varia, su tutto il territorio nazionale. Che, invece, nella provincia di Trento è stato azzerato, grazie - secondo Bisesti - alla sinergia tra una strategia di lotta alla dispersione implicita e un radicato sistema scolastico che affronta simili tematiche.
La ‘ricetta’ che ha evitato il disastro educativo
Dati Invalsi alla mano, nel 2021, in un quadro di generale peggioramento degli indicatori valutati dai test, la Provincia Autonoma di Trento è invece rimasta costante ai livelli pre-Covid, posizionandosi al di sopra della media nazionale. Alla conservazione dei risultati antecedenti alla pandemia, secondo Bisesti, ha contribuito il gioco d’anticipo effettuato dalla sua Provincia Autonoma, iniziato già la scorsa estate, mettendo in atto “un programma strutturato di investimenti che ha fatto in modo di assicurare la presenza a scuola per tutti”.
La Dad, infatti, è stata ovviamente adoperata durante il primo lockdown ma è stata considerata ciò che era: “uno strumento di emergenza”, sul quale non si è fatto affidamento durante l’avvio e nel corso dell’anno scolastico appena concluso. La Provincia di Trento ha invece puntato fin da subito sulla “didattica in presenza al 100%, investendo su trasporti, personale scolastico, scanner e materiali per la sanificazione individuale e degli ambienti” dice l’Assessore provinciale. L’unica eccezione è stata la chiusura di marzo, periodo nel quale è stato il Governo centrale a imporre lo stop alla didattica in classe, mentre per il resto dell’anno a Trento gli studenti del primo ciclo e del primo grado del secondo hanno potuto contare sulle lezioni in aula. Discorso diverso per i ragazzi delle scuole superiori di secondo grado, i quali, purtroppo, spesso hanno dovuto ricorrere alla Dad. Tuttavia, sottolinea Bisesti, “tramite laboratori e progetti si è provato a riportare in classe almeno il primo e il quinto anno”.
Le differenze tra il modello trentino e il resto del Paese
Ma come mai c’è stata una così netta differenza di risultati tra la Provincia di Trento e il resto del Paese? Quali sono le peculiarità del modello del Trentino che l’hanno fatto eccellere? Bisesti afferma che la sua Provincia si è distinta principalmente per l’alto valore e considerazione in cui ha tenuto l’istruzione, dall’infanzia all’università, affrontando la questione dell’autonomia provinciale “come un valore e una responsabilità”. E, nonostante durante la pandemia spesso questa autonomia è stata scavalcata da ragioni d’emergenza, la coesione territoriale e la responsabilità che l’istituzione scolastica trentina sente propria hanno permesso una ripartenza territoriale univoca che ha poi portato risultati significativi. “La prima differenza a livello nazionale è stata puntare tutto sul valore della scuola in presenza, senza mai mettere in dubbio la sua fondamentale importanza per docenti e ragazzi” continua Bisesti; quindi lavorare per non chiudere gli istituti e, anzi, renderli sicuri.
Un modello esportabile?
L’eccellenza raggiunta quest’anno dalla Provincia Autonoma di Trento, però, è un modello che potrebbe trovare applicazione anche in territori differenti o addirittura a livello nazionale? “Ne ho parlato con Bianchi - afferma Bisesti - dicendo che come Provincia Autonoma di Trento abbiamo alcune peculiarità” che nel mondo della scuola rendono questo territorio “un esempio virtuoso da esportare”. Dunque è proprio Bisesti ad auspicare e a mettere a disposizione l’esperienza sua e dell’intera Provincia per far sì che alcuni meccanismi possano essere replicabili anche al di fuori del territorio provinciale.
“Dopo l’esperienza pandemica penso sia giusto interrogarsi e dare risposte su innovazioni e programmi innovativi a livello nazionale - continua Bisesti - su questo possiamo pensare insieme al Ministero a strade nuove e ambiziose”. Come, ad esempio, la carriera dei docenti, proposta avanzata nel periodo pre-pandemia dallo stesso Assessore e che ora spera possa venir approfondita sia in provincia che a livello nazionale. O, ancora, pensando ad elementi validi dell’esperienza trentina da esportare Bisesti indica “un sistema a livello generale” per garantire “la velocità nei concorsi, una maggiore flessibilità” organizzativa. Pur riconoscendo che si tratta di “caratteristiche della nostra autonomia. Perciò il modello per le scuole delle altre regioni potrebbe essere quello dell’autonomia nei territori”.
Docenti e vaccino: in Trentino non ci sarà l’obbligo
Infine, passando a uno degli argomenti caldi del dibattito odierno, con l’assessore all’Istruzione del Trentino si è discusso anche di vaccini: “Sicuramente la campagna di vaccinazioni è importante in Trentino come nel resto del Paese”, chiarisce subito. Che però puntualizza: “L’obbligo vaccinale per noi non è un tema, la campagna va avanti e sta portando buoni risultati. Parlare di obbligo per i docenti è sbagliato, il vaccino è prioritario per gli anziani e per i soggetti fragili”. Dunque, dato l’avanzamento che ancora in questi mesi sta avendo la campagna vaccinale, nella Provincia Autonoma di Trento non si sta pensando di inserire l’obbligo vaccinale per i docenti o per i ragazzi. Tuttavia, l’”obiettivo di settembre” per l’Assessore rimane uno: ”continuare e garantire a tutti una scuola in presenza 100%”.